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Biathlon. Ai Mondiali di Oberhof l’Italia parte a razzo, ma poi malasorte ed errori la spengono. C’è però spazio per riscattarsi

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Lisa Vittozzi

I Mondiali di biathlon di Oberhof si prendono una pausa dopo la prima tranche di competizioni. Sono stati assegnati cinque dei dodici titoli in palio. Dunque, dopo l’adrenalina del weekend, si può ragionare con calma su quanto avvenuto sinora, focalizzandoci sull’Italia.

Gli azzurri hanno cominciato nel migliore dei modi, fregiandosi di un argento particolarmente luccicante nella staffetta mista. La Norvegia, vincitrice della competizione, era la grande favorita. Cionondimeno ha dovuto sudare le proverbiali sette camicie per avere ragione del quartetto tricolore, la cui medaglia era di certo probabile, ma non scontata. Difficile pensare di ottenere più della piazza d’onore. Anzi, verosimilmente, al mattino di mercoledì 8 febbraio, Lisa Vittozzi, Dorothea Wierer, Didier Bionaz e Tommaso Giacomel avrebbero firmato per conseguirla.

Pertanto l’inizio è stato eccellente, poiché tutti si sono tolti il pensiero di “rompere il ghiaccio”, vaporizzando all’istante lo spettro di restare con un pugno di mosche, come avvenuto a Pokljuka 2021. Alla luce di queste premesse è stato possibile approcciare il fine settimana con la mente sgravata dal peso di “dover fare risultato”. Per fortuna, perché di altre medaglie non ne sono arrivate e se non ci fosse stato l’argento inaugurale avrebbe cominciato a fare caldo.

Medagliere Mondiali biathlon 2023: Italia quinta con un argento, Norvegia in testa

FRA LE DONNE PESA LA MALASORTE

In campo femminile si può legittimamente recriminare senza scadere nel vittimismo. Vittozzi ha disputato un’ottima sprint, esprimendosi sui propri limiti. La quinta piazza l’aveva messa in posizione d’attacco in vista di un inseguimento, poi, mai disputato a causa di un improvvido malanno. Peccato, perché alla luce dell’andamento della gara, l’impressione è che una medaglia, forse finanche del metallo più pregiato, sarebbe stata alla portata della ventottenne azzurra. Non si avrà mai la controprova di quanto appena sostenuto, ma la sappadina era davvero piaciuta nella giornata di venerdì. La malasorte si è accanita contro Lisa. Capita. Nulla si può fare se non accettare una cambiale dalla Dea Bendata nell’auspicio di riscuoterla in un futuro quanto più prossimo possibile.

È invece proprio mancata Dorothea Wierer, le cui performance vanno definite incolori per un’atleta della sua caratura. C’è stato qualche errore più delle abitudini, soprattutto a terra. L’ormai assodata idiosincrasia per i tracciati di Oberhof ha fatto il resto. Non c’è ragione di mandarla a processo. In virtù di tutto quanto conseguito in carriera, l’altoatesina ha ormai raggiunto un blasone tale da garantirle l’immunità. Si prende semplicemente atto di quanto accaduto e si passa oltre. D’altronde siamo solo a metà del guado e, da navigata tigre qual è, la veterana del clan azzurro potrebbe sempre lasciare il segno ghermendo una zampata al momento propizio.

Fra le nuove leve possono essere giudicate con favore le prestazioni di Hannah Auchentaller, attestatasi a ridosso delle prime trenta sia nella sprint che nell’inseguimento. Sono piazzamenti da non disdegnare per un’atleta letteralmente agli esordi nel circuito maggiore. Samuela Comola e Rebecca Passler si sono invece espresse in linea con quanto visto in stagione, seppur ritrovandosi a ridosso del limite basso nella loro forchetta di rendimento per via di alcune penalità di troppo.

MASCHI: CUORE HOFER, CROLLO 2000

Spostandoci nel settore maschile il leitmotiv è semplicissimo. L’imprecisione a terra ha affondato le ambizioni dei due classe 2000 Tommaso Giacomel e Didier Bionaz, letteralmente zavorrati dalla pletora di bersagli mancati nel prone shooting. Non dovrebbe succedere, soprattutto nell’appuntamento clou dell’inverno, ma è inutile piangere sul latte versato. Si cresce anche così, tramite le brutte esperienze.

Viceversa, è doveroso spezzare una lancia in favore di Lukas Hofer, che ha fatto di tutto per essere della partita ai Mondiali, riuscendoci. Già essere in grado di galleggiare attorno al 30° posto nonostante le ripetute infiammazioni può essere considerato un successo. L’indole indomita del trentatreenne altoatesino andrebbe presa a esempio da molti. L’augurio è di ritrovarlo in salute dal 2023-24, affinché possa partecipare con velleità ai Giochi olimpici di casa del 2026.

Infine, due parole su Patrick Braunhofer ed Elia Zeni. Il primo ha badato a difendersi in un contesto molto ostico, mentre il secondo ha centrato l’unico obiettivo attualmente conseguibile, ovvero la qualificazione all’inseguimento. Va bene così, perché dopo aver esordito in Coppa del Mondo solo ad Anterselva non gli si poteva certo chiedere di più.

FINE ATTO PRIMO, INIZIO ATTO SECONDO

Dunque questo è ciò che è stato. Riguardo quanto sarà, invece, bisogna sottolineare come l’Italia abbia ancora tante cartucce da sparare, in particolar modo nell’individuale femminile di mercoledì.

Sempre restando nell’ambito del gentil sesso, con Vittozzi sana la staffetta è tra i cinque Paesi destinati a giocarsi il podio. Infine la mass start è aperta a ogni soluzione. A oggi la forbice delle ipotesi va dall’assenza dal podio sino alla doppietta.

Nel settore maschile, viceversa, il ruolo di outsider sarà perenne. Sparando bene, chissà, nessun traguardo potrebbe essere precluso. La single mixed di giovedì, infine, sarà l’equivalente di una battle royale.

Insomma c’è tanto ancora in palio, pronto a essere afferrato dal più abile, dal più pronto o magari dal più preciso…

Foto: LPS

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