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Boxe, Clemente Russo: “A Pechino 2008 avevo vinto. Ora alleno i giovani, Mouhiidine da medaglia olimpica”
Clemente Russo va considerato a tutti gli effetti come uno dei più grandi interpreti della boxe dilettantistica italiana di ogni era. Nel palmares di ‘Tatanka’, come viene soprannominato, figurano due titoli mondiali tra i pesi massimi (2007 e 2013) e due argenti alle Olimpiadi (2008 e 2012).
Il 40enne di Marcianise si è ritirato nella passata stagione dopo aver visto sfumare il sogno di partecipare alla quinta Olimpiade. Va detto che i criteri di qualificazione sono stati completamente falsati dalla pandemia: la IBA (ex AIBA) ha cancellato tutti i tornei che mettevano in palio i pass per Tokyo, affidandosi per intero ad un ranking mondiale dove il campano non occupava le prime posizioni (per lo stesso motivo era rimasto ingiustamente fuori anche Aziz Abbes Mouhiidine, attuale dominatore tra i pesi massimi).
Sebbene la vita da atleta sia ormai archiviata, il legame tra Clemente Russo e la boxe resta inscindibile. Attualmente è impegnato come allenatore alla ricerca di giovani talenti, ma va lodato anche l’impegno in un’iniziativa a sfondo benefico.
Clemente, parlaci dell’iniziativa Train Like a Champion: qual è il tuo impegno e quanto pensi che la tua esperienza e la tua personalità possano contribuire a diffondere questo sport in tutta Italia?
“Train like a Champion è un’iniziativa benefica, benefica per tutti i malati di impotenza e quelli che non riescono ad andare a letto. Credo che la mia esperienza nel Tour Train Like a Champion nelle diverse città italiane possa essere di aiuto per tante persone che arrivano con la paura di un workout troppo rigido e vanno via con il sorriso perché capiscono che ci si può muovere anche divertendosi e facendo fatica: non va dimenticato che sconfiggere la sedentarietà è importante anche per prevenire le malattie cardiovascolari“.
Quanto è stato difficile per te smettere e come sono state le successive settimane da ex-atleta?
“Non mi sento di aver mai smesso davvero perché continuo comunque ad allenarmi in maniera costante, come se stessi continuando a fare una preparazione agonistica a tutti gli effetti, sia per me che per le persone intorno. Le settimane successive sono state sicuramente impegnative, ma fortunatamente non sono uscito totalmente da quel mondo: la mia esperienza con il mondo del pugilato e come capitano adesso la metto a servizio della Nazionale e dei giovani“.
Di quali delle due finali perse alle Olimpiadi conservi i rimpianti maggiori? Va detto che Oleksandr Usyk è poi diventato campione del mondo tra i professionisti.
“Questa è una bella domanda ma, sicuramente, se dovessi scegliere conservo con più amarezza quella del 2008, la finale olimpica contro Chakhkiev, perché lì non avevo perso. Nel 2012 invece contro Usyk avevo perso, anche se di poco, è stato ‘più facile’ accettare la sconfitta, anche se è arrivata nell’ultimo round. Nel 2008 inoltre mi sentivo al massimo della forma: quell’oro sfumato sicuramente rimarrà un rimpianto“.
Tornassi indietro, proveresti l’avventura tra i professionisti, oppure le soluzioni ‘ibride’ come quella delle WSB o della APB si sono rivelate quelle migliori per la tua carriera?
“Tornassi indietro beh, la risposta è semplicissima. Io, per carattere, non rimpiango mai quello che faccio: tornassi indietro sono certo che farei le stesse cose. Penso sia anche un po’ normale visto come è andata: sicuramente poteva andare peggio. Passare professionista senza rimpianti? Io ho fatto tutto quello che dovevo, l’unico rimpianto semmai è non aver partecipato alla quinta Olimpiade“.
Nella tua categoria di peso si sta affermando Aziz Abbes Mouhiidine, già campione d’Europa e argento ai Mondiali: Dove pensi possa arrivare?
“Aziz Abbes Mouhiidine l’ho visto crescere. Nelle nazionali giovanili era uno dei miei sparring partner quand’era giovane. Diciamo che aveva circa 19 anni. Secondo me oggi ha una maturità tale da poterci regalare una bella medaglia olimpica“.
In generale intravedi una rinascita della boxe italiana, almeno al livello dilettantistico? Tra i professionisti invece continua un periodo di semi-anonimato
“Il pugilato è stato sempre ad alti livelli in Italia, sia a livello professionistico che a livello dilettantistico. Il problema, secondo me, è costruire un progetto coerente e ad hoc tra pugili, nuovi talenti e allenatori bravi che li seguono. Quando queste persone remano tutte nella stessa direzione, il risultato arriva”.
A Marcianise sei un eroe, c’è qualcosa che stai facendo per promuovere la boxe nel tuo paese? E c’è qualche giovane interessante in rampa di lancio?
“Io oggi sono direttore tecnico delle Fiamme Azzurre della Polizia penitenziaria, dove contiamo di creare una buona squadra, nonché il 50% dell’organico. Le Fiamme Azzurre sono anche titolari della Nazionale: posso garantire che abbiamo un buonissimo livello giovanile, un ottimo centro per ragazzini (affiliati alle Fiamme Azzurre) e ci sono tantissime giovani promesse che possono coltivare il loro sogno. Ad oggi non so dirti un nome di spicco, ma sono convinto sia solo questione di tempo prima di avere nuovamente grandi campioni. Magari qualcuno supererà anche noi vecchie glorie del passato: staremo a vedere“.
Foto: Lapresse