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MotoGP: le case giapponesi non esistono più. L’abisso senza fine di Honda e Yamaha

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Altro che Sol Levante. Il Sole è bello che calato. In questo momento, la MotoGP vive una notte senza stelle. Almeno se la vediamo dalla prospettiva giapponese. È un dato di fatto come le Case nipponiche stiano attraversando un periodo di profonda crisi. Per la verità c’è chi proprio si è chiamata fuori dal Motomondiale. È il caso di Suzuki, ritiratasi all’improvviso (e a sorpresa) al termine della passata stagione.

Già perdere una delle tre attrici è un brutto segnale. Il guaio, però, è che anche le altre due non se la passano bene. Honda e Yamaha sono in affanno, tanto da aver quasi sconfinato nell’irrilevanza. La Casa di Iwata è diventata un peso piuma nell’economia della classe regina, mentre l’Ala non è mai stata così in difficoltà come negli ultimi anni. L’italo-tedesca Ducati spadroneggia, l’italianissima Aprilia ha acquisito una dimensione che mai aveva avuto, l’austriaca Ktm cresce progressivamente.

Allargando lo sguardo, ci si renderà conto di come la crisi non sia attinente solo alla MotoGP. Anche in Superbike Honda non tocca più palla, mentre Yamaha è destinata a perdere la propria stella Toprak Razgatlioglu, che ha preferito sposare la causa Bmw piuttosto di rinnovare con i Tre Diapason. Della serie “se non posso avere una Ducati, preferisco rischiare con i bavaresi che restare qui”. È un altro brutto segnale. Molto brutto.

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Insomma, le Case nipponiche sembrano aver perso il passo di quelle europee. Perché? Sicuramente la pandemia ha recitato un ruolo preponderante. Nel Vecchio Continente non c’è percezione di quanto serio e rigoroso sia stato l’approccio del Giappone nei confronti del morbo.  Se c’era da fermarsi, lo si faceva del tutto e lo si è fatto più di una volta. Non ci sono stati “lockdown morbidi”. Questo rallentamento forzato può aver fatto perdere qualche passo a diverse aziende.

Inoltre, i bilanci di certe strutture industriali hanno giocoforza risentito dell’accaduto. Vale per qualsiasi località del mondo. Honda, Yamaha e Suzuki sono colossi, multinazionali che vanno oltre la produzione stessa delle moto. Dunque, se c’è da far quadrare i conti, è obbligatorio effettuare dei tagli. Spiace dirlo, ma l’ambito sportivo è sempre uno dei primi a essere sacrificato. Dinamiche che magari non vengono rese pubbliche, restano nell’ambito dei consigli d’amministrazione, ma esistono. Meno soldi da investire, meno sviluppo. Meno sviluppo, meno prestazioni.

“Ha da passà ‘a nuttata” insegna Eduardo De Filippo. Come possa essere espresso in giapponese è difficile dirlo, ma il concetto è questo. Bisogna sperare che Honda e Yamaha possano recuperare il terreno perduto, tornando competitive al massimo livello. Perché un Motomondiale solo europeo non farebbe bene a nessuno. Soprattutto, bisogna ricordarsi come la categoria si sia sviluppata tra fine anni ’70 e inizio ’80 proprio grazie all’impegno diretto delle Case giapponesi e alla concorrenza generatasi tra loro. “Ha da passà ‘a nuttata”. Quando passa la nottata? All’alba, ovvero quando torna il Sol Levante.

Foto: Valerio Origo

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