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ESCLUSIVA, Michela Ponza: “A fine stagione mi ritiro. Vorrei concludere a Oslo, la mia pista preferita”

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Michela Ponza ha detto basta. A fine stagione la 35enne altoatesina di Santa Cristina Valgardena, appartenente al gruppo sportivo delle Fiamme Gialle, appenderà la carabina al chiodo. La veterana azzurra, da sempre una delle migliori tiratrici del circuito, terminerà la sua carriera in questo mese di marzo, dopo 15 stagioni trascorse in Coppa del Mondo: anni nei quali ha saputo cogliere ben sette podi, quattro secondi e tre terzi posti. Il primo conquistato proprio a Oslo (Norvegia) nel 2003, dove si gareggerà fra due settimane, l’ultimo e certamente il più importante, lo scorso anno nella staffetta femminile ai Mondiali di Nove Mesto (CZE), il meritato premio alla carriera. Dopo aver disputato la sua quarta Olimpiade, che ci racconta in questa intervista esclusiva, ha maturato questa decisione. Rimarrà indelebile il suo quinto posto nell’inseguimento nelle Olimpiadi di Torino nel 2006, suo miglior risultato ai Giochi. Assieme a Nathalie Santer ha fatto crescere la nazionale femminile ed è certamente un punto di riferimento ed un modello per il biathlon italiano:

Come hai vissuto questa tua quarta competizione Olimpica a Sochi e che differenze hai riscontrato con le precedenti?

“Le Olimpiadi si sono riconfermate un evento speciale. Ho percepito molta allegria fra noi atleti e l’atmosfera che si respira è veramente unica. Il villaggio era molto bello e vicino alle piste, cibo ottimo e per la maggior parte del periodo siamo stati baciati dal sole. Differenze? Il modo di comunicare. Siamo passati dalle cabine telefoniche e qualche computer fisso con Internet a Salt Lake City, a ricevere regalato uno smartphone, ad avere la connessione wifi praticamente ovunque e a sentire familiari e amici gratuitamente via Skype e su WhatsApp. Le distanze sono più piccole e le informazioni più numerose e viaggiano veloci”.

Hai dichiarato, dopo la conquista della medaglia di bronzo, che eri molto contenta perché la sentivi un po’ tua: quanto c’è di Michela in questo grande risultato?

“Non mi era mai capitato di poter festeggiare una medaglia olimpica ed è stato veramente bellissimo per tutta la squadra. Sono molto contenta per i 4 moschettieri, perché hanno fatto tutti una grande gara e se la sono meritata alla grande. Da fuori non si vede, ma tecnici e atleti lavorano molto e questo risultato ricompensa tutti per gli innumerevoli sacrifici. Ne ho fatti molti anch’io, e penso di aver fatto anche molte belle frazioni in molte staffette, ma non ho avuto la fortuna di coronare il mio sogno. È per questo che mi sono permessa di dire che la sento anche un po’ mia…”.

Karin Oberhofer nella sprint ha migliorato il tuo quinto posto dei Giochi di Torino 2006, come migliore prestazione di un’italiana alle Olimpiadi. Come è cresciuto il nostro gruppo in questi otto anni?

“Prima di tutto c’é bisogno di atleti. Come in tutti gli sport ci sono annate più “generose” di ragazzi con talento e voglia di far fatica. Al momento abbiamo un bel gruppo giovane e con la voglia di lavorare. Poi c’é bisogno di allenatori che sappiano tirar fuori il 100% da ognuno di loro e di dirigenti che sappiano impiegare al meglio le poche risorse economiche che abbiamo a disposizione. Penso che siano queste le basi per crescere”.

In questi Giochi hai sparato con il 90% al tiro nelle gare individuali e con il 100% nella staffetta: che lavoro c’è dietro per raggiungere queste percentuali?

“Ho la fortuna ad avere un talento per il tiro. Poi sono stata abituata da piccola a lavorare in modo preciso e a ragionare sugli errori commessi per trovare il modo di lavorare correttamente. E infine ho una grande esperienza dalla mia parte che mi aiuta a gestire diverse situazioni e emozioni”.

Complessivamente, come valuti le tue Olimpiadi? C’è qualche gara in cui avresti voluto o potuto fare meglio?

“La sprint è per me stata una gara perfetta. Ho gestito bene la tensione e le energie, al poligono ho fatto due serie fluide e senza errori, in pista ho dato tutto. Eppure il tempo è stato alto e sinceramente non so cosa avrei potuto fare di diverso. L’inseguimento è stata una gara sfortunata. Sono caduta nel primo giro e mi sono presa una forte botta a ginocchio, spalla e costole. Sono stata ferma per qualche giorno con forti dolori e ho dovuto rinunciare a malincuore all’individuale (alla qualche non dovevo partecipare per scelta tecnica, ma per il quale si era liberato un posto perché Dorothea era malata). I tecnici mi hanno dato la fiducia per la staffetta e lì penso di aver fatto del mio meglio, ho dato quello che al momento posso dare e quindi ho chiuso le mie esperienze soddisfatta e senza rimpianti”.

Credi che questa medaglia potrà dare molta più visibilità al movimento e al lavoro che avete svolto in queste stagioni?

“Per lo meno lo spero. Ma soprattutto spero che questo ci porti più risorse per lavorare meglio con i giovani, che sono il nostro futuro, e per costruire qualche impianto per gli allenamenti estivi, di cui abbiamo veramente bisogno”.

Mancano ancora tre tappe di Coppa del Mondo al termine della stagione, qual è il tuo obiettivo per il mese di marzo?

“L’obiettivo principale sarà quello di godermi le ultime gare della mia carriera. Ho deciso che alla fine di questa stagione appenderò sci e carabina al chiodo. Sarò sicuramente al via alla tappa slovena, poi in Scandinavia andranno solo i quattro medagliati e forse ancora un uomo e una donna, dipenderà dai risultati. Ce la metterò tutta, mi piacerebbe molto concludere la mia lunga carriera a Oslo, il mio posto preferito, dove qualche anno fa sono salita per la prima volta sul podio…”. 

Se dovessi eleggere la tua erede tra le tue compagne, quale sceglieresti?

“Penso che ogni atleta sia unico e scriverà a modo suo un pezzo di storia dello sport. Sono sicura che tutte loro ci daranno grandi soddisfazioni nei prossimi anni”.

Foto. Credit: FISI (Serge Schwan)

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