Seguici su

Atletica

Atletica, De Benedittis: “Nessun complotto nel caso Schwazer. Gli addetti ai lavori leggono le sentenze”

Pubblicato

il

Nuovo appuntamento di Athletics2U, il format a cura di Sport2U in collaborazione con OA Sport dedicato al mondo dell’atletica. Ospite del nostro Christian Marchetti è il Presidente ACSI Italia Atletica, Roberto De Benedittis, nonché uno dei maggiori esperti del caso Alex Schwazer.

Proprio sulla vicenda che ha coinvolto l’atleta, il 13 aprile 2023 la piattaforma streaming Netflix ha aggiunto al proprio catalogo una docuserie di quattro puntate dedicata al marciatore sospeso per doping, portabandiera di una battaglia per dimostrare la sua innocenza. Una data di uscita che è a ridosso dell’archiviazione da parte della Procura di Bolzano che, di fatto, mette una pietra sopra la teoria di un complotto ai danni dell’atleta: “Le sentenze bisogna prenderle tutte, c’è stata una lunghissima indagine preliminare sul secondo doping di Schwazer che ha portato ad una sentenza di archiviazione, con il giudice delle indagini preliminari che ha rimandato gli atti alla Procura per indagare su quello che lui ha accertato con un alto grado di probabilità fosse il complotto contro Alex. Di questo complotto non si è trovata alcuna prova, arrivando alla conseguenza che fosse esclusivamente nella mente di chi lo aveva sollevato, ovvero la difesa di Schwazer. Un’ipotesi molto fantasiosa, tant’è che il PM aveva affermato che del complotto non vi erano assolutamente prove oggettive, e che fosse un puro sforzo di fantasia”.

Tanti sono stati gli elementi poco chiari su cui ha voluto puntare l’attenzione l’allenatore di Alex, Sandro Donati: dal controllo al deposito dei campioni, tanti dubbi sono stati sollevati fino ad arrivare alla sentenza in cui si è cominciato a parlare di complotto. Ma poi qualcosa è cambiato: “Alcune ipotesi erano troppo pretestuose, come quella del luogo di prelievo del campione: in tutti i moduli è una delle cose importanti, che si deve sapere da dove è partito. Poi si è parlato di concentrazione di DNA nelle provette. Il perito chiamato da giudice per spiegare la situazione ha dichiarato che erano risultate tre ipotesi dalla stessa percentuale: 33% doping, 33% di un problema patologico e 33% una manipolazione. Il giudice ha tradotto questo sostenendo che un atleta non può avere patologie, che Schwazer è stato trovato positivo una volta sola e quindi difficilmente poteva realmente essere un atleta dopato, e quindi l’unica ipotesi rimanente è stata la manipolazione. Ma quante volte è stato trovato positivo Ben Johnson? Una. Questa è un’ipotesi da non addetti ai lavori, certe decisioni sono veramente illogiche”.

Ma facciamo chiarezza, ripercorrendo i passaggi di una vicenda che prende il via nel lontano 2008, precisamente dalla medaglia d’oro conquistata da Alex alle Olimpiadi di Pechino nella 50 km di marcia: un trionfo che ha iniziato ad insidiare dubbi. Poi arriva il 2012. La prima positività al doping che l’italiano confessa alla vigilia dei Giochi di Londra a seguito di un controllo a sorpresa effettuato dall’Agenzia Mondiale Antidoping e che gli costò l’esclusione dalle Olimpiadi, una squalifica sportiva di tre anni e sei mesi e l’espulsione dall’Arma dei Carabinieri. Schwazer ammette le proprie colpe e patteggia con la Procura di Bolzano riuscendo, due anni più tardi, ad ottenere la riduzione della pena a undici mesi.

