Editoriali
‘Italia, come stai?’: luce dal ciclismo su pista; fioretto maschile, lo shock giovanile
Al crepuscolo della stagione degli sport estivi ed in attesa che i giganti di Soelden diano il benvenuto ai mesi delle discipline invernali, l’Italia lascia intravedere prospettive interessanti nel ciclismo su pista, mentre la scherma si conferma la consueta ed inesauribile miniera d’oro.
Partiamo da una premessa: nel nostro Paese si continua a non credere ed investire sul ciclismo su pista. Questione meramente materialistica, ovvio. In italia, per vivere di ciclismo, bisogna correre su strada. Il che non è neanche del tutto vero, considerando che nel World Tour è rimasta una sola squadra del Bel Paese (la Lampre) e che ormai i nostri corridori sono costretti ad emigrare all’estero per fare fortuna (eclatanti i casi di Vincenzo Nibali e Fabio Aru con l’Astana).
E’ impensabile, dunque, che un ciclista italiano possa dedicarsi tutto l’anno esclusivamente alla pista, a meno che non lo faccia a proprie spese. Succede dunque che i grandi appuntamenti come Europei o Mondiali vengano affrontati senza una preparazione mirata ed organizzata nel corso dei mesi, anzi spesso i tecnici devono fare i miracoli con raduni periodici di qualche giorno, che diventano poi più frequenti a poche settimane dagli eventi principali. In queste condizioni, aggiungendo anche l’atavica carenza di impianti (soprattutto coperti), si comprende come le selezioni del Bel Paese stiano raccogliendo anche più del dovuto, se consideriamo il confronto impari con Australia, Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Francia e Germania, tutte nazioni che sulla pista ci investono per davvero e per un quadriennio intero.
Questa introduzione era necessaria per comprendere come, partendo da questi presupposti, non ci si possa aspettare la luna. E, francamente, un cambio di mentalità ci sembra utopistico in questo momento.
Tornando agli aspetti più propriamente sportivi, Elia Viviani si conferma l’unica (concreta) speranza azzurra di medaglia in vista delle Olimpiadi di Rio 2016. Il nuovo omnium, con la corsa a punti che riveste un ruolo quasi decisivo, esalta le qualità del 25enne veronese, sempre formidabile nello scratch e nella corsa ad eliminazione e migliorato molto nel giro lanciato. L’imminente approdo al Team Sky potrebbe migliorarne la posizione in sella e l’aerodinamicità, con conseguenti progressi anche nell’inseguimento individuale. A quel punto resterebbe un unico tallone d’Achille (come ha ammesso lo stesso Viviani): il chilometro da fermo. In realtà si tratta di un punto debole relativo, in quanto il veneto, soprattutto quando al top della forma, sa difendersi egregiamente anche in questa distanza, come accaduto agli Europei vinti sabato in Guadalupa.
Se a Londra 2012 Elia Viviani era stato l’unico rappresentante italiano del ciclismo su pista, a Rio 2016 speriamo di portare anche il quartetto dell’inseguimento femminile. I presupposti sono buoni, come testimonia lo storico bronzo conquistato nella rassegna continentale. Inferiori appaiono le chance dell’inseguimento maschile. E qui torniamo alla premessa iniziale, con l’impossibilità di poter programmare un evento a lunga scadenza. A questi Europei, ad esempio, Marco Coledan non è apparso al top della forma e questo, probabilmente, ha privato gli azzurri di una medaglia che sembrava alla portata.
Per il resto, continua il buio pesto nella velocità maschile, dove l’Italia riveste un ruolo da assoluta comparsa a livello internazionale, mentre al femminile le speranze di una rinascita sono affidate a due giovanissime (classe 1997) come Miriam Vece ed Elena Bissolati, due ragazze di sicuro talento, sulle quali servirebbe il coraggio di puntare sin dai prossimi appuntamenti.
Subito buone notizie per l’Italia nelle prime prove di Coppa del Mondo di scherma dedicate al fioretto. Se il valore del ‘Dream Team’ femminile non si discute, con Arianna Errigo che ha ricominciato subito vincendo, vogliamo in questa occasione soffermarci sugli uomini.
Una compagine, quella formata da Andrea Baldini, Andrea Cassarà, Giorgio Avola e Valerio Aspromonte (attualmente impegnato con successo nel programma “Ballando con le stelle”), che ha vinto tutto in carriera, compreso l’oro olimpico a squadre a Londra 2012. Un gruppo non più giovanissimo, ma neppure ‘anziano’, considerando che l’unico trentenne è Andrea Cassarà (classe 1984). Eppure nella passata stagione qualcosa non aveva funzionato. Tra un calo di motivazione e la crescita esponenziale di nuove realtà mondiali (su tutte Stati Uniti e Francia), gli azzurri avevano raccolto risultati decisamente inferiori ai trionfi degli anni precedenti. Ora tutto potrebbe cambiare ed il successo nella prova a squadre di Coppa del Mondo a San Francisco testimonia il vento nuovo che spira sulla nazionale. L’inversione di tendenza, per non parlare di scossa elettrica, arriva dai 21enni Lorenzo Nista ed Edoardo Luperi, già sul podio alla prima gara stagionale. Due talenti purissimi, peraltro attesi. L’esplosione di questi due ragazzi, che andrà confermata nelle prossime tappe, potrebbe accrescere la concorrenza interna e far sì che vengano messe in discussione anche le gerarchie per la composizione della prova a squadre, inscalfibili da un lustro. In sostanza, uno shock giovane che potrebbe scuotere i veterani, facendo sì che ritrovino le motivazioni smarrite.
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federico.militello@olimpiazzurra.com
Federico Militello
21 Ottobre 2014 at 23:04
In effetti, considerata l’attualità, a Rio le prospettive sembrano migliori, anche rispetto a Londra 2012. Eppure in Italia facciamo il 30% di quello che potremmo fare…..
Gabriele Dente
20 Ottobre 2014 at 22:43
Sì, in Italia gareggiare ad alto livello in pista è difficile. Ma io mi pongo sempre la stessa domanda: Di Rocco & C., feste e festicciole a parte, che fanno?
Comunque, nonostante tutto, a Rio nel ciclismo le cose potrebbero andar meglio che a Londra (o ai vari mondiali 2013 e 2014): il percorso su strada è adatto sia agli uomini che alle donne (forse persino a cronometro), in pista Viviani dovrebbe giocarsela e la MTB ci vede possibili protagonisti quantomeno con Fontana e, forse, con Lechner. Dunque possiamo ambire seriamente a una medaglia in almeno 3 gare e in altre 2 o 3 partiamo da outsider.
Interessante ciò che hanno mostrato i giovani fiorettisti nella prima gara di CDM. La scherma ormai è l’unico sport (Jessica Rossi a parte!) dove siamo capaci di sfornare giovani già pronti per confrontarsi coi senior. Sono d’accordo sul fatto che i giovani fanno da pungolo agli atleti più maturi. Dobbiamo considerare il fioretto maschile ancora una grande doppia carta da medaglia per Rio.