Ciclismo
Savoldelli: “Pogacar ha cambiato qualcosa dopo le sconfitte al Tour. Finn ha qualità, ma è presto”
Paolo Savoldelli è stato uno dei grandi del ciclismo italiano negli anni Duemila. Un passista-scalatore che vinse per due volte il Giro d’Italia (2002 e 2005) e giunse secondo nel 1999. Soprannominato ‘Il falco’, il classe 1973 era un discesista sopraffino, tanto da venire considerato uno dei migliori interpreti della storia in questo fondamentale.
Con il campione bergamasco abbiamo analizzato alcuni dei temi caldi del ciclismo attuale: dal monopolio di Tadej Pogacar, sino al processo di crescita di alcuni dei prospetti più interessanti del panorama italiano.
Pogacar sta aumentando l’interesse per il ciclismo o il suo dominio rischia di renderlo noioso?
“Lo sta aumentando, perché alla gente piace che vinca sempre lo stesso. Fa ancora più sensazione quando uno è atteso e puntualmente vince. Quando attacca e va via toglie incertezza alla corsa, però questa superiorità impressiona e non si vedeva da anni“.
Merckx è arrivato a dire che Pogacar è più forte di lui. Qual è il tuo pensiero?
“Ci sono stati altri anni dove c’erano dei campioni, come ad esempio Contador, che monopolizzavano le corse a tappe. La differenza di Pogacar è che lui va forte anche nelle corse di un giorno e sul pavé. Lo sloveno è come Merckx e Hinault, uno di quei corridori che nascono una volta ogni 50 anni“.
Quanto a lungo durerà il dominio di Pogacar?
“Gimondi mi diceva che quando Merckx andava forte, se prendevi 20 metri non riuscivi più ad andargli sotto. Adesso il ciclismo è cambiato. Pogacar atleticamente è arrivato nei 2-3 anni all’apice della carriera. Non so però se durerà tanto come prima“.
Cosa ha portato Pogacar ad essere così superiore a tutti nel 2024?
“Nell’analizzare il Pogacar atleta, ha sempre fatto cose fuori da ogni canone, come quando fece terzo al debutto alla Vuelta o vinse il Tour de France al primo tentativo. Lui continua a migliorare anno dopo anno. Da quello che so io, era uno che andava avanti un po’ a pane e salame, non seguiva l’alimentazione. Dopo le due sconfitte al Tour contro Vingegaard ha capito che doveva cambiare qualcosa e ha fatto un altro salto di qualità. Pesava sempre 66 kg, quest’anno è diventato 64. Prima vinceva senza essere al 100%“.
L’Italia potrebbe aver trovato in Lorenzo Finn il corridore da corse a tappe che cercava?
“Lorenzo Finn ha iniziato tardi a correre, in poco tempo ha vinto tante gare in salita. Mi sembra che faccia parte di un gruppo all’avanguardia, quindi sicuramente è già in linea con tutto. Abbiamo già visto in passato Palumbo e Ulissi vincere i Mondiali juniores, senza però replicarsi tra i professionisti. Ci sono corridori che nel professionismo fanno fatica con i lunghi chilometraggi. Si capirà più avanti se Finn diventerà un astro nascente, non è scontato“.
Nel frattempo bisogna aggrapparsi a Tiberi, Pellizzari e Piganzoli.
“Nel ciclismo attuale ci sono 4-5 corridori che, quando sono in gara, diventa difficile vincere, perché sono degli extra-terrestri. Parlo di Pogacar, Evenepoel, Vingegaard, Van der Poel e Van Aert. Tiberi, che sta migliorando, se si trova davanti uno di questi in una corsa a tappe, la cosa si complica non poco. Noi non abbiamo il fuoriclasse che stacca tutti. Evenepoel aveva dimostrato una superiorità mostruosa a livello juniores, Finn ha mostrato qualcosa di simile e potrebbe essere uno di quelli che in un futuro farà il salto. Da capire però se sia già all’avanguardia con la dieta e tutto il resto, perché questo potrebbe consentirgli di avere maggiori margini di miglioramento“.
Tua figlia Marika non ha seguito le tue orme, ma è una promessa dello snowboardcross. Come le è nata questa passione?
“Le è nata perché abitiamo in montagna a Colere. Andava a sciare, poi ha provato lo snowboard e le è piaciuto. È brava, adesso deve riuscire a fare il salto di qualità, che è la cosa più difficile“.