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La Milano-Sanremo è ancora una classica per velocisti? L’ultimo sprint risale al 2016

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La Milano-Sanremo 2022 è distante ormai soli quattro giorni e l’attesa è ovviamente alle stelle. Nonostante qualche polemica (non certo campata in aria) sulla partenza spostata per la prima volta dal capoluogo lombardo ad Abbiategrasso, l’edizione numero 114 della Classicissima di Primavera, prima Monumento dell’anno, promette scintille e spettacolo.

Una corsa che aveva visto negli anni susseguirsi nell’albo d’oro tutti i più grandi nomi della storia delle due ruote (dai tre successi di Fausto Coppi, alle affermazioni di Francesco Moser e Gianni Bugno, passando per i sette sigilli di Eddy Merckx), dalla seconda metà degli anni ’90 si era trasformata, e lo diciamo sapendo di ridurre all’osso un concetto complesso, in una grande sfida tra i migliori sprinter al mondo. Da lì in poi i 4 successi di Erik Zabel, i tre di Oscar Freire, quelli di Mario Cipollini ed Alessandro Petacchi fino ai più recenti Mark Cavendish ed Alexander Kristoff.

Per anni, tranne qualche sparuta e rarissima eccezione, i tentativi di allungo sul Poggio o a maggior ragione sulla Cipressa, erano sempre stati neutralizzati da un gruppo in cui erano tante le squadre con interesse ad arrivare allo sprint. Così è stato fino al 2016, anno della vittoria di Arnaud Demare, che (seppur tra mille polemiche per un possibile traino da parte dell’ammiraglia sulla Cipressa), regolò in volata a Via Roma Ben Swift, Jurgen Roelandts e Nacer Bouhanni. Quell’edizione fu forse la più “bloccata” del nuovo millennio, con il gruppo che arrivò quasi compatto fino ad 1 km dallo scollinamento del Poggio.

Forse è stato proprio l’eccessivo immobilismo di quell’edizione a far partire dal 2017 un trend tutto nuovo, lanciato da parte di chi questa corsa l’ha inseguita senza (ancora) vincerla: Peter Sagan. Fu proprio un attacco dello slovacco, che tutti attendevano allo sprint, a rompere l’andatura “controllata” che la Sky stava facendo sul Poggio per Elia Viviani. Gli unici a tenere il ritmo dell’allora Campione del Mondo furono due altri iridati (uno passato ed uno futuro) come Michal Kwiatkowski e Julian Alaphilippe. Il gruppo non fu più in grado di riprenderli ed a prendersi il successo fu il polacco in uno degli arrivi più belli e mozzafiato della storia della corsa.

Sembra quasi superfluo ricordare poi cosa accadde nel 2018, l’ultima bandierina italiana in un albo d’oro dominato dal tricolore. Sul Poggio, ad 1,5 km dallo scollinamento il lettone Krists Neilands tenta un improbabile attacco con cui va a ricucire su Greg Van Avermaet. Alle sue spalle si muove, sorprendendo tutti, un fenomenale Vincenzo Nibali che dopo poco si staccherà dalle ruote il lettone. Il resto è leggenda: la discesa dal Poggio pennellando ogni curva, l’inseguimento di Matteo Trentin ed una volata di gruppo che servirà solo per determinare il secondo piazzato dietro allo “Squalo”.

Nel 2019 la corsa fu vinta effettivamente in volata da Julian Alaphilippe, ma anche in quel caso si avvantaggiò un gruppo di una decina di corridori che partì all’inseguimento del francese, che a sua volta aveva sfruttato un attacco di Alberto Bettiol sul Poggio come trampolino di lancio. Per l’ennesima volta Sagan si fece beffare pur essendo probabilmente il miglior sprinter tra gli uomini di testa.

L’edizione successiva fu inevitabilmente un po’ “sui generis” dato che le problematiche legate al Covid costrinsero la Classicissima ad essere disputata non non in primavera come d’uso, bensì l’8 agosto, in un clima ben diverso da quello che usualmente il gruppo trova sulla costa ligure. Protagonista anche quell’anno con un attacco sull’ultima asperità il francese della Quick-Step che riuscì a seminare tutti, tranne Wout Van Aert, reduce dalla vittoria delle Strade Bianche sette giorni prima ed in grado quel giorno di prendersi quella che è finora l’unica Monumento in carriera. Da dietro provarono a ricucire ma anche nel 2020 non fu sprint di gruppo.

Nelle ultime due edizioni, due corridori hanno trovato un modo ancora nuovo per iscriversi al prestigioso albo d’oro. Nel 2021 la sceneggiatura era iniziata con il solito copione: la INEOS (ex-Sky) a lavoro sul Poggio, prima dell’usuale scatto del diabolico Alaphilippe che si porta via un gruppo di una dozzina di atleti. Nessuno riesce a fare la differenza prima dello scollinamento e tutto sembra portare ad una volata ristretta. A 3 km dalla fine parte invece il belga Jasper Stuyven che, sfruttando anche l’aiuto di un generoso Soren Kragh Andersen, riesce a resistere al ritorno degli avversari.

Indimenticabile invece lo spettacolo offerto dallo sloveno Matej Mohoric nell’ultima edizione. Avevamo visto attacchi sulla Cipressa, sul Poggio, già sulla Via Aurelia e persino nei pochi metri disponibili di Via Roma, ma un allungo di tali proporzioni sulla discesa del Poggio ha in qualche modo riscritto la storia della corsa. Saltando tra gli ostacoli, sfiorando più volte muri e marciapiedi, rischiando anche il salto di catena, il corridore della Bahrain ha compiuto un’impresa straordinaria arrivando da solo sul traguardo.

Dunque se l’interrogativo che ha portato alla scrittura di questo articolo è se la Milano-Sanremo sia ancora una classica per velocisti, la risposta evidente appare essere no, la Milano-Sanremo non è più una classica per velocisti. Le dinamiche che muovono però gruppi e corridori all’interno delle varie corse sono tante e molto variabili ed è bene ricordare ancora una volta come l’era dei velocisti “puri” sia durata non più di due decenni in una storia ultracentenaria e non è detto che non possa tornare, chissà, anche proprio da questa edizione.

Foto: LaPresse

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