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Brasile 2014: i Mondiali in America…premiano le americane

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Sarà il clima, sarà l’aria di casa, sarà una combinazione di svariati fattori, ma i Mondiali sin qui disputati nel continente americano hanno sempre premiato le squadre dell’America Latina.
Sono storie diverse, epoche diverse, formazioni diverse: Brasile, Uruguay e Argentina, tuttavia, si sono spartite le sette edizioni ospitate da un paese del nuovo continente. Nel 1930, la finale fu l’infuocato derby del Rio de la Plata che vide proprio la Celeste sconfiggere l’Albiceleste, grazie in particolare a quel colosso di nome José Nasazzi, e dare vita così alla lunga tradizione della Coppa del Mondo, che ai tempi – e fino al 1970 – si chiamava Coppa Jules Rimet.
Vent’anni più tardi, dopo la guerra, è ancora Uruguay: in Brasile però, proprio al Maracanà, con un dramma sportivo e sociale che abbiamo già avuto modo di raccontare. In Cile, dodici anni più tardi, i verdeoro di Pelè, che pure deve rapidamente cedere ad Amarildo il posto di centravanti per via di un infortunio, si consacrano definitivamente come la squadra più forte del mondo, dopo aver già trionfato in Svezia nel 1958. Messico 1970, beh, è una storia ben conosciuta dagli italiani, perché Pelè e compagni asfaltano la bella Italia, quella del leggendario 4-3 dell’Atzeca contro la Germania Ovest.
Argentina 1978 è il trionfo dell’Argentina, del suo calcio, di una formazione con facce da contrabbandieri, ma è purtroppo anche il trionfo della dittatura militare: negli stessi stadi dove si gioca a calcio, prima e dopo vengono rinchiusi i desaparecidos, magari in attesa di terminare la propria esistenza su uno dei “voli della morte”. No, non c’è Maradona in quel Mondiale: Diego si prende la scena di prepotenza otto anni più tardi, vincendo la competizione in Messico ai quarti con l’Inghilterra più che in finale con la Germania Ovest.
L’ultima volta che il mondo del pallone ha fatto tappa in America ha viaggiato a nord, negli Stati Uniti che solo recentemente hanno scoperto il bello del football. Faceva caldo, quel giorno del 1994 a Pasadena, come probabilmente farà caldo nelle prossime tre settimane in Amazzonia e in Minas Gerais, a Rio e a Brasilia: faceva caldo e i verdeoro fecero piangere ai rigori Roberto Baggio e Franco Baresi, mentre pochi giorni più tardi il capitano colombiano Andrés Escobar veniva ucciso per aver segnato un autogol.
Dunque, sinora, il Sudamerica dice sette su sette nelle competizioni organizzate in casa: vedremo se qualche formazioni europea – o, perché no, di un altro continente – riuscirà a sfatare questo tabù.

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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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