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Sci di fondo, Mondiali Planica 2023. Sarà “Old firm” norvegese oppure “New firm” svedese nella staffetta femmimile?

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Ebba Andersson Heidi Weng

Giovedì 2 marzo a Planica sarà assegnato il XXVIII titolo iridato femminile della staffetta. Si tratta di una gara particolarmente significativa per il gentil sesso, poiché è l’unica ad aver fatto parte del programma dei Mondiali sin dalla prima edizione aperta alle donne, ovvero quella del 1954.

La prova ha tuttavia cambiato connotati più volte nel corso dei decenni. Originariamente si trattava di una 3×5 km, in quanto tre atlete percorrevano cinquemila metri a testa. La prima modifica di rilievo è avvenuta nel 1974, quando le frazioniste sono salite a quattro, con relativa trasformazione della gara in 4×5 km. Infine, la diffusione del passo pattinato negli anni ’80, ha fatto sì che a cominciare dal 1989 sia stata diversificata la tecnica dei segmenti. Da allora le prime due frazioni si disputano in alternato e le ultime due a skating.

Nonostante la sua dissoluzione, avvenuta più di trent’anni fa, l’Unione Sovietica è ancora oggi la nazione più vincente in assoluto ed è destinata a rimanerlo almeno sino al 2027! L’Urss ha infatti conquistato ben 9 dei primi dodici titoli iridati messi in palio (1954, 1958, 1962, 1966, 1970, 1974, 1984, 1985, 1987, 1991), firmando peraltro anche il primato, tuttora imbattuto, di successi consecutivi (sei).

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Con l’avvento del XXI secolo, la Norvegia si è issata in seconda posizione tra i Paesi più blasonati, primeggiando complessivamente per 7 volte (1982, 2005, 2011, 2013, 2015, 2017, 2021) e superando la Russia, che negli anni ’90 aveva proseguito la tradizione vincente della Sojuz Sovetskich Socialističeskich Respublik, trionfando in 5 occasioni, peraltro consecutive (1993, 1995, 1997, 1999, 2001). Anche la Finlandia gode di un blasone di tutto rispetto, avendo uncinato 4 successi (1978, 1989, 2007, 2009).  Infine, si sono fregiate di 1 singolo oro iridato la Germania (2003) e la Svezia (2019).

La dissoluzione dell’Unione Sovietica ha permesso alla Norvegia di diventare il Paese più medagliato in assoluto, andando successivamente in fuga rispetto al resto del mondo.
19 (7-8-4) – NORVEGIA
13 (4-2-7) – FINLANDIA
12 (9-2-1) – URSS
12 (1-5-6) – SVEZIA
10 (5-2-3) – RUSSIA
5 (0-3-2) – GERMANIA EST
5 (0-3-2) – ITALIA
4 (1-2-1) – GERMANIA UNITA
1 (0-0-1) – CECOSLOVACCHIA

Dunque l’Italia a conti fatti può essere storicamente considerata la sesta forza in campo.
Le cinque medaglie azzurre sono le seguenti:
Le prime due, entrambe d’argento, portano la firma dello stesso quartetto, composto da Bice Vanzetta, Manuela Di Centa, Gabriella Paruzzi e Stefania Belmondo, le quali si fregiarono del titolo di vice-campionesse iridate sia nel 1991 che nel 1993.
La terza, anche questa d’argento, è datata 1999 ed è stata arpionata da Sabina Valbusa, Gabriella Paruzzi, Antonella Confortola e Stefania Belmondo.
C’è poi il bronzo ottenuto a tavolino nel 2001, anno in cui Gabriella Paruzzi, Sabina Valbusa, Stefania Belmondo e Cristina Paluselli conclusero quarte, venendo poi promosse in terza posizione dopo la squalifica per doping della Finlandia, giunta seconda.
Infine, l’ultima medaglia italiana arrivò a Oberstdorf 2005. In quell’occasione Gabriella Paruzzi, Antonella Confortola, Sabina Valbusa e Arianna Follis afferrarono il bronzo.

STAGIONE 2022-2023
Nella stagione in corso è andata in scena una sola staffetta, che per di più fa poco testo. In primis perché diversi Paesi di grido hanno presentato formazioni rimaneggiate; in secondo luogo perché in Coppa del Mondo è permessa l’iscrizione di due quartetti per nazione, dinamica aliena alle prove dei Mondiali.

Comunque sia, per dovere di cronaca, va ricordato come lo scorso 5 febbraio le nevi di Dobbiaco abbiano visto trionfare la Norvegia (Weng H., Kalvå, Østberg, Theodorsen) davanti alla Svezia (Ribom, Andersson, Ilar, Sundling) e agli Usa (Swirbul, Brennan, Diggins, Kern). L’Italia (Pittin, Comarella, Franchi, Sanfilippo) ha concluso sesta.

A onor del vero, sul campo fu la Germania ad arrivare seconda. Squalificata però per un cavillo regolamentare. Dura lex, sed lex.

Foto: La Presse

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