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Wimbledon 2022: Novak Djokovic suona la settima, Nick Kyrgios rimontato e battuto nella finale
Sette vittorie a Wimbledon in Era Open, a una sola lunghezza da Roger Federer. Questo è l’obiettivo appena raggiunto da Novak Djokovic, che vincendo la finale contro l’australiano Nick Kyrgios per 4-6 6-3 6-4 7-6(3) in poco più di tre ore riesce inoltre a staccare lo svizzero nel numero complessivo degli Slam vinti, che diventa di 21. Il serbo, inoltre, eguaglia Pete Sampras con la citata settima sinfonia. Un torneo, il suo, vissuto spesso in rimonta, anzi sempre partendo dai quarti di finale. Per l’aussie non si cancella, però, una grande coppia di settimane, che in pochi gli avevano pronosticato almeno fino allo scontro a fuoco (in tutti i sensi) con Stefanos Tsitsipas. Dato che il torneo non assegna punti, l’ormai ex numero 1 del mondo scenderà paradossalmente al 7° posto, il finalista al 45°.
Primo punto della partita: Djokovic commette doppio fallo, ma il resto del game lo gestisce senza guai. Kyrgios, dal canto suo, nel suo primo gioco alla battuta sfodera il servizio da sotto (e perde il punto) sul 40-0, non facendosi trascinare ai vantaggi per una palla corta che finisce in rete da parte del serbo. Sul 2-2, però, arrivano le prime palle break con l’aussie che chiama a rete l’avversario e lo passa di rovescio lungolinea. Il primo tentativo il numero 1 del seeding lo sventa, ma sul secondo c’è un altro doppio fallo, stavolta fatale. Tutto procede in maniera lineare fino al 5-4 a favore di Kyrgios, che si fa recuperare dal 30-0, ha un set point, lo spreca, se ne riguadagna un altro e stavolta lo trasforma con un ace: sono passati 31 minuti.
Il primo vero passaggio a vuoto dell’australiano arriva sul 2-1 a favore del serbo, che comincia ad allungare gli scambi e a guadagnare lo 0-40. Ci si mette anche la fortuna, in forma di un nastro che porta la palla oltre la rete e regala al detentore il 3-1. In quasi ogni game Kyrgios riesce a tenersi vicino, senza mai regalare momenti facili a Djokovic. E, sul 5-3, di occasioni per rientrare ne ha non meno di quattro, di cui tre consecutive. Il nativo di Canberra, però, nel complesso le sue chance se le gioca male, e dall’altra parte c’è qualcuno che, quando viene graziato, difficilmente perdona. Il 6-3 arriva.
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L’uomo che non perde a Wimbledon dai quarti del 2017 procede a procurarsi un’immediata palla break nel game d’apertura del terzo set, che però viene annullata da Kyrgios che va verso la rete. Sul 2-2 arriva il numero da circo dell’aussie, che sfodera un tweener sul quale Djokovic gestisce male la volée di dritto. Finita? No, perché ci riprova nel punto successivo, stavolta in forma di pallonetto: il serbo raccoglie e vince il punto su dritto avversario in rete. Il game è lottato, va ai vantaggi e Kyrgios subisce un warning per aver detto qualche parola di troppo; dal canto suo, però, lamenta il fatto che venga disturbato da qualcuno del pubblico tra i due servizi. Sul 3-3 l’australiano raggiunge quota 20 ace, ma sul 4-4 il servizio minaccia di tradirlo: vantaggi, doppio fallo, seconda. Dal 40-0 al 5-4 in favore del numero 1 del tabellone è un attimo; ricominciano, peraltro, i lamenti (ma rivolti al suo angolo). La sostanza è quella del 6-4 in favore del favorito della vigilia.
Quasi a osservare un lungo periodo di pausa, intervallato da vincenti di livello elevato, i due contendenti, al superamento della seconda ora di gioco, quasi non intendono faticare più di tanto. I turni di servizio, fino al 4-4, non mostrano alcun segno di incertezza. Tra un incrociato stretto praticamente in scivolata di Djokovic e una palla corta di solo polso di Kyrgios, il tie-break diventa la conclusione inevitabile del parziale. Il serbo parte subito col minibreak, che viene subito recuperato. Il problema è sul lato australiano, dal momento che gli errori sono tanti e fatali: da 2-1 a 6-1 il passo è breve. Il terzo match point è quello buono, con uno scambio di media lunghezza che si chiude sul difficile passante di Kyrgios che si ferma in rete.
In fatto di numeri, l’australiano mette giù 30 ace contro i 15 del serbo, e in termini assoluti anche il divario vincenti-errori gratuiti è simile (42-17 contro 62-33). Djokovic, però, è implacabile soprattutto in una voce: quella legata alla prima di servizio (83% lungo tutto l’arco del match).
Foto: LaPresse