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Basket: Italia-USA, la storia. Dal 1960 al 2006, i confronti e quelle gioie iridate e del 2004

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Simone Fontecchio, Anthony Edwards

La storia dei confronti tra Italia e Stati Uniti dura ormai da decenni. O, per meglio dire, dalle Olimpiadi di Roma del 1960. Tale è, infatti, il momento in cui per la prima volta la squadra tricolore si trovò ad affrontare gli States. Che, al tempo, non mandavano i giocatori della NBA per diversi motivi: l’odierna lega professionistica americana era ancora in lotta con altre associazioni, su tutte la ABA, per detenere il ruolo di massima esponente del meglio della pallacanestro a stelle e strisce. Inoltre, v’era il nodo proprio del professionismo, ragion per cui, se in qualche modo gli europei spedivano spesso i migliori, dagli USA arrivavano universitari, facenti parte di altre leghe (come l’Amateur Athletic Union) e finanche giocatori dell’aviazione.

Torniamo a Roma ’60. C’erano due palazzi dello sport nuovi per la città, il Palazzetto dello Sport, poi diventato noto come Palazzetto di Piazza Apollodoro, di Viale Tiziano, o più semplicemente PalaTiziano dalla fusione dei nomi, e il PalaEur, al tempo il secondo più grande e capiente al mondo, che ancora oggi troneggia sulle viste del celebre quartiere capitolino. E c’erano anche i primi due Italia-USA. Uno, nel girone, finì 54-88, l’altro, nel raggruppamento finale, 81-112. In quegli States c’erano figure del calibro di Jerry West e Oscar Robertson, che non necessitano di presentazioni. La nostra Nazionale aveva in campo Sandro Gamba, Sandro Riminucci e Gianfranco “Dado” Lombardi, poi diventati figure importanti dall’altra parte del parquet nei loro vari ruoli.

Doppio confronto anche ai Mondiali del 1963, i primi disputati dall’Italia: gli States nelle rassegne iridate storicamente mandavano rappresentative meno qualificate, ma pur sempre con validi giocatori (Willis Reed è un esempio). Finì 77-87 e 73-101. Ancora sconfitte ai Mondiali 1967 in Uruguay (56-67) e alle Olimpiadi del 1968 (61-100; gli States avevano una squadra di enorme talento), poi, nel 1970, la prima storica vittoria a livello iridato. Fu il 66-64 con gancio appoggiato al tabellone di Renzo Bariviera a sei secondi dal termine a dare la vittoria contro i collegiali, dov’era un diciassettenne Bill Walton. Che si “vendicarono”, con ben altra squadra, nel 1972 alle Olimpiadi di Monaco di Baviera, che in campo cestistico sono note per la finale. Fu 38-68, poi l’Italia perse il bronzo con Cuba per un solo punto.

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Negli anni successivi, all’interno dei ’70, furono organizzati vari tornei internazionali, alcuni sotto il nome di Coppa Intercontinentale. In questi le varie selezioni americane, che potevano o meno prendere il nome di USA, prevalsero cinque volte, tre lo fece l’Italia. In mezzo, i confronti ufficiali di Montreal 1976 (86-106) e dei Mondiali 1978 proprio nelle Filippine, che videro la seconda vittoria dell’Italia per 81-80.

Gli anni ’80, al di là di varie formazioni (NIT, Marathon Oil), videro il confronto ufficiale vero e proprio nel 1986, ai Mondiali spagnoli. Erano gli USA di David Robinson contro l’Italia del duo Riva-Magnifico; finì 64-86. Non si poteva ancora sapere, ma quella fu la penultima volta contro formazioni dilettantistiche o universitarie. L’ultima si ebbe ai Goodwill Games del 1990, a Seattle, con dentro figure andate da Alonzo Mourning fino al compianto Henry Williams. Quel 76-113 fu l’ultimo passo prima dell’arrivo degli NBA (e togliendo qualche confronto con selezioni ulteriori universitarie mandate in giro per il mondo, una delle quali fu incontrata dagli azzurri con dall’altra parte del parquet Jason Kidd e Travis Best). Gli universitari, per esempio, erano ancora presenti ai Goodwill Games 1994 (81-72 per gli azzurri in cui già spiccava il talento di Gregor Fucka, ma v’era anche Paolo Moretti), in una formazione nella quale coesistevano Tyus Edney e Jerome Allen, future stelle del campionato italiano, e Tim Duncan, che di lì a poco avrebbe iniziato una carriera leggendaria.

