Artistica
Ginnastica artistica, “vola solo chi osa farlo”: Italia rivoluzionata in vent’anni, creare una squadra e sognare una medaglia olimpica
Venti anni fa l’Italia non si era qualificata alle Olimpiadi di Atene 2004 con la squadra femminile di ginnastica artistica. Fu un salto indietro dopo la presenza a Sydney 2000, che faceva seguito a tre decenni di assenza dai Giochi: semplicemente ai tempi il settore rosa della Polvere di Magnesio era ai minimi termini. La mancata partecipazione nella capitale greca fece parecchio clamore e fu la conseguenza di una gestione tecnica che ancora oggi lascia parecchi dubbi, culminata nei deludenti Mondiali di Anaheim che nell’agosto del 2003 misero in palio i pass per la rassegna a cinque cerchi.
Le ragazze erano tutt’altro che di secondo piano, anzi: Maria Teresa Gargano, Ilaria Colombo e Monica Bergamelli avevano conquistato la medaglia di bronzo agli Europei dell’anno prima alle spalle di Russia e Olanda, salendo sul podio continentale per la prima volta nella storia. Purtroppo negli USA le azzurre non riuscirono a meritarsi il biglietto per l’evento più importante del quadriennio. In quel momento la storia della ginnastica artistica tricolore declinata al femminile ha deciso di prendere una svolta radicale ed è la nata la convinzione che qualcosa sarebbe potuto cambiare, non si poteva restare soltanto all’ombra dei Moschettieri.
Ginnastica artistica, l’Italia conquista la terza medaglia alle Olimpiadi: Fate nell’eternità
Da Pechino 2008 la nostra Nazionale è sempre stata presente con l’intera formazione, ma quello che ci si era messi in testa venti anni fa non era la semplice partecipazione: l’obiettivo era quello di provare a lottare per una medaglia nella gara a squadre, ovvero la prova regina, quello che misura la caratura del movimento ginnico di un intero Paese. Era oltre l’ambizioso, sembrava un sogno improbo in un panorama dominato da Russia, Romania, USA e altre potenze. Una follia sportiva a onore del vero, ma con la solida consapevolezza che bisognava lavorare duramente per incrementare le difficoltà, migliorare le esecuzioni, creare un gruppo solido.
Il trionfo agli Europei del 2006 fu sicuramente emblematico, ma le Olimpiadi sono un’altra cosa. La poco brillante condizione fisica di Vanessa Ferrari impedì il grande risultato a Pechino 2008, a Londra 2012 arrivò la prima storica finale, a Rio 2016 non arrivarono grandi gioie, a Tokyo 2020 il podio sfumò per una manciata di decimi. A Parigi 2024 si è coronato il lungo inseguimento: lo si è fatto curiosamente con tre ragazze della classe 2003 (Alice D’Amato, Elisa Iorio e Giorgia Villa erano nate da pochi mesi quando le azzurre vennero respinte ad Anaheim) e con due ginnaste della classe 2006 (Angela Andreoli era venuta al mondo da pochi mesi quando Vanessa Ferrari si laureò Campionessa del Mondo all-around, Manila Esposito sarebbe arrivata soltanto un paio di settimane dopo l’apoteosi di Aarhus).
Lo si è fatto con Monica Bergamelli in campo gara da allenatrice dopo che venti anni prima aveva il body indosso, lo si è fatto con coach Marco Campodonico a guidare le Fate in pedana, lo si è fatto con un impeccabile Enrico Casella nel ruolo di Direttore Tecnico. Il Guru della Polvere di Magnesio alle nostre latitudini: ci credeva fermamente due decenni fa, ha colto i grandi successi insieme a Vanessa Ferrari ed è poi riuscito a creare questo gruppo. Una vera e propria famiglia nata a Brescia: le gemelle D’Amato (Asia purtroppo era assente a Tokyo per infortunio), Villa, Iorio sono della stessa annata, si sono trasferite da piccole al PalAlgeco, poi è arrivata anche Andreoli (ma lei è originaria della città) e si è aggregata anche Esposito. Crescendo insieme, allenandosi insieme, vivendo insieme (ora le più grandi condividono anche un appartamento) tutto è diventato più facile.
Una sana “ossessione” della medaglia a cinque cerchi passata per il bronzo ai Mondiali nel 2019 e per due trionfi agli Europei (2022 e 2024), per qualche piazzamento ai piedi del podio, per qualche infortunio, per qualche delusione, ma soprattutto con tantissimo lavoro alle spalle: prima per avere i doppi avvitamenti al volteggio, poi per incrementare i D Score alle parallele, poi per stabilizzare le prove alle trave, poi per migliorare l’espressività al corpo libero.
Un lavoro di squadra e di uno staff encomiabile, che ha portato l’Italia a essere un punto di riferimento a livello globale alle spalle soltanto degli USA: un Paese con soltanto 130.000 tesserati (circa, ma la maggior parte sono dei semplici amatori e il dato mescola tutte le discipline, ritmica, aerobica, acrobatica, trampolino, GpT comprese): sarà questa l’eredità di Enrico Casella, che dovrà essere portata avanti da Campodonico e Bergamelli nel prossimo futuro. Il movimento è in grandissima salute, le giovani non mancano, il tasso tecnico è elevatissimo. Perché i sogni non finiscono mai: non è che a qualcuno sia balenata in testa l’idea di battere le americane a casa loro alle Olimpiadi di Los Angeles 2028? Stiamo parlando del surreale, ma…
Manila Esposito, la più giovane medaglia italiana alle Olimpiadi. Funambolo dopo il dominio europeo