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ATP Montecarlo, quando Fabio Fognini raggiunse l’apice della carriera nel 2019

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Il tennis torna sulla terra rossa dopo il ‘breve flirt’ avuto in Sudamerica a febbraio. Si comincia a marce basse con tre tornei 250 tra Houston, Marrakech ed Estoril, dove non si vedranno i big di classifica. Poi però si torna a fare sul serio con il 1000 di Montecarlo, che evoca dolci ricordi allo sport italiano, quando quattro anni fa Fabio Fognini alzò al cielo il trofeo più importante della sua carriera. 

Eppure il nativo di Arma di Taggia non stava vivendo nemmeno il periodo più florido della propria carriera. Dal terzo turno con Pablo Carreno Busta agli Australian Open, il suo score nei due mesi successivi era di una sola vittoria e sei sconfitte, spesso arrivate con giocatori alla portata come Jaume Munar (Buenos Aires), Radu Albot (Indian Wells), Jiri Vesely (Marrakech) ed un giovane Felix Auger-Aliassime (Rio de Janeiro). Ma si sa, le cose possono cambiare in un istante e nel tennis, se all’improvviso ti senti in forma smagliante, puoi volare davvero con chiunque.

L’approccio al torneo era sulla carta agevole, ma si rivelò molto complicato. Al cospetto di Fabio si presentò un ragazzo dai capelli arruffati ma che tira tutto senza distinzione, al momento al numero 90 del mondo: Andrey Rublev. Sfida tiratissima, con il giovane moscovita che si prende il primo set ma Fabio è bravissimo a mantenere il braccio di ferro e a spuntarla di esperienza.

Al secondo turno Gilles Simon spiana la strada a Fabio senza nemmeno scendere in campo, ma agli ottavi c’è Alexander Zverev. Già un giocatore di grido, numero 3 del mondo e tre 1000 in saccoccia, di cui due sulla terra (Roma e Madrid). Gli manca solo Montecarlo per completare il trittico e non sembra esserci niente che possa ostacolarlo. In quell’anno però gli si para davanti un Fognini cinque stelle: primo set conquistato al tie-break, secondo letteralmente dominato e l’azzurro è ai quarti.

Dove arriva un’altra lotta, assai sottovalutata con Borna Coric, ai tempi numero 13 delle classifiche mondiali e nono giocatore del seeding. Il croato si prende il primo set con un netto 6-1, ma poi viene fuori il talento del ragazzo di Arma di Taggia, che lascia cinque giochi al suo avversario e si porta in semifinale, dove c’è un avversario sulla carta inarrivabile sulla terra: Rafa Nadal.

Non dobbiamo certo presentarvi che cosa vuol dire affrontare il maiorchino sulla terra rossa. Se c’è un torneo che adora alla follia, oltre al Roland Garros, è proprio quello del Principato, vinto da lui undici volte nelle precedenti quattordici edizioni e con una striscia aperta di tre affermazioni. Ma se c’è un giocatore capace di potergli mettere qualche volta i bastoni tra le ruote, quello è proprio Fabio. Spesso il ligure ha regalato con lo spagnolo incontri appassionanti, ma in quella semifinale fa qualcosa di magico. Domina in lungo e in largo, sgomina il drago Nadal ed è lui in finale contro Dusan Lajovic.

Un avversario nettamente alla portata rispetto a quelli affrontati nel corso del torneo. Ma ora è diverso: è Fognini il favorito d’obbligo della finale, è lui ad avere più pressione addosso e l’opportunità di poter portare all’Italia un torneo di prestigio. Ma Fabio libera tutti i pensieri e gioca senza l’ansia di dover raggiungere il risultato a tutti i costi. Ricorderà per sempre quella risposta steccata del serbo, l’urlo della folla di Montecarlo, quella maglia messa in faccia allo stile di Fabrizio Ravanelli. E alzare quel trofeo sul palco allestito per l’occasione lo ha ripagato per tutti quei colpi di testa, tutti quei momenti in cui gli davano addosso. Un percorso lungo e tortuoso, per un successo storico. Per lui e per il tennis italiano.

Foto: LaPresse

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