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Basket: è morto Bill Russell, leggenda dei Boston Celtics e in prima linea sui diritti civili
Una delle più grandi leggende della NBA e dei Boston Celtics, Bill Russell, ha lasciato il mondo terreno quest’oggi. Se ne va a 88 anni un uomo che ha rivoluzionato non solo il basket, ma anche il mondo attorno a lui: dalle battaglie sul campo è passato a quelle lontano dal parquet, quelle per un mondo diverso, più giusto.
“E’ con grande dolore che divulghiamo questa notizia a tutti gli amici di Bill e a coloro che lo seguono. Bill Russell, il più prolifico vincitore nella storia dello sport americano, è morto serenamente quest’oggi all’età di 88 anni, con al suo fianco la moglie Jeannine. Presto sarà annunciata l’organizzazione della funzione commemorativa.
I due titoli statali alla high school di Bill hanno offerto una scintilla dell’incomparabile cammino di obiettivi raggiunti con i team che sarebbe arrivato: due volte campione NBA, capitano di un team americano vincitore di medaglia d’oro alle Olimpiadi, 11 volte campione NBA, e due volte campione NBA come primo capo allenatore nero in qualunque sport professionistico dell’America del Nord.
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Sulla sua strada, Bill ha guadagnato una scia di riconoscimenti individuali che è tanto senza precedenti quanto mai menzionata da lui. Nel 2009, il premio per l’MVP delle NBA Finals è stato rinominato come ‘Bill Russell NBA Finals Most Valuable Player Award’.
Ma, pur con tutto quello che ha vinto, la comprensione che Bill aveva delle difficoltà è quel che l’ha illuminato. Dall’aver boicottato una partita di esibizione nel 1961 per smascherare una discriminazione troppo a lungo tollerata, a guidare il primo camp di basket integrato nel Mississippi, sulla fiammante scia dell’omicidio di Medgar Evans, passando per le decine di anni di attivismo riconosciute dalla Medaglia della Libertà presidenziale del 2010, Bill ha combattuto contro l’ingiustizia con l’implacabile candore di chi voleva distruggere lo status quo, e con il potente esempio che, benché non nelle sue intenzioni umili, per sempre ispirerà il lavoro di squadra, l’abnegazione e i cambiamenti del pensiero.
La moglie di Bill, Jeannine, e i suoi molti amici vi ringraziano per averlo avuto nelle preghiere. Forse rivivrete uno o due dei momenti che ci ha dato, o ricorderete la sua classica risata di quando ci ha deliziati nella spiegazione della vera storia dietro il dispiegarsi di questi momenti. Speriamo che ciascuno di noi possa trovare una nuova via per agire o parlare con la dedizione senza compromessi, dignitosa e sempre costruttiva verso il principio. Questa vorrebbe essere un’ultima, e durevole, vittoria per il nostro amato numero 6“.
Gli 11 titoli, chiaramente, sono quelli in NBA con i Boston Celtics, costruiti nei 13 anni in cui la franchigia ha costruito quella che è, senza ombra di dubbio, la più grande dinastia della storia della lega professionistica americana. Celebri anche i suoi libri con cui ha raccontato la sua vita, il rapporto con un’altra leggenda, Red Auerbach, e le lezioni di leadership. Storici i suoi duelli con Wilt Chamberlain, quando erano loro i re assoluti della NBA, pur con due stili di vita che più diversi non si sarebbero mai potuti vedere. Eppure erano amici, amici fraterni. Un’incomprensione li divise per vent’anni, poi tornarono vicini. Quando Wilt morì nel 1999, fu detto al nipote che Bill era la seconda persona da chiamare.
Sarebbe infinito il numero dei titoli e dei riconoscimenti attribuiti a Bill Russell da elencare: 5 volte MVP assoluto, 12 volte All Star sono solo la punta dell’iceberg. Inevitabile l’inclusione in tutti gli elenchi dei migliori giocatori della storia, a ogni anniversario della lega (l’ultimo è stato il 75°). Non erano i punti messi a segno la sua dote maggiore, anche se in carriera ha chiuso con 15.1 di media. A caratterizzarlo erano i rimbalzi, 22.5 a gara negli anni dal 1956 al 1969, e il senso della stoppata. Questo dato non è giunto fino a noi solo perché le statistiche, al tempo, non registravano le stoppate, ma lui e Chamberlain erano, e sono ancora, i numeri uno e due (o due e uno, a seconda delle opinioni) in questa specialità. Russell aveva un senso della posizione che gli permetteva di leggere le intenzioni di chiunque molto prima di ogni altra persona sul posto. E, in questo modo, poteva regolarsi di conseguenza.
Foto: LaPresse