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Tennis: Carlos Alcaraz e un gioco dirompente, ma se fosse questo già il suo massimo?

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Devastante, impressionante e ingiocabile. Gli aggettivi si sprecano per Carlos Alcaraz che, a 18 anni, ha conquistato il suo primo Masters1000 in carriera, mettendo in mostra un tennis scintillante per tecnica e autorevolezza. Si fa fatica a ricordare un giocatore così giovane capace di esprimere un tennis a tutto campo con tale efficacia, pur avendo un’esperienza limitata nel circuito.

Numeri importanti quelli dello spagnolo, attuale n.11 del ranking ATP e n.2 della Race, secondo solo alle spalle del suo idolo Rafael Nadal, capace di batterlo nelle semifinali a Indian Wells. Due come i tennisti in grade di sconfiggere il ragazzo di Murcia: Rafa, per l’appunto, e Matteo Berrettini in quell’epica partita del terzo turno degli Australian Open.

Alcaraz nella storia, essendo il più giovane vincitore nella tradizione del torneo di Miami e il terzo all-time per quanto riguarda i tornei 1000, alle spalle dell’americano Michael Chang e di Nadal. Tutti gli ingredienti portano a ipotizzare un futuro da dominatore, ma chiaramente ancora non ci sono certezze.

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Il tennis è uno sport particolare e nessuno può spingersi così oltre. Si è parlato di inizio di una nuova era, ma è davvero così? Difficile, solo il tempo potrà dare conferme, ma la vera domanda è: quanti e quali margini ha ancora Alcaraz?

Se lo si inquadra dal punto di vista fisico non ce ne sono perché è la massima espressione di fisicità di un tennista, ben superiore alla sua anagrafe, e qualche dubbio lo si può avanzare anche dal punto di vista del gioco viste le sue eccezionalità qualità in termini di potenza e manualità. Ecco che si potrebbe pensare che il massimo l’iberico lo si stia già mettendo in mostra, a differenza di altri della nouvelle vague che ancora non hanno messo insieme i pezzi del puzzle.

Di giocatori esplosi in età giovane ce ne sono molti, ma poi sulla durata il discorso è tutto da vedere e non sempre è una questione fisica, ma anche di testa. Viene in mente, seppur con caratteristiche molto diverse, l’andamento della carriera di Lleyton Hewitt, diventato il più giovane numero 1 del mondo (20 anni e 8 mesi), ma con un percorso in calando nella prosecuzione della stessa, visto chi è arrivato dopo e quali e quanti margini avesse.

Non si vuole di certo dire che Alcaraz sia come l’aussie, ma si vuol mettere in discussione l’equivalenza secondo cui se si è così forti a 18 anni, non necessariamente lo si potrà essere ancor di più a 25, sulla base di quello che già che si è riusciti a sfruttare. Il tempo, come al solito, sarà galantuomo.

Foto: LaPresse

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