Sci Alpino
Slalom donne, il cielo non è azzurro
Il problema italiano nello slalom speciale femminile non nasce certo oggi, quando nessuna delle due azzurre (su quattro pettorali a disposizione) ha concluso la gara olimpica.
Da anni, ormai, il nostro movimento fatica in questa disciplina anzitutto sul piano della quantità di atlete che raggiunge alti livelli, e di conseguenza su quello della qualità. Con una Manuela Moelgg in fase calante per via degli infortuni e una Irene Curtoni bloccata per tutta la stagione proprio a causa di problemi fisici, la sola Chiara Costazza si è trovata a partire tra le trenta e ad effettuare comunque una serie di prestazioni molto buone, come non le riusciva da anni, sebbene le sia sempre mancata-e oggi ne è la conferma-continuità non solo tra una gara e l’altra, ma anche tra una manche e l’altra; ad ogni modo, la poliziotta fassana vale le prime quindici al mondo e, se dovesse decidere di continuare (le stagioni olimpiche generano sempre grandi riflessioni tra le atlete meno giovani), potrà stabilizzare la sua posizione. Oggi in gara c’era anche Federica Brignone, ma se da un lato è stata senz’altro condizionata dal trauma distorsivo al ginocchio rimediato in gigante, dall’altro, nonostante si avvicini ai rapid gates con grande entusiasmo, la valdostana fatica davvero ad essere competitiva.
A casa, invece, sono rimaste le altre; oltre alle già citate Moelgg e Irene Curtoni, una Michela Azzola che, di fatto, rappresenta l’unico motivo di ottimismo. Bergamasca di 22 anni, si presenta alle gare sempre con una grande aggressività ed è già riuscita a tradurla in piazzamenti significativi; certo, su alcuni aspetti ha bisogno di migliorare acquisendo ulteriore esperienza, tuttavia la finanziera orobica resta un buon prospetto per il futuro. Sarah Pardeller, una volta a punti in stagione, ha 25 anni e si è sempre trovata maggiormente a proprio agio in Coppa Europa, anche perché, prima del 2013-2014, non aveva mai avuto modo di gareggiare con regolarità nel massimo circuito; le altre, da Marta Benzoni a Nicole Agnelli (che comunque sembra sempre più competitiva in gigante, perlomeno a livello di Coppa Europa, dopo aver chiuso i conti con troppi guai fisici), hanno avuto troppe poche chance per poter essere giudicate.
Il problema di fondo, si diceva, è la quantità di atlete che arrivano a questi livelli in slalom, e non sembra avere soluzioni nell’immediato perché, anche tra le più giovani, al di là dei nomi appena citati nessun’altra spicca particolarmente nelle gare continentali o in quelle FIS. Sarebbe allo stesso tempo ingiusto prendersela con i tecnici della nazionale maggiore, oltretutto cambiati in quest’annata, perché il problema, presumibilmente, risiede a base; o meglio, nell’attività di base. L’impressione è che sin da comitati e sci club ci sia poca propensione ad indirizzare verso lo speciale le atlete; questa disciplina, oltretutto, non si improvvisa affatto, anzi è probabilmente la più meccanica e richiede dunque migliaia e migliaia di paletti abbattuti ogni settimana per migliorare. Ma per essere slalomista, bisogna esserlo già a 15-16 anni: è difficile diventare una specialista dei rapid gates quando si è già in nazionale o nei corpi militari, ad un’età più avanzata. L’idea, dunque, è che qualunque politica attui la federazione per cercare di far risorgere lo slalom femminile azzurro, puntando principalmente sull’attività di base, avrà in ogni caso bisogno di anni per essere pienamente implementata e dare i suoi frutti.
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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com