Nel 2016, però, un secondo controllo a sorpresa fa risultare l’atleta ancora positivo. Lo staff e il legale di Schwazer accusano l’Agenzia Mondiale Antidoping di aver manomesso i campioni prelevati: è l’inizio di una battaglia durata quattro anni. Una battaglia che stabilisce l’esclusione dalle gare di Alex fino al 2024. “E’ una bella telenovela, complessa – dichiara De Benedittis – che ha attirato molto il mondo dei media, tanto che Amadeus giustamente lo ha invitato a Sanremo 2021, luogo in cui nessuno è stato invitato di quelli che davvero hanno portato gloria all’Italia. Il 21 febbraio 2015 il marciatore aveva dichiarato che voleva rientrare per dimostrare che si poteva vincere anche senza doping. Ora, è una cosa divertente, perché lui a Pechino aveva già vinto senza doping, no?”.

“Ha scelto un allenatore, come Donati, che conosciamo per il suo grande lavoro e per le sue capacità tecniche. Ha accettato a delle condizioni, ovvero che Alex dicesse tutto del caso doping nel 2012. Il tutto è sfociato in una memoria in cui Schwazer aveva accusato i medici della Federazione e una funzionaria ex atleta. Sette anni di processo di questo onesti funzionari della Federazione hanno portato ad una assoluzione totale, tant’è che il PM non ha nemmeno fatto richiesta della Cassazione. Tutti sapevano che i tre nulla avevano a che fare con il caso di doping del 2012. Il 1° gennaio del 2016 Schwazer viene controllato: un controllo che in una prima analisi risulta negativo. Solo perché si è applicato il passaporto biologico, si è visto che nel controllo del primo gennaio c’era una risultato anomalo che era diverso dagli altri controlli. Solo allora, da prassi, sono state fatte indagini ulteriori sulla provetta anonima. Un altro metodo, IRMS (Isotope Ratio Mass Spectometry), studia la provetta per una settimana: qui viene trovato il testosterone esogeno. Viene avvisato l’atleta, gli viene chiesto di sottoporsi ad un controllo e tutto viene sottoposto alla Federazione di appartenenza”.

“Andrà a Rio ma arriverà la squalifica e non potrà partecipare. Ha preferito fare determinate scelte dal punto di vista giuridico e la squalifica è stata comminata in modo pesante data la recidività. Otto anni. La procura ad oggi deve stabilire se l’atleta è colpevole oppure no. Dopo i fatti del 2012 e del 2016 ha rischiato il carcere, sono state trovate tutte le alternative necessarie per evitare una sentenza molto pesante. In sede ordinaria solitamente le sentenze trovano l’archiviazione quando ci sono casi isolati: molti atleti sono stati archiviati dalla giustizia ordinaria”.

Una storia che, per certi aspetti, sembra assumere la forma dell’ossessione?L’indagine dei fatti del 2012 – continua De Benedittis – scopre che Schwazer si andava a informare sulle sostanze doping già dal 2006. Magari lo era solo per un motivo di aggiornamento e cultura. Ma questo dà l’idea che un atleta che si informa di così alto livello si informa su determinate sostanze fa pensare. E’ una curiosità dimostrata dall’indagine ‘Olimpia’, perché nei files sequestrati nel suo pc è stato trovato un po’ di tutto. Lui ha patteggiato il doping dal 2010 al 2012, la medaglia del 2008 gli è rimasta, ma è quello il biennio in cui ha iniziato a doparsi. Ha patteggiato per aver preso degli anabolizzanti, che sono la stessa sostanza trovata nel 2016: sostanza che ai marciatori non serve a nulla, serve più ai velocisti come gli hanno fatto notare al programma tv “Le Iene”. In realtà gli anabolizzanti servono per un più rapido recupero, non per migliorare la prestazione nell’evento. Son tutte cose che al grande pubblico non sono state raccontate: ci sono le interviste tv, le interviste sui giornali, ma ciò che è scritto nelle sentenze non lo legge nessuno se non gli addetti ai lavori”.

Nel 2024 Alex tenterà, anche se con difficoltà, la qualifica per le Olimpiadi di Parigi. In che modo affronterà il suo ritorno? Ma soprattutto, come ne esce lo sport italiano dopo il caso Schwazer? Di seguito la video intervista integrale a Roberto De Benedittis.

LA VIDEO INTERVISTA A ROBERTO DE BENEDITTIS


Foto: Claudia Fornari/LaPresse22

Pubblicità

Dalla Home

Pubblicità

Facebook

Pubblicità