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Ciclismo
Giro d’Italia 2022, può vincere un italiano? Se vende l’anima al Diavolo come Totò…
Nel 1948 Mario Mattioli dirige il noto film ‘Totò al Giro d’Italia‘. Il Barone de Curtis, alias professor Casamandrei, si innamora follemente di Doriana, sorella di Miss Italia, dichiarandole il proprio amore (non corrisposto). Quest’ultima risponde che acconsentirà al matrimonio solo nel caso in cui vinca il Giro d’Italia. Totò, che nel film neanche sa inizialmente come si sale in bicicletta, stabilisce un vero e proprio patto con il Diavolo. Il demonio gli promette la maglia rosa, in cambio della propria anima. Il professor Casamandrei accetta e, da quel momento, inizia a dominare tutte le tappe, mettendosi alle spalle niente poco di meno che Fausto Coppi, Gino Bartali e Fiorenzo Magni (i quali si prestarono come comparse di lusso in più di una scena: impensabile al giorno d’oggi). Dopo aver compreso che vendere l’anima al Diavolo equivale non solo alla morte immediata, ma anche alla discesa inesorabile all’Inferno, Totò cerca in tutti i modi di perdere il Giro d’Italia e ci riesce proprio nel corso dell’ultima frazione, anche grazie all’ausilio della madre.
L’esilarante premessa è d’uopo per rispondere ad una domanda che, qualche appassionato forse un po’ meno attento, potrebbe farsi in questi giorni: può un italiano vincere il Giro d’Italia 2022? Forse neppure se vendesse l’anima al Diavolo…Chiaramente è una provocazione per raccontare come in questo momento il ciclismo tricolore non produca più campioni da corse di tre settimane (e che nostalgia ripensando ai miti presenti nel film di Totò…).
Vincenzo Nibali ha 37 anni e, tra varie vicissitudini, non è più stato competitivo per la classifica di un Grande Giro dal 2019. Tanti addetti ai lavori si attendono un guizzo da parte di Giulio Ciccone, mai meglio di 16° alla Corsa Rosa, reduce dai ritiri del 2020 e 2021 (senza dimenticare l’abbandono alla Vuelta 2021) e da una primavera in cui ha dovuto fare i conti con un susseguirsi di malanni che lo hanno debilitato, Covid in primis. Speranze importanti sono riposte in Lorenzo Fortunato, ragazzo che il 9 maggio compirà 26 anni che nella passata edizione trionfò sullo Zoncolan; in classifica generale concluse però 16° ad oltre 42 minuti e, come sappiamo, un conto è approcciare una corsa da cacciatore di tappe, un altro pensare alla graduatoria complessiva, peraltro obiettivo ancor più difficile quando si indossa la casacca di una squadra Professional, seppur molto ambiziosa come la Eolo-Kometa. Con Damiano Caruso dirottato verso il Tour de France dalla Bahrain-Victorious (decisione che francamente non abbiamo mai compreso sin dal primo momento), le carte tricolori finiscono qui. Si possono chiaramente citare anche l’eterno Domenico Pozzovivo, 40 anni a novembre, o il gregario di lusso Davide Formolo (15° nel 2021), prezioso ultimo uomo di Joao Almeida alla UAE Emirates: a nessuno dei due è tuttavia lecito chiedere grossi exploit. Azzardando una metafora culinaria, il menù offerto dal ciclismo italiano è quello di una trattoria ‘alla mano’, non certo di un ristorante stellato.
Questa, in estrema sintesi, è la malinconica situazione in cui è precipitato il movimento. Sognare un’impresa, come avvenuto nella passata stagione con Damiano Caruso, è lecito, ma non sempre è possibile attendersi miracoli. Oggi, di fatto, non esistiamo più quando si tratta di competere per un Grande Giro. Richard Carapaz, Richie Porte, Miguel Angel Lopez, Pello Bilbao, Mikel Landa, Wilco Kelderman, Emanuel Buchmann, Jai Hindley, Guillaume Martin, Hugh Carthy, Simon Yates, Romain Bardet e Joao Almeida, solo per citarne alcuni, sono tutti corridori che, nei pronostici della vigilia, figurano ampiamente davanti ai nostri portacolori. Ciò significa che non è affatto scontato vedere un italiano in top10 a fine Giro (e neanche in top15, in verità): se ciò dovesse accadere, andrebbe considerato un ottimo risultato, quasi da accogliere con brindisi e spumante. Così è, se vi pare.
Giovani da seguire per un possibile exploit in classifica? Pochi, pochissimi. Di Lorenzo Fortunato abbiamo già parlato e comunque l’età dell’emiliano non è più verdissima; Alessandro Covi sembra più predisposto per le corse di un giorno che per le prove a tappe e, magari, potrebbe tentare l’assalto ad una singola frazione; forse il quasi 23enne Giovanni Aleotti, 2° al Tour de l’Avenir del 2019, ma ancora alla ricerca di una sua dimensione tra i professionisti (e temiamo che sia relegato al ruolo di gregario nella Bora di Kelderman, Buchmann e Hindley); da seguire anche Filippo Zana, che da U23 in salita ha dimostrato di andare forte e che proverà a stupire in maglia Bardiani.
Insomma, sarà un Giro d’Italia senza le grandi stelle del ciclismo mondiale (Tadej Pogacar, Primoz Roglic, Remco Evenepoel e l’infortunato Egan Bernal) e con i corridori italiani relegati nelle posizioni di rincalzo. L’auspicio è di venire prontamente smentiti e che qualcuno dei nostri riesca ad irrompere di prepotenza, magari senza arrivare a vendere l’anima al Diavolo…