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L’Italia non esiste più: niente cambierà, ricambi inesistenti, incapacità e un futuro ancora peggiore

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Spalletti
Spalletti / Lapresse

Ieri si è scritta una delle pagine più nere della storia del calcio italiano. Questa frase, ad eccezione del 2021, la stiamo scrivendo con una ricorrenza tale da diventare, purtroppo, una triste consuetudine. Non vogliamo però vendervi false speranze o illusioni: il futuro che ci attende è anche peggiore di un presente sconcertante.

Cambierà qualcosa? Vi diamo una risposta con un’altra domanda: è forse cambiato qualcosa dopo le due mancate qualificazioni ai Mondiali 2018 e 2022? Ecco, vi siete risposti da soli. E anche questa volta andrà nello stesso modo. Ci sarà un po’ di polverone per 2-3 giorni, poi tutti si dimenticheranno della Nazionale, l’attenzione sarà spostata sul calciomercato, con i club nostrani che, attratti da presunti affari con portafogli sempre più vuoti, arricchiranno la collezione di stranieri della Serie A. D’altronde come si può sperare in un cambiamento, quando un commissario tecnico, dinanzi ad un disastro epocale, non solo non riesce a dire “ho sbagliato”, non solo non rassegna le doverose dimissioni, ma addirittura ci tiene a sottolineare che non ci pensa nemmeno ad andarsene? E lo stesso discorso vale per il presidente federale. Gli interessi personali sono al primo posto, della Nazione non interessa ormai più niente a nessuno. Da tanto tempo.

L’Italia, in una grande competizione (Europei o Mondiali), se si escludono fasi a gironi e finali, non perdeva una partita nei 90 minuti regolamentari tra ottavi e semifinale addirittura da 38 anni, quando la Francia di Platini ci impose un secco 2-0 agli ottavi di Messico 1986. Da allora o abbiamo vinto (2006 e 2021) o siamo stati eliminati nella fase a gironi o abbiamo perso le finali (1994, 2000 e 2012) oppure sono stati i rigori ad interrompere il nostro cammino prima dell’atto conclusivo (1990, 1998, 2008, 2016). Questo la dice lunga su quanto l’Italia sia stata storicamente una squadra difficilissima da battere nelle partite da dentro o fuori, capace di andare sovente oltre i propri limiti. Tutto questo è un lontano ricordo: quello che ci resta dopo ieri è una squadra scialba, impresentabile, incapace di lottare, rassegnata ad un destino ineluttabile. Eravamo una potenza del calcio, oggi siamo una nobile decaduta alla stregua di una Ungheria qualsiasi. La verità fa male, ma non si può nascondere. Spalletti ha cambiato modulo in ogni partita, mandando in totale confusione i giocatori. Ma guai ammetterlo, molto più facile cercare i patetici alibi delle poche partite giocate rispetto ai predecessori o, addirittura, delle alte temperature…

Da chi si riparte dunque per provare ad evitare una terza mancata qualificazione ai Mondiali 2026? La risposta è: da nessuno. Non esiste una soluzione immediata al problema. Quando si è malati, occorre una cura per rimettersi in salute. Ma senza cure, il fisico è destinato a peggiore definitivamente, fino a perire. Ed è quanto sta accadendo alla Nazionale italiana, perché nessuno ha intenzione di mettere in atto una cura. Nessuno imporrà l’obbligo di schierare un numero minimo di azzurri in Serie A; nessuno investirà veramente nella formazione dei giocatori sin da bambini e nei settori giovanili, dove anzi sempre più vengono valorizzati calciatori che arrivano dall’estero. Gli italiani diventeranno sempre più merce rarissima, in via d’estinzione. E non è lontano il giorno in cui i ct dovranno iniziare a pescare anche dalla Serie B per poter riuscire a costruire una rosa. L’ex-ct Mancini aveva intuito il problema, con un bacino da cui pescare sempre più risicato; per ampliarlo aveva deciso di ricorrere agli oriundi, andando a ricercare prospetti con antenati italiani in giro per il mondo. Se il risultato è l’aver arruolato Retegui, allora si comprende come anche quella non fosse la soluzione giusta.

