Rugby
Sei Nazioni 2014, Italia: una nave senza rotta, ma non alla deriva…
Una delle immmagini più eloquenti della giornata di ieri è stata certamente quella della sostituzione avvenuta quasi in contemporanea di Sexton e O’Driscoll, i due giocatori più rappresentativi dell’Irlanda, quando il punteggio ormai per i padroni di casa era al sicuro e la testa dei Verdi poteva già essere rivolta al match-verità, di settimana prossima, contro la Francia.
Certo, la partita di Dublino anche prima della configurazione dei calendari, non era una di quelle “da mettere nel mirino”, ma la sensazione è che l’Italrugby sia apparsa nella peggiore delle sue condizioni.
Spogliata e messa a nudo in tutti i suoi difetti la Banda Brunel è stata mantenuta quasi sempre sotto controllo dai suoi troppo forti rivali, che anche nel momento in cui, grazie al lampo di Sarto, sono stati raggiunti sul pareggio, hanno continuato a martellare gli azzurri, dove solitamente palesano grandi problemi, ottenendo dividendi importanti.
La tenuta fisica ormai sta tornando ad essere il tallone d’achille più grande e la freschezza dei giovani, anche oggi all’altezza della situazione, non può bastare a fermare questo incontrovertibile dato. Inoltre l’assenza di uomini di spessore, come Parisse e Castrogiovanni (costretto ad uscire dopo pochi minuti), ha reso il tutto più difficile facendo soffrire particolarmente gli uomini deputati alle fasi di gioco statico che sono stati triturati da O’Connell e compagni.
La nave quindi ha perso la sua rotta. Attenzione però, perchè non è alla deriva.
Brunel, l’uomo giusto per questa squadra, sta cercando di lavorare come può con le risorse umane che ha a disposizione e contestualmente vuole studiare un metodo per poter allargare la base di atleti da cui attingere.
D’altronde i miracoli si fanno solo in Paradiso.
La stagione delle franchigie italiche, in questa annata, non è stata certamente esaltante e la rappresentantiva del Bel Paese basa più del 50% della sua ossatura su questi atleti, quindi va da sè che i risultati potessero essere anche leggibili preventivamente; dato che, è giusto sempre ricordarlo, nel rugby non si inventa niente. E’ uno sport crudo, onesto e franco come pochi altri.
Adesso servono tranquillità e voglia di lavorare, magari tornando con “la mente”, l’elemento più importante, alla condizione di 12 mesi fa quando battendo la stessa Irlanda guardavamo, con il vento in poppa e le vele spiegate, le successive annate verso la World Cup 2015.
Foto: Fotosportit/FIR
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michele.cassano@olimpiazzurra.com
Al
9 Marzo 2014 at 19:49
Senza rotta ma non alla deriva, mi sembra una giusta sintesi. Siamo semplicemente tornati indietro, all’Italia succede ogni tot anni, quando una parte significativa della squadra si avvicina o supera i 30, e diventa necessaria una dose massiccia di giovani. E’ già successo dopo l’entrata nel Sei Nazioni con l’abbandono di Dominguez e della vecchia guardia (Olimpiazzurra dovrebbe dedicare un articolo a Mauro Bergamasco, in nazionale addirittura da quei tempi), si è ripetuto dopo i mondiali 2007 (promozione di Parisse a capitano). Forse l’ottimo Sei Nazioni 2013 ci ha inebriato, ma con i Campagnaro-Esposito-Minto-Sarto etc siamo entrati in una nuova fase di rinnovamento, perciò ‘godiamoci’ un anno di mazzate. Dà fastidio perché non si va mai in campo per perdere, ma l’Italia di oggi è così: impotente. Chi segue il Sei Nazioni non può non notare la differenza nei trequarti, tutti quando hanno la palla guardano oltre il vantaggio, i nostri si domandano “ora che faccio”. Facciamo più mete di prima ed è un buon segnale, ma davvero non sufficiente. Aggiungi poi l’altro problema: nel Sei Nazioni cinque squadre hanno un calciatore che la butta dentro, noi no. Senza un contributo sicuro di mete alla mano e punti dal piede, si può solo tenere botta finché reggono mischia e difesa, che in fin dei conti è quel che stiamo facendo. Di buono c’è che i giovani su cui sta puntando Brunel si innestano in una squadra che di base è più forte di quelle precedenti.