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Doping, WADA: numero di positività in aumento, ecco gli sport più “dopati”

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Come ogni anno, l’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA) ha pubblicato il suo rapporto sul doping nel mondo dello sport, con tutti i dati completi per quanto riguarda l’anno 2013. Nel corso dello scorso anno, il numero di positività riscontrate è aumentato del 20%, passando dai 4723 casi del 2012 ai 5962 del 2013: questo è il primo dato che risalta all’occhio, ma che non deve preoccupare eccessivamente. L’aumento del numero di risultati non negativi, infatti, non è necessariamente sinonimo di un maggior uso di sostanze dopanti da parte degli atleti, ma può anche stare a rappresentare un miglioramento nelle tecniche per individuare alcune molecole vietate.

Con oltre 28.000 test effettuati (tra sangue e urine), il calcio è lo sport olimpico più controllato, seguito dall’atletica (quasi 25.000) e dal ciclismo (oltre 22.000). Lo slittino e la vela, invece, hanno subito meno di 500 test nel corso di tutto l’anno 2013, vale a dire che mediamente sono stati prelevati meno di due campioni al giorno.

A dare i risultati più preoccupanti è il sollevamento pesi, visto che degli oltre 8.500 test effettuati, il 3,4% ha dato esito positivo. Alti anche i tassi della lotta e dell’equitazione, con entrambe le discipline che si attestano sul 2,3% di positività. Gli sport olimpici più puliti sono invece il bob e l’hockey prato, con un caso su mille di positività (0,1%).

Dati peggiori presentano gli sport non olimpici, che si attestano su una media del 3,71% contro l’1,94% di quelli facenti parte del programma a cinque cerchi, e gli sport paralimpici, con alcuni che superano addirittura il 10% come la para-equitazione (18%) e la vela paralimpica (14%).

Tra i Paesi più colpiti dal fenomeno doping ci sono la Cina e la Russia, ma l’aspetto positivo sta nel fatto che molto spesso sono proprio le autorità nazionali a riscontrare le positività, in particolare nel caso russo. La Rusada, infatti, è l’agenzia antidoping ad aver effettuato più test al mondo (oltre 14.000), con l’1,4% di positività. La Cina, invece, ha effettuato oltre 13.000 test, ma il tasso di positività è sorprendentemente basso (0,2%), sinonimo della necessità di migliorare il sistema di controllo interno.

Particolari alcuni casi, come quello della Tunisia, in cui l’agenzia nazionale ha effettuato solamente sette test, riscontrando ben cinque positività (71,4%). Si tratta del dato più elevato, seguito da El Salvador (66,7%) e Nicaragua (33,3%). Più significativi i dati del Messico e del Kuwait, che hanno riscontrato oltre il 10% di positività tra i propri atleti pur effettuando un numero relativamente elevato di prelievi, così come quelli della Bielorussia (8,2%) e della Turchia (9,5%). Per l’Italia, il CONI ha effettuato 6,816 test con lo 0,4% di risultati non negativi, un dato che possiamo ritenere abbastanza basso anche rispetto ad altri Paesi dell’Europa Occidentale, molto lontano dal 2% della Spagna e dall’1,8% della Francia, ma in linea con lo 0,6% della Gran Bretagna e lo 0,2% della Germania.

Naturalmente ognuno di questi dati può essere letto in maniera duplice: una percentuale bassa di atleti trovati positivi è sinonimo di maggior pulizia tra gli sportivi di quella determinata nazione o di maggior lassismo nell’effettuare i controlli?

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Immagine: LBNLive

giulio.chinappi@olimpiazzurra.com

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