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Editoriali

‘Italia, come stai?’: atletica, la strada è ancora lunga; volti nuovi dalla boxe

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Con due ori, un argento ed il nono posto finale nel medagliere, è andata anche meglio delle aspettative della vigilia agli Europei di Zurigo. L’atletica, tuttavia, resta una grande malata dello sport italiano, sebbene si avvertano i segnali di una piccola, quanto lenta ripresa.

Rimandandovi all’analisi complessiva di Stefano Villa, occorre analizzare le prospettive a medio/lungo termine di uno sport la cui concorrenza europea e mondiale cresce esponenzialmente di anno in anno.
Il tempo con cui Libania Grenot si è imposta nei 400 metri (51″10), difficilmente potrebbe valere una finale mondiale od olimpica. Certo, la ‘Panterita’ già in questa stagione ha dimostrato di valere molto meno (50″50 nel 2014, mentre il suo record italiano, ormai datato, è di 50″30). Per provare a diventare un fattore oltre i confini continentali, l’italo-cubana dovrà provare a scendere sotto il muro dei 50 secondi: a quel punto potrebbe provare a giocarsela anche con americane e giamaicane. Il successo di Zurigo potrebbe aver impresso la svolta della carriera e 31 anni sono tanti, ma non tali da impedire alla Grenot di tentare l’assalto al gotha planetario. Si tratterà di una sfida quanto mai ardua, ma non impossibile per un’atleta rinata dopo il triennio trascorso negli Stati Uniti.
Dopo qualche stagione davvero buia, l’Italia è rinata nella maratona. Valeria Straneo, argento europeo dopo quello iridato del 2013, continua ad avere nelle gambe tempi importanti; tuttavia alla 38enne piemontese manca quel cambio di ritmo necessario per trovare la zampata vincente. Da qui a Rio l’azzurra dovrà puntare a velocizzarsi partecipando con costanza a diverse 10 km, magari anche su pista. Chi invece giunge proprio da questa disciplina è proprio Daniele Meucci, la vera nuova stella dell’atletica tricolore. Un campione che attendevamo da tempo e che ha tutto anche per impensierire gli africani nelle grandi competizioni dove il cronometro conta relativamente. L’impressione è che i margini di miglioramento del toscano siano ancora notevoli. Senza dimenticarci poi di Andrea Lalli, altro azzurro che potrà dare davvero molto alla maratona italiana.

In prospettiva futura, piace per talento e carattere la 19enne Federica Del Buono (1500 metri), mentre nella marcia, pur non al 100% della condizione fisica, Eleonora Giorgi si è confermata ormai un’atleta da vertice mondiale (con una Antonella Palmisano in continua progressione).
Veniamo poi alle (tante) note negative. Dopo il caso doping di Alex Schwazer, l’Italia è sparita o quasi dalla marcia maschile ed attualmente non si vedono spiragli di luce a breve termine. Del Buono a parte, il mezzofondo resta una spina nel fianco, mentre continuiamo a non comprendere la totale mancanza di competitività nel settore dei lanci, dove a tirare la carretta sono ancora i veterani Nicola Vizzoni (40 anni) e Chiara Rosa. Non bene neppure la velocità, dove il quarto posto della 4×100 femminile non deve nascondere una mediocrità complessiva. A differenza di altre occasioni, inoltre, non hanno brillato neppure i concorsi.

In sostanza, i due mali peggiori dell’atletica tricolore sono i seguenti: infortuni e mancata valorizzazione dei giovani a disposizione. Stiamo parlando di due fattori strettamente interconnessi tra di loro.

Daniele Greco, Alessia Trost, Valeria Straneo, Daniele Meucci, Eleonora Giorgi, José Reynaldo Bencosme: non saranno molti, ma se arrivassero ai grandi appuntamenti sani e senza contrattempi fisici, l’Italia avrebbe sempre almeno 5-6 punte di diamante su cui puntare in qualsiasi competizione. Il problema è che questo non accade praticamente mai. Daniele Greco è giunto a Zurigo infortunato, aggravando la situazione con la rottura del tendine d’Achille e conseguente stop lunghissimo; Trost e Giorgi hanno subito dei contrattempi che ne hanno compromesso la corsa al podio; Bencosme, in una disciplina come quella dei 400 hs senza fenomeni ed in cui avrebbe potuto puntare anche alla vittoria, è fermo praticamente da due anni. Per non parlare di altri casi più datati nel tempo, tra i cui ricordiamo i più eclatanti: Andrew Howe ed Antonietta Di Martino.
Un problema molto grave, dunque, su cui la Federazione dovrà provare a porre rimedio per far sì che i pochi talenti a disposizione non vadano sperperati.