L’Italia non si qualifica alle Olimpiadi dal 2008, ai Mondiali dal 2014. Ormai tutti i nostri sport di squadra si qualificano per le rassegne iridate, anche la pallamano ci è riuscita; ma non il calcio. La vittoria insperata degli Europei 2021 ci aveva fatto sentire più forti di quanto fossimo in realtà: fu un miracolo che ebbe come effetto collaterale quello di camuffare gli endemici problemi che ci portiamo dietro da ormai quasi un ventennio.

Da chi si riparte? Questi i convocati per le ultime qualificazioni agli Europei U21 del 2025.

PORTIERI

Sebastiano Desplanches (Palermo)
Filippo Rinaldi (Olbia)
Gioele Zacchi (Giana Erminio)

DIFENSORI

Riccardo Calafiori (Bologna)
Diego Coppola (Hellas Verona)
Daniele Ghilardi (Sampdoria)
Michael Olabode Kayode (Fiorentina)
Lorenzo Pirola (Salernitana)
Matteo Ruggeri (Atalanta)
Riccardo Turicchia (Juventus)
Mattia Zanotti (San Gallo)

CENTROCAMPISTI

Alessandro Bianco (Reggiana)
Edoardo Bove (Roma)
Cesare Casadei (Chelsea)
Giovanni Fabbian (Bologna)
Jacopo Fazzini (Empoli)
Luis Hasa (Juventus)
Fabio Miretti (Juventus)
Cher Ndour (Braga)
Matteo Prati (Cagliari)
Franco Tongya (Aek Larnaca)
Cristian Volpato (Sassuolo)

ATTACCANTI

Giuseppe Ambrosino (Catanzaro)
Tommaso Baldanzi (Roma)
Lorenzo Colombo (Monza)
Francesco Pio Esposito (Spezia)
Wilfried Gnonto (Leeds)
Gaetano Pio Oristanio (Cagliari)

Questo elenco, amici di OA Sport, è emblematico della nostra situazione attuale. Di questi il solo Calafiori era di un livello veramente alto, non a caso è stato convocato per gli Europei. Di tutti gli altri, ad oggi, nessuno è all’altezza di una convocazione in Nazionale maggiore, se non forse il solo Ruggeri dell’Atalanta. Dove sono i ricambi? Non esistono…Kayode, dopo uno scorcio di stagione da titolare alla Fiorentina, è stato subito accantonato. Ghilardi è interessante, ma milita in Serie B; Pirola e Coppola hanno denotato limiti importanti; Fabbian ha mostrato buone cose a Bologna, ma spesso da subentrante; Miretti non è mai sbocciato, così come Bove, Ndour resta un oggetto misterioso; Prati si era meritato la fiducia di Ranieri a Cagliari, salvo venire declassato dopo qualche mese a riserva fissa; Tongya gioca nel campionato cipriota; e che dire di Casadei, capocannoniere dei Mondiali U20 nel 2023 e poi completamente sparito dai radar, dopo essere finito nei meandri della Serie B inglese? L’attacco poi è da brividi, con Colombo che segna con il contagocce, Gnonto che non ha mai trovato una sua dimensione, Baldanzi che ha tecnica, ma forse non il fisico per giocare a certi livelli. L’annunciato ‘fenomeno’ Pafundi è dovuto emigrare in Svizzera: da noi non c’era posto per lui. Da dietro è in arrivo un giovane bomber che fa ben sperare come Camarda. Ha 16 anni: nel Barcellona sarebbe probabilmente titolare, al Milan temiamo che possa fare le ragnatele tra panchina o una esperienza poco formativa nella squadra B che giocherà in Serie C. Signori, questo passa il convento. E non illudetevi quando leggete di vittorie azzurre agli Europei U19 e U17: di quei giocatori, e lo racconta la storia, non di certo OA Sport, solo una percentuale risibile arriva a militare stabilmente in Serie A. Nulla cambierà, rassegniamoci a vivere di ricordi. Perché il calcio italiano che conoscevamo non esiste più.

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