Poteva essere il 1998 l’anno del primo confronto con gli NBA. Problema: lockout della lega con la serrata dei proprietari e utilizzo di giocatori a metà tra collegiali e figure di primo piano in Europa, a guida Rudy Tomjanovich. L’amichevole organizzata al PalaEur richiamò comunque un suo buon pubblico, finì 75-80. Non si poteva sapere che dal 25 luglio al 7 agosto di tempo ne sarebbe passato poco, con la beffa iridata di Atene per 77-80 con una partita che era stata a lungo guidata.

E veniamo alle ultime tre occasioni, stavolta davvero con i giocatori della National Basketball Association. La prima volta nella storia: Sydney 2000, Olimpiadi. Jason Kidd, Alonzo Mourning, Vince Carter (che poi saltò sopra i 215 cm di Frederic Weis per la “schiacciata della morte”), Ray Allen, Kevin Garnett, Gary Payton. Ce n’era, di talento. Gli azzurri, ed era la seconda partita del girone, ressero a lungo e ben più che bene nonostante pessime percentuali dall’arco. Poi, dalla metà del primo tempo (c’erano ancora le due frazioni da 20′, ancora per pochissimo), fine dei giochi e 61-93.

Nessuno era pronto a immaginare che, quattro anni dopo, il 3 agosto 2004, alla Kolnarena di Colonia, sarebbe successo qualcosa di clamoroso. L’Italia di Charlie Recalcati, con in campo un Gianluca Basile nell’estate più spettacolare della propria carriera, non solo vinse con gli NBA, ma li travolse. E si guadagnò gli applausi del pubblico tedesco, che fino a due ore prima esaltava i vari Allen Iverson, Tim Duncan. Erano loro i leader designati, per esperienza. Ma, allora, LeBron James, Carmelo Anthony, Dwyane Wade, erano tutti in uscita dal primo anno. La combinazione di situazioni, e di una serata stellare di Giacomo Galanda da 28 punti, scrisse 95-78. La prima, storica vittoria contro i pro d’oltreoceano, la quarta sconfitta degli NBA in assoluto. Alle Olimpiadi, peraltro, i presagi si confermarono: Italia argento, USA bronzo. D’oro fu l’Argentina, e cominciò l’era di quella magnifica squadra che era la Generacion Dorada, che ha vissuto l’ultimo colpo di coda nel 2019.

Due anni dopo, a Sapporo, c’era logicamente fiducia negli azzurri. Che erano prossimi, a metà gara, a rifare il colpo: +10 all’intervallo e +12 dopo la schiacciata di Marco Belinelli in transizione (fu lì che si guadagnò una buona fetta di 18a scelta al draft 2007, se non fosse che i Golden State Warriors, nella persona di Don Nelson, gli fecero passare le pene dell’inferno). Solo che stavolta Carmelo Anthony ebbe un moto d’orgoglio, forse si ricordò del 2004 e iniziò a mettere dentro qualsiasi cosa, da dentro e fuori l’arena di Sapporo. Finì 84-95, agli USA non servì per vincere l’oro, visto che comparve la Grecia del suo biennio più mirabile con una partita che è oggi un classico del basket internazionale, ma l’Italia si confermò. O meglio, si sarebbe confermata se non si fosse incagliata in un finale insensato per quantità di errori in lunetta contro la Lituania.

Oggi si replica, dopo 17 anni. Del 2004 è rimasto (in panchina) Gianmarco Pozzecco, che s’inchinò dopo aver seminato “The Answer” Iverson, del 2006 non c’è più nessuno (in campo, ma in attività sì). Italia-USA è di nuovo il momento del destino: c’è in palio l’approdo alle semifinali dei Mondiali. Ed è una storia tutta da scrivere.

Foto: fiba.basketball

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