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F1, Aston Martin ormai ha fatto peggio di Super Aguri! Condividerà lo stesso triste destino della Jaguar?

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Il Gran Premio d’Ungheria è stato il 40° da quando l’Aston Martin “corre” in Formula Uno. Si utilizzano le virgolette perché, di fatto, la Casa britannica appone solamente il suo brand su un team già esistente. Cionondimeno, la squadra porta il nome del noto marchio di lusso di Gaydon, per il quale l’appuntamento magiaro si è concluso con la 10ma posizione di Sebastian Vettel e l’11ma di Lance Stroll, dopo che in qualifica nessuno dei due piloti aveva guadagnato accesso al Q3. Nella classifica dei giri veloci in gara, invece, il canadese e il tedesco si sono attestati rispettivamente in settima e decima piazza.

Dunque niente vittoria, niente pole position e niente giro veloce. Per la quarantesima volta. Aston Martin, infatti, deve ancora passare per prima sotto la bandiera a scacchi, partire davanti a tutti o realizzare la tornata più rapida in gara. Non è certo facile, ma balza all’occhio come iabbia ormai fatto “peggio” della famigerata Super Aguri! Il team corse in F1 tra il 2006 e il 2008 come squadra satellite neppure troppo occulta della Honda, messasi in testa di emulare Red Bull, la quale aveva aperto la strada dei “Team B” acquisendo Minardi per tramutarla in Toro Rosso. Il Drink Team, però, aveva un progetto concreto e aveva cooptato una struttura funzionale, al giorno d’oggi ancora pienamente operativa.

L’avventura Super Aguri fu invece imbarazzante, soprattutto se si pensa che venne organizzata da una multinazionale del calibro di Honda. L’operazione ebbe come prestanome Aguri Suzuki, attivo in F1 tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90. L’ex pilota nipponico gestì un team nato dalle ceneri della Arrows, defunta nel… 2002! Infatti nel 2006 la squadra giapponese scese in pista con una monoposto vecchia di quattro anni, ridipinta e adattata alla bell’e meglio per alloggiare un diverso motore! Nel biennio successivo si usarono, invece, telai basati su quelli utilizzati da Honda nella stagione precedente. Non sorprende che, poggiandosi su queste malandate fondamenta, la struttura nipponica sia collassata a inizio 2008 con 39 GP all’attivo senza alcuna vittoria, pole position o giro veloce. Quantomeno nel 2007 riuscì clamorosamente a marcare dei punti con Takuma Sato, 8° in Spagna e 6° in Canada. Però non bisogna dimenticare come la Honda RA106, su cui era basata la SuperAguri SA07, sia stata una monoposto vincente (curiosamente proprio in Ungheria, dove si è corso tre giorni fa).

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Super Aguri era un’avventura sgangherata e priva di solide basi. Ciononostante Aston Martin ha fatto peggio, essendo arrivata a 40 gare senza alcuna coccarda significativa, pur avendo apposto il proprio brand su un team che, nel recente passato, ha saputo togliersi soddisfazioni di rilievo. Racing Point, ovvero la struttura rinominata appunto “Aston Martin” da inizio 2021, nel 2020 era stata in grado di vincere (Sakhir) e di scattare dalla pole position (Istanbul)! Non andiamo neppure a scomodare i risultati ottenuti in precedenza dalla Force India e dalla Jordan, ovvero la “mamma” e la “nonna” del team poi acquisito da Lawrence Stroll.

La domanda è se riuscirà Aston Martin a lasciare il proprio segno in F1, oppure se subirà lo stesso triste destino della Jaguar, altro marchio di lusso britannico che, a parte qualche estemporaneo podio, ha sempre recitato una parte da comprimario. Il Giaguaro è arrivato a 85 GP nell’arco di cinque stagioni (2000-2004) con qualche rara soddisfazione, un po’ come il secondo posto arpionato dall’Aston Martin con Sebastian Vettel a Baku lo scorso anno. Chissà, magari sarà Fernando Alonso a scrivere la storia? Oppure toccherà al tedesco, con un ultimo ruggito prima di salutare la compagnia? Lo scopriremo solo vivendo. Intanto, per Aston Martin, il tassametro delle presenze corre. Solo quello, però. Gli altri contatori sono fermi a “zero”.

Foto: @RACINGPICTURE

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