Quanti giovani promettenti, poi, si arenano nel passaggio tra i seniores, magari dopo aver fatto faville nelle categorie inferiori? Abbiamo tanti talenti grezzi che, per ora, non riusciamo a sfruttare. Pensiamo ad esempio a Dariya Derkach, un personale nel triplo di 13.92 m. datato 2013, dal quale è rimasta sempre molto distante in questa stagione; o alle astiste Roberta Bruni e Sonia Malavisi, atlete (soprattutto la prima) da 4.60 a salire, ma ancora una volta frenate da infortuni di varia natura; la lista, purtroppo, è molto lunga, ma ciò che conta è la sostanza: troppi giovani non vengono messi nelle condizioni di maturare al meglio ed imporsi nelle gare che contano davvero. Un altro dilemma a cui tecnici e Federazione certamente cercheranno di porre rimedio.

In un’annata senza Europei e Mondiali (calendario Aiba da rivedere…), l’Italia ha vinto il medagliere ai Campionati dell’Unione Europea di boxe. Vincenzo Mangiacapre, eletto miglior pugile del torneo, è tornato a vincere e convincere nella categoria dei superleggeri (-64 kg), quella in cui rende al meglio: resta la principale speranza azzurra verso le Olimpiadi di Rio 2016, oltre naturalmente ai veterani Clemente Russo e Roberto Cammarelle.
Importante poi l’affacciarsi di diversi volti nuovi. Valentino Manfredonia (incredibile la somiglianza del viso con Mike Tyson!) ha trionfato nei massimi leggeri (-81 kg) superando avversari quotati e riportando il Bel Paese al vertice in una categoria in cui da tempo faticavamo. L’ascesa di Manfredonia potrebbe ridestare il talento (mai del tutto espresso) Simone Fiori e creare una concorrenza interna che farebbe bene ad entrambi. Bene anche il super massimo (+91 kg) Guido Vianello, argento, erede designato di Cammarelle. Rimandati Manuel Cappai (bronzo nei pesi mosca, ma con soli 4 pugili iscritti) ed il giovanissimo Salvatore Cavallaro (medi), due carte importanti per garantire un rinnovamento di cui la boxe nostrana ha bisogno. Peccato non aver potuto vedere all’opera il massimo Fabio Turchi, predestinato della categoria ed in ripresa da una fastidiosa mononucleosi.
Se Russo, Valentino, Cammarelle e Mangiacapre rappresentano le certezze, la boxe azzurra ha dimostrato fermento anche con le nuove leve.

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federico.militello@olimpiazzurra.com

 

2 Commenti

1 Commento

  1. Luca46

    18 Agosto 2014 at 21:50

    L’europeo di atletica ha messo in evidenza qualche timida luce ma la valutazione è ancora insufficente, il cammino è lungo ma a me sembra che piu’ di tanto non si stia rinnovando. Le risorse sono poche e mal spese. Anche nel pugilato ci sono poche entrate ma come evidenziato da questo pezzo si raccolgono dei risultati e si intravvedono nuove leve. Direi che almeno il pugilato in questo momento sta trovando idee ed è composto da staff che lavorano bene. Non vedo nell’atletica un progetto fatto per tornare ad essere competitivi. La base su cui si lavora è poca i gruppi sportivi che seppur garantiscono le minime possibilità per praticare atletica rappresentano in questo momento un fattore dispersivo. Per prima cosa non c’è competizione interna ed in secondo luogo mi chiedo se i tecnici siano all’altezza. Talenti come Howe e Schwarzer per motivi diversi sono andati persi, altri faticano ad esprimersi, per esempio la Grenot la si aspettava da tempo, Greco mandato al suicidio, Tumi evaporato. Ma sono alcuni dei tanti esempi, altri vengono soffocati ancor prima riuscire ad esprimersi. Insomma a me sembra che si lavori male. Io cambierei anche la guida tecnica. La marcia non produce niente di buono ma quel che è piu’ grave non riesce a crescere gli atleti. Diniz ha fatto un percorso prima di arrivare a questi livelli, non è un marziano. I nostri invece da anni non migliorano di una virgola. C’è bisogno che qualche atleta di spessore intraprenda una carriera politica all’interno della FIDAL. C’è bisogno di una sterzata secca che non si vede intanto il tempo passa e ci si fa scudo di qualche risultato positivo ottenuto.

