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Quando lo sport diventa orwelliano. Classifiche olimpiche del 2014 riscritte e negli Usa vittorie Nascar cambiano dopo 53 anni…

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Recentemente è stata posta la parola “fine” a un’infinita diatriba legale relativa alla squalifica dell’ex biathleta russo Evgeniy Ustyugov. Il TAS di Losanna ha confermato la cancellazione di qualsiasi risultato conseguito dal siberiano nell’inverno 2013-14, portando alla modifica dei risultati di quella stagione a oltre un decennio di distanza. Pertanto, un oro olimpico di Sochi 2014 (quello della staffetta maschile) è passato di mano, almeno per statistiche e archivi, nell’autunno 2024!

Ebbene, le istituzioni sportive a Cinque cerchi sono ancora dilettanti se confrontate a quelle della NASCAR, il popolarissimo campionato statunitense dedicato alle cosiddette Stock car, le auto a ruote coperte che danno spettacolo sugli ovali, con gare incertissime aperte a ogni soluzione. Settimana scorsa, l’amministratore delegato della categoria e il suo vice si sono letteralmente presentati a casa dell’ex pilota Bobby Allison per comunicargli ufficialmente di aver vinto una gara controversa.

Piccolo particolare. Allison ha oggi 86 anni e si è ritirato nel 1988! La vittoria in questione è difatti datata 6 agosto 1971! Una competizione congiunta tra la Nascar e un circuito in voga all’epoca (Grand American Series) vide Allison passare per primo sul traguardo davanti a Richard Petty, che tuttavia lamentò come le auto dell’altra categoria fossero oltremodo avvantaggiate. Le sue proteste vennero accolte e non fu dichiarato alcun vincitore. Allison non ha mai accettato questa decisione e lo scorso 23 ottobre, a 53 anni di distanza dall’accaduto, gli è stata data ragione!

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Francamente, viene da chiedersi che senso abbia tutto ciò. Siamo all’avanspettacolo e alla politica. Non si parli di fare giustizia, siamo seri. Dopo un decennio, o addirittura oltre mezzo secolo, certe situazioni dovrebbero essere passate in prescrizione (istituzione inventata dagli antichi greci proprio per garantire la giustizia ed evitare che, a molti anni di distanza, qualcuno potesse accusare qualcun altro di un reato mai commesso, infangandone le memoria a fatti non più verificabili). Erano avanti, gli ellenici. Avevano capito i rischi a cui si poteva andare incontro.

Vedere un oro olimpico passare di mano a 10 anni di distanza, oppure una vittoria riconosciuta dopo 53 anni, fa venire i brividi. Chi ha vissuto gli eventi sa come si sono svolti, ma un domani verranno letti solo ordini d’arrivo e nomi. Il meccanismo è orwelliano, degno del cosiddetto “Buco della memoria” descritto in “1984”.

Nel romanzo vengono fatte sparire fotografie, trascrizioni e documenti scomodi, mentre contemporaneamente il “Ministero della Verità” crea falsi documenti, riscrivendo la storia per renderla conforme ai frequenti cambiamenti della propaganda politica. Alfine, si arriva a una indistinguibile melassa tra vero e falso, modificabile a piacimento. Se non vi è più certezza dei risultati e dei fatti, non si può più raccontare alcunché, poiché la storia cessa di esistere.

Sta succedendo anche questo, nel 2024 reale, sempre più simile al distopico 1984 di Orwell. Se accade nell’ambito dello sport, che non è una questione di vita o di morte e non concerne i massimi sistemi, ma appartiene alla sfera dell’intrattenimento, figuriamoci cosa può accadere in contesti drammaticamente più seri.

“È dalle piccole cose che si comprendendo le grandi”, diceva qualcuno. Da parte di chi scrive, viene dunque proposta questa piccola riflessione nella serata del 31 ottobre, quando lo spavento e il terrore la fanno da padroni.

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