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Combinata nordica, “ciao Italia”. Senza Annika Sieff, la disciplina perde una nazione e fa un altro passo verso la scomparsa

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Annika Sieff

La decisione di Annika Sieff di abbandonare la combinata nordica in favore del salto con gli sci rappresenta l’occasione per lanciare il più proverbiale dei sassi nello stagno. D’altronde, perché non farlo? Smuovere le acque è comunque più utile di tenerle immobili e ormai salmastre, con tutti gli annessi e connessi del caso. Il tema di riflessione generato dall’accaduto riguarda lo stato di salute della disciplina.

Per analizzarlo è necessario effettuare un excursus astronomico, relativo al ciclo vitale delle stelle, corpi celesti la cui esistenza si basa sulla fusione nucleare. Per miliardi di anni vivono tranquille, fondendo l’idrogeno di cui dispongono. Si chiama “sequenza principale”. Prima o poi, però, l’idrogeno finisce. Dunque, per sopravvivere, la stella deve giocoforza cambiare carburante, passando all’elio. Terminato anche l’elio, si passa al carbonio e così via. Gli elementi divengono sempre più pesanti e il corpo celeste fa sempre più fatica. Quando la stella tenta di fondere il ferro, si scatena il pandemonio. Per essere fuso, questo elemento richiede più energia di quanta ne produca. È la fine, perché il corpo celeste collassa o esplode.

Ci perdonino gli aficionados dell’astronomia se i concetti sono espressi grossolanamente e semplificati al massimo. Chi volesse approfondire nei dettagli può effettuare le ricerche del caso. Qui conta sottolineare come la combinata nordica abbia ormai esaurito da tempo l’idrogeno (verrebbe da dire già nel 2008) e sia passata ad altri elementi. La domanda è: “Quando si arriverà al ferro?” L’impressione è di non essere così lontani da quel momento.

Sport Invernali, il “Salto della fede” di Annika Sieff. Abbandona la combinata nordica per specializzarsi sul trampolino

Un anno fa il Cio lo ha fatto capire. “Ora come non avete più i requisiti per restare nella famiglia olimpica. Il 2026 è l’ultima chiamata, dopodiché se non riuscite a restare sul treno a Cinque cerchi, non vi aspettiamo più”. Come una stella in agonia, la combinata nordica cerca disperatamente carburante per sopravvivere, ma così facendo va solo incontro all’autodistruzione. Si inventano format di gara anacronistici (l’ultima trovata è la cosiddetta ‘Gara Compact’, uno svilimento e uno sfregio al Nomos della disciplina stessa) o si persevera nel proporre competizioni antispettacolari quali la mass start.

Intanto l’obiettivo di avere più nazioni competitive al vertice non solo non viene avvicinato, ma si fa sempre più distante. D’altronde, perdendo Annika Sieff, perdi l’Italia. Situazione che si verifica un paio di anni dopo aver smarrito gli Stati Uniti in seguito all’addio di Tara Geraghty-Moats. Saranno anche state eccellenze uniche nell’ambito del proprio Paese, ma consentivano di avere una “bandierina in più” in cima alle classifiche.

D’altro canto, chi può fare risultato nell’ambito azzurro? Senza nulla togliere agli atleti e alle atlete attualmente impegnate nel massimo circuito, bisogna essere realisti. Agli imbonitori il compito di vendere lucciole per lanterne e agli spin doctor quello di perorare capziosamente le cause. Chi scrive non è né l’uno, né l’altro. Un’analisi obiettiva ci dice che senza Sieff, il nostro Paese non ha modo di emergere. Per chi non se ne fosse accorto, nel settore maschile veniamo da due Coppe del Mondo consecutive prive di piazzamenti individuali nella top-10, dinamica che non si verificava da tre lustri.

Peraltro, l’ultimo ingresso nelle dieci posizioni privilegiate è datato gennaio 2021 e porta la firma di Alessandro Pittin, il quale ha ormai raggiunto l’età di Cristo. Il bronzo olimpico di Vancouver 2010 è più vicino al tramonto di quanto non lo sia all’alba. Discorso simile per Samuel Costa, mai veramente ripresosi dagli infortuni alle ginocchia. Si può essere benevoli e speranzosi finché si vuole con Aaron Kostner, ma ci sono atleti di due/tre anni più giovani che hanno già vinto o sono saliti sul podio a ripetizione. Iacopo Bortolas è un prospetto interessante, ma il successo giovanile non garantisce necessariamente una brillante carriera senior.

Tra i campioni del mondo junior dell’ultimo decennio si leggono i nomi di Johannes Lamparter, Vinzenz Geiger, Jens Lurås Oftebro e Julian Schmid. Però anche quelli di Philipp Orter, Arttu Mäkiaho, Ondrej Pazout e Bernhard Flaschberger. Insomma, si passa dalla dimensione di chi è diventato protagonista assoluto a quella di chi ha fatto da comparsa, passando per tutte le gradazioni intermedie.

Quindi, “ciao Italia”. Almeno per un po’. Però si è già detto “heippa Suomi”, “au revoir France”, “goodbye Usa” e “čau Česko”. Tutte nazioni ancora formalmente presenti nella geografia della disciplina, ma il cui peso specifico si è ridotto sensibilmente. Alcune sono addirittura passate dalla preponderanza all’irrilevanza. Stati Uniti in testa. Così come la Svizzera, per la quale si può scomodare la forma di congedo “lebewohl Schweiz”. Addio, non “ciao” o “arrivederci”.

Ricapitolando, la combinata nordica è ormai in rovina e il passaggio di Annika Sieff al salto con gli sci non è l’ennesimo pezzo di cornicione che si stacca dal tetto, bensì il crollo di un’intera balconata. Se una delle cinque donne più forti del mondo se ne va perché mancano prospettive, evidentemente stiamo parlando di uno sport stagnante. Se le nazioni di vertice sono ormai solo tre (Norvegia, Germania, Austria), più qualche incursione del Giappone, evidentemente stiamo parlando di uno sport che non interessa al di fuori di questi bacini d’utenza. Se gli sponsor investono altrove, evidentemente stiamo parlando di uno sport privo di attrattiva commerciale.

Restando nell’ambito delle metafore, gli edifici possono essere ristrutturati, a volte anche abbattuti e ricostruiti. Il processo di decadimento stellare è viceversa irreversibile. Quale sarà il destino della combinata nordica? Ora come ora, si direbbe che il paragone più azzeccato sia quello del corpo celeste. Felicissimi di essere smentiti su tutto quanto appena esposto, assistendo a un’inopinata rinascita. Però come si può essere ottimisti? D’altronde, la disciplina non va in questa direzione da ieri, ma da 15 anni. Non si direbbe un periodo difficile, ma una tendenza conclamata. Quella della (auto)distruzione.

Foto: La Presse

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