  2. ale sandro

    18 Agosto 2014 at 19:35

    Avevo sperato a inizio stagione che il 2014 potesse far emergere in maniera netta molti dei giovani nei tanti sport che ritroveremo a Rio. E’ un anno fondamentale per lo sport italiano per confermarsi nei 10 e se possibile avvicinarsi alle altre nazioni, visto che il materiale umano non manca, non solo per Rio ma per il resto del decennio. Non sempre arrivano le risposte sperate, ed è il caso dell’atletica leggera, per tanti motivi spiegati anche nel tuo articolo, con in testa gli infortuni e l’incapacità di gestire questo problema. Vedo proprio in questo momento Mattia Pesce che guardando il ranista britannico Adam Peaty dice: “Dovremo imparare di più da loro , conoscere le loro tecniche di allenamento, condividere qualche collegiale”. Direi che, a prescindere dall’atleta che ha detto queste parole a caldo magari in antitesi con le sue stesse scelte,è un ragionamento che credo si possa applicare allo sport italiano intero (salvo le eccezioni/eccellenze) e anche alla nazionale di atletica. Tanti giovani molto promettenti e tanti validi tecnici potrebbero migliorare ancora aggiornandosi e confrontandosi con il meglio che c’è all’estero. Per fare questo ritengo sia fondamentale recuperare centri federali che facciano da quartier generale, dove tutta la nazionale e tutti i settori possano essere seguiti al meglio. Riuscire a legare questo magari con delle facoltà di studi legate sotto ogni aspetto al mondo dello sport, sarebbe per me il massimo. Ciò che era stato Formia nel ventesimo secolo e anche di più. In questo modo ci sarebbe la possibilità di creare dei contatti con il meglio dell’atletica leggera,ospitando l’eccellenza mondiale e magari ricambiando la visita. Non credo sia fantascienza, e non ha senso per me sentir dire : ma non ci sono i soldi. Poche storie, si passa da tutto questo se si vuole migliorare anche la base. Chi fa il dirigente sportivo DEVE avere competenze nel marketing e imparare ad autofinanziare i progetti procacciandosi sponsor. Il presidente federale si lamenta del livello tecnico degli allenatori italiani , bene si faccia in modo che migliorino questo livello. Per fare questo bisogna imparare a sistemare quello che è già presente e poi sfruttarlo(impianti e materiale umano), non è detto che si debba per forza battere cassa dopo gli ori vinti con progetti super personalizzati .
    La squadra per Rio è questa, pensavo che tanti ragazzi under 25 fossero più avanti, non è così, per vedere qualche importante risultato bisognerà cominciare seriamente a ragionare su ciò che si è fatto finora in termini di allenamento e programmazione stagionale/biennale, e decidersi se sia il caso di continuare con la stessa strada,oppure cambiare per poter magari saltar fuori nel quadriennio successivo, ( o chissà già dalla prossima stagione), per non rischiare di perderne un altro. Direi che le diverse edizioni di Giochi della Gioventù cancellate nella seconda metà anni 90 primi anni zero, hanno lasciato proprio bene il segno,il reclutamento giovanile rimane sempre la base per allargare la base, perdonate il gioco di parole. E si è preferito fare la cicala,quando le cose giravano meglio.
    Vista la capacità di programmazione stagionale, teniamoci stretti i 3 medagliati di Zurigo (costosi o meno che siano), e speriamo che istituzioni (politica,CONI e FIDAL) sappiano fare il loro lavoro, cioè trovare/sfruttare le risorse presenti (e cercarne altre) per lavorare bene su tutti i settori.

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