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Ciclismo, l’allarme di Visconti: “I ragazzini si sentono già arrivati. In Sicilia e al Sud si faccia qualcosa”

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Giovanni Visconti

Giovanni Visconti si è ritirato nel marzo del 2022 a causa di problemi fisici che lo frenavano da molti mesi ma il ciclismo continua ad essere al centro della sua vita, infatti dallo scorso anno collabora come voce tecnica della RAI.  Nato a Torino il 13 gennaio del 1983, Visconti è cresciuto a Palermo e poi – come il suo amico e rivale Vincenzo Nibali – ha scelto la Toscana da ragazzo per diventare corridore e sul San Baronto ha messo casa e famiglia.
Campione europeo Under 23 nel 2003 ad Atene, Visconti è passato professionista nel 2005 con la Domina Vacanze, l’anno successivo alla Milram, poi due stagioni alla Quick Step, tre alla corte di Scinto e Citracca, cinque alla Movistar, due alla Bahrain, altre due con Scinto e Citracca e infine due alla Bardiani CSF Faizané. Un campione che forse avrebbe potuto vincere di più ma che è sempre stato apprezzato nelle squadre in cui ha militato e che anche in appoggio di grandi campioni ha svolto un ottimo lavoro. Tra i suoi successi più prestigiosi tre titoli italiani, due tappe al Giro d’Italia del 2015, un Giro dell’Emilia, un Giro di Toscana, una Coppa Agostoni, un Trofeo Melinda, oltre ad aver conquistato per tre anni consecutivi, dal 2009 al 2011, la classifica dell’Uci Europe Tour: “La maglia tricolore è qualcosa di speciale, sono state le vittorie che mi hanno fatto fare la carriera che ho fatto. La vittoria di Vicenza nel 2013 al Giro d’Italia però ha è stata fantastica e a livello tecnico è stata in assoluto la più bella. Il Giro dell’Emilia lo porto nel cuore e quindi oltre i tre titoli italiani ricordo queste in maniera speciale“.

Come ti vedi nel nuovo ruolo di commentatore tecnico?

“A me piace, se ci sarà la possibilità mi piacerebbe esserci anche il prossimo anno”. 

La Sicilia ha avuto ottimi corridori come te e Nibali, perché da qualche anno invece fatica a produrre nuovi talenti?

“In effetti ci siamo un po’ fermati e la questione è che ai tempi miei, di Vincenzo e Damiano (Caruso, ndr) i social non erano così evoluti e purtroppo oggi i giovani hanno sempre meno voglia di fare fatica e sacrifici e in una terra come la Sicilia devi fare il triplo della fatica e quindi lo vedi come un traguardo impossibile da raggiungere. La Sicilia stessa poi non sfrutta i suoi vecchi talenti per rilanciare il ciclismo”. 

La sensazione è che fare ciclismo al Sud sia sempre più difficile ed i numeri stiano diminuendo: come si potrebbe porre rimedio?

“Un rimedio veloce non c’è, ma bisognerebbe cominciare a fare qualcosa, cominciando a sfruttare o almeno sentire le vecchie risorse, quindi andare nelle scuole, motivare i ragazzi, fare vedere il bello del ciclismo. Mancano anche i soldi e quindi è difficile organizzare le gare”.

Che bilancio possiamo trarre da questo 2023 per la nostra Italia? 

“E’ un bilancio positivo, ma dobbiamo vedere qualche numero in più dai giovani e quindi parlo di corridori che hanno 20 anni. E’ un bilancio stabile, quelli buoni che abbiamo li prendono le squadre estere e spesso vengono messi meno in risalto”. 

Si parla molto dell’assenza di una squadra World Tour italiana. Quanto pensi possa influire? 

“Bisogna prima partire dalla Professional, ma con un punto di vista come quello delle squadre di sviluppo delle World Tour che oggi sono più forti delle Professional sfornando tanti talenti. Bisognerebbe quindi avere una Professional fatta bene, stile Tudor che ha un grande progetto ed è una formazione ambiziosa. Manca una Professional che lavori con l’obiettivo World Tour e non solo per rimanere lì stabile. E’ vero anche che mancano le risorse, ma forse bisognerebbe provare a muoversi diversamente”. 

Qual è l’errore che molti dei nostri giovani compiono nel passaggio tra i professionisti?

“L’errore non è tanto dalla loro parte, ma di chi li ha avuti da giovani e quindi da chi sono stati gestiti e poi dalle famiglie. Questo farli sentire subito al top come dei professionisti senza pensare al futuro è un grave errore perché un ragazzino si sente già arrivato e quando poi compie il salto tra i professionisti non ha più margine di miglioramento”. 

Andrea Bagioli ti somiglia come tipo di corridore? Che idea ti sei fatto di lui?

“Sì, Bagioli sta dimostrando di essere anche migliore di me nelle Classiche, ma quello che gli manca è la costanza. In questi anni gli è mancata la continuità, ha delle doti fantastich,e ma deve lavorare ai fini di una maggior costanza. Andrea è uno dei pochi che può vincere grandi corse”.

Avevi un grande talento, ma cosa ti è mancato per essere ancora più competitivo e vincere una grande classica Monumento?

“Mi è mancato vincere una Classica,  forse dovevo avere più fiducia nei miei mezzi. Nel mio cammino non ho avuto la fortuna di trovarmi al posto giusto nel momento giusto. Ho vinto 34 corse non essendo quasi mai leader e quindi quando avevo le possibilità sono riuscito a sfruttarle quasi sempre bene”. 

C’è il nome di un corridore italiano che ti sentiresti di fare per le corse a tappe?

“In questo momento la vedo dura, siamo in un momento storico dove per le corse a tappe possiamo correre per una top10. Non ho visto numeri pazzeschi al momento, un Ciccone che non è più così giovane farebbe bene a concentrarsi sulle tappe o sulla maglia dei GPM. Tiberi è un buon corridore, ma in questo momento è lontano da una top5 in un Grande Giro, speriamo che possa crescere nei prossimi anni”. 

Il ciclismo italiano femminile, dopo il boom del 2022, ha vissuto un annata di flessione. Cosa dobbiamo attenderci nel 2024?

“Il ciclismo femminile ci ha regalato tante gioie ma sono sempre le stesse ragazze. Vedo poche giovani con la cattiveria agonistica delle nostre campionesse, vedo poco ricambio generazionale. Non so quindi cosa aspettarmi dalla prossima stagione, ma spero che non si verifichi quello che da un po’ di anni sta succedendo nel ciclismo maschile”. 

Foto: Lapresse

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