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Spalletti fa mea culpa: “Sono il primo responsabile. Resto e voglio ringiovanire la squadra”

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Luciano Spalletti
Spalletti / LaPresse

C’è tanta amarezza in casa Italia all’indomani della brutta sconfitta 2-0 contro la Svizzera negli ottavi di finale degli Europei 2024 di calcio in Germania. Day after in cui il presidente della FIGC Gabriele Gravina ha confermato Luciano Spalletti sulla panchina della Nazionale fino al 2026, rispettando dunque il contratto triennale firmato la scorsa estate.

Mi fa piacere ringraziare i tifosi della vicinanza e dell’amore che ci hanno dimostrato, i giocatori per la disponibilità a tentare di mettere in pratica quello che ho chiesto e soprattutto lo staff di tutta la Federazione, nella qualità e nella disponibilità a trovare soluzioni per qualsiasi piccolo problema potesse venire fuori. Non è stato possibile vedere il loro livello di qualità perché rimangono intrappolati in quella che è l’idea generale che si fa attraverso un risultato, ma loro sono dei top collaboratori“, dichiara Spalletti in conferenza stampa.

Sono quello che ha più responsabilità di tutti. Sono stato sempre attento nella mia vita a guardare quello che c’è da fare successivamente. Indietro non ci posso tornare, chiaro che da quello che si è visto qualcosa l’ho sbagliata. Ho tentato di ringiovanire un po’ la squadra. Siccome rimango qui, questo in futuro sarà fatto ancora di più. Non abbiamo visto il miglior Spalletti in questi 10 mesi, se no non sarei qui a fare certi discorsi oggi“, spiega l’ex allenatore del Napoli Campione d’Italia 2022-2023.

Leggo che mi hanno attribuito d’aver alzato troppo i toni e uso di miti da seguire. Ma io ho degli esempi da seguire. Ci sono ancora molte cose da far vedere. Bisogna anche essere onesti nel racconto di queste partite fatte: io sono arrivato in un momento di urgenza di risultati e per quello che necessitava il momento siamo stati bravi fino a un certo punto. Non siamo riusciti a crescere in questo mini-percorso fatto e ieri è una partita dove si è fatto un passo indietro importante, che non si può accettare. Però si riparte da lì e io penso di sapere cosa bisogna fare“, prosegue il tecnico toscano.

Giocatori del valore di Chiellini o Bonucci diventa difficile trovarli, ma si è visto anche che, dando spazio e possibilità a calciatori come Calafiori, si possono trovare dei leader importanti dentro il campo, al di là di quella che può essere l’esperienza vissuta in Nazionale. E noi dobbiamo fare questo percorso, andare dritti a credere che ci siano delle potenzialità che passano attraverso il gioco, le azioni e non i discorsi. Sapevamo di avere un girone con difficoltà massimali, perché lo racconta anche la storia che sono squadre organizzate, di esperienza. Noi siamo come esperienza fatta e come età media una delle più giovani, tra le prime 5-6, addirittura la penultima come presenza dei giocatori convocati in questa competizione. Però era una scelta che avevamo fatto, ci si aspettava più reazione. Fino alla qualificazione tutto sommato c’è stato un adattamento, una reazione nelle partite che è stata differente da quella che abbiamo visto ieri“, dice il CT azzurro.

Sul rapporto con i giocatori:Dopo tutti i giorni sono andato sempre al confronto con la squadra, ho sempre detto che bisogna vedere con i loro occhi e sentire con le loro orecchie quando si gestisce un gruppo. Il dialogo diventa fondamentale. L’ho sempre fatto da quando indosso la tuta di allenatore e non ho visto criticità particolari a proposito del rapporto. Ho detto che son stato troppo addosso nel senso che ho dato sempre il 100%. Mi è sembrato tutto abbastanza normale, perché poi da situazioni del genere ci sono passato. Quando lotti per non retrocedere dalla C1 alla C2 è la stessa cosa. Cambia il volume perché c’è la maglia azzurra in palio, ma le nostre condizioni sono le stesse, al di là della categoria che poi la fa lo spettatore, l’amore che c’è intorno. E la maglia dell’Italia è il massimo che si può aspirare dal punto di vista della pressione“.

Sulle differenze tra il ruolo di allenatore e quello di CT:Sono oggettive. In un club oggi a un giocatore gli dico una qualcosa, domani per avere una reazione gli faccio un complimento, poi lo faccio giocare e lo rimetto se fa male. Qui non lo puoi fare, non c’è questa possibilità di giocare in maniera psicologica con la mente del soggetto e con la sua esperienza. Se queste differenze hanno portato delle complicazioni devo far presto anch’io a correggere e imparare cose nuove”.

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