Boxe
Guido Vianello: “Entro un anno la chance per il Mondiale. Con Dubois me la gioco, in America c’è meritocrazia”
Guido Vianello è soprannominato ‘Il Gladiatore’. Da ormai sei anni ha scelto l’America per coltivare il grande sogno di diventare campione del mondo dei pesi massimi. Lo ha fatto con umiltà, partendo da zero e sobbarcandosi tanta dura gavetta. Non tutto è stato semplice, non sono mancati i passi falsi inattesi, ma il pugile romano ha saputo incassare i colpi inferti dalla vita, ripartendo sempre più forte di prima.
A 30 anni, Vianello è oggi una delle grandi speranze per rilanciare la boxe in Italia. Nella stagione in corso ha rubato l’occhio con dei miglioramenti evidenti dal punto di vista tecnico e fisico. Se la sconfitta contro Efe Ajagba aveva lasciato più di qualche dubbio tra gli addetti ai lavori, il nitido successo contro il russo Arlslanbek Makhmudov ne ha rilanciato a dismisura le quotazioni.
L’azzurro viene considerato dagli addetti ai lavori internazionali come uno dei pesi massimi emergenti più interessanti. La strada è tracciata: se Vianello continuerà nella progressione intrapresa, presto potrebbe materializzarsi la grande occasione per una corona.
In questo momento rappresenti la grande speranza per riavvicinare gli italiani alla boxe. Senti la responsabilità o per te si tratta di uno stimolo ulteriore?
“Si tratta esattamente di quello che ho in mente io. Per raggiungere il traguardo di rappresentare un Paese, bisogna fare le cose fatte bene e non bruciare le tappe. Vorrei essere il Sinner della boxe italiana: è raggiungibile come obiettivo, niente è impossibile per me. La mia priorità è vincere sul ring. Io parlo poco, perché prima devono arrivare i risultati, come piano piano stanno arrivando. Nella mia testa io non ho fatto ancora niente, inizio ora. Non ho nessuna responsabilità perché penso a me stesso. Così levo lo stress e le preoccupazioni delle altre persone. Sto facendo questo percorso per me stesso, con amore. Sono sereno, felice e concentrato“.
L’ultimo anno è stato per te molto intenso.
“È stato un grande anno per me. Mi sono messo a posto fisicamente e ho iniziato a lavorare sull’aspetto mentale, sulla consapevolezza di me stesso. Ho fatto 4 match in 10 mesi. Per ogni match lavoravo su un determinato obiettivo. Tutto quello che ho fatto, fa parte di una costruzione precisa. Con Ajagba meritavo di più, ma potevo anche fare io qualcosa di più, senza aggrapparmi agli arbitri. Io faccio subito autocritica. In questo modo mi costruisco nel migliore dei modi. Sapevo che con Makhmudov i miei mezzi erano forti. Ho fatto un training camp impegnativo a Las Vegas, c’erano 60 gradi a luglio, era un vero inferno, senza aria condizionata. Ho usato la palestra di Francis Ngannou, stella della MMA. Ho avuto cinque sparring partner diversi. Così il match col russo è stato semplice grazie al modo in cui mi ero preparato. Sono stato sette mesi lontano da casa nell’ultimo anno“.
Quali le prospettive a breve termine?
“Sono n.15 nel ranking WBC, 14 in quello IBF. Adesso i manager stanno lavorando con Top Rank per farmi combattere con un avversario che mi è davanti in classifica e avvicinarmi ai titoli“.
Quanto pensi che possa volerci per avere una chance iridata?
“Secondo me un anno a partire da ora ed io combatterò per un titolo mondiale. Credo ancora due match e poi avrò l’occasione“.
Al momento tra i pesi massimi la concorrenza è importante.
“Usyk e Fury sono i mostri sacri. Ma già con Dubois ho fatto sparring in passato ed eravamo sullo stesso livello: da allora sono cresciuto molto. Io contro di lui andrei per vincere. Usyk e Fury hanno qualcosa in più, ma si stanno affrontando tra di loro, quindi ancora ho tempo“.
Come ti hanno accolto gli americani?
“Quando sono arrivato in America mi hanno subito accolto bene, perché l’Italia è amata nel mondo. Poi ho dovuto dimostrare sul ring chi ero: in America c’è molta meritocrazia, questo mi piace molto. Se non vai, non si interessano a te. Se invece ottieni risultati, allora di valorizzano. Adesso loro sono assolutamente entusiasti, hanno un grande progetto nei miei confronti“.
La boxe dilettantistica, con tutti i suoi scandali arbitrali, ha ancora senso che esista o sarebbe meglio lasciare solo il professionismo?
“Tra i professionisti si vedono molti meno scandali. Secondo me bisogna far conoscere a questi pugili dilettanti il lavoro dei professionisti. Secondo me anche tra i dilettanti bisogna colpire forte come i pugili pro. Tutto cambia, noi non possiamo ancora essere ancorati al pugilato delle macchinette. Abbiamo visto a Parigi quanto picchiassero forte gli uzbeki. Serve che i dilettanti diventino professionisti con un metodo di lavoro ben preciso“.
Un’altra speranza italiana, Aziz Abbes Mouhiidine, sta per passare professionista. Un giorno sarebbe bello se poteste confrontarvi sul ring.
“Ci vuole veramente tanto tempo. Per come sta andando, non prevedo di fare la boxe più di altri 4-5 anni. Non voglio andare oltre e logorarmi fino a 40 anni. Io so di poter essere al mio massimo fino a 35 anni, poi non voglio scendere di livello. Abbes ancora deve iniziare, il percorso sarà molto lungo. Il consiglio che posso dargli è di azzerare tutto e prendersi le persone giuste al suo fianco. Però i nostri percorsi sono molto distanti ed è difficile che si incrocino“.
I prossimi impegni sono ancora in divenire.
“Non ho ancora date, penso che saprò qualcosa a gennaio 2025. Si prevede un grande match in arrivo“.