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Editoriali
‘Italia, come stai?’: respinti dai Mondiali. Sci alpino e slittino, giorni da incubo
I Mondiali di sci alpino e slittino ci hanno presentato il conto: nei grandi eventi, malgrado i miglioramenti generali evidenziati in Coppa del Mondo, l’Italia fa ancora tanta fatica. Attenzione però a fare di tutta un’erba un fascio: i risultati di un movimento vanno valutati nell’arco di un’intera annata, sebbene la rassegna iridata rappresenti l’evento catalizzatore.
Le cause del fallimento mondiale dello sci alpino (non potrebbe esserci altra definizione) sono state spiegate brillantemente da Marco Regazzoni in un approfondimento a cui vi rimando (clicca qui). Andando ulteriormente in profondità, l’evento nord-americano ha palesato un grave limite della selezione tricolore: l’assenza di ricambi. A Vail ci presentavamo con due vere punte da medaglia: Dominik Paris (discesa e superG) e Stefano Gross (slalom). Venute meno queste due carte, la squadra si è sciolta, dando una sgradevole sensazione di impotenza, con il solo Roberto Nani capace di superare i propri limiti in gigante.
Paris a parte, avevamo forse altre carte nella velocità? No, perché Christof Innerhofer per tutta la stagione ha gareggiato in condizioni fisiche precarie, Peter Fill era assente e Werner Heel da ormai diverso tempo ha imboccato una flessione costante. Per quanto riguarda le discipline tecniche, il vero asso nella manica poteva essere Giuliano Razzoli, mai sul podio in stagione in Coppa del Mondo, ma in grande crescita mentale e tecnica: purtroppo l’emiliano è uscito nel corso della prima manche dello slalom dopo aver fatto segnare ottimi intertempi. Si comprende, nel complesso, come gli atleti da medaglia non fossero poi così tanti. E, soprattutto, non si intravede chi possa diventarlo in futuro. Forse Roberto Nani, comunque già 26enne, probabilmente Luca De Aliprandini, al momento ai box per infortunio. Ci sarà certamente Paris nella velocità. E poi? Troppo poco. Il vuoto generazionale esiste, non si può negare. Anche in slalom, alle spalle del 28enne Gross, c’è il vuoto o quasi.
Discorso simile in campo femminile, anche se in questo caso in nessuna gara del programma l’Italia partiva con i favori del pronostico. Se lo slalom resta una piaga atavica, l’impressione è che il potenziale delle gigantiste non venga sfruttato al meglio, mentre nella velocità esiste un gap oggettivamente evidente rispetto alle migliori del circuito. In questo caso la speranza si chiama Marta Bassino, un’atleta di talento che andrebbe orientata verso la polivalenza. D’altronde le stelle straniere sono esempi esplicativi di quanto detto: pensiamo ad esempio a Tina Maze, Lara Gut, Anna Fenninger, la stessa Lindsey Vonn di qualche anno fa. Tutte atlete in grado di primeggiare in almeno tre specialità. Soffermarsi su una sola gara (come può essere ad esempio il gigante) risulta spesso controproducente, sia perché il calendario non offre molte occasioni nel corso dell’anno, sia perché spesso, nei grandi eventi, ci si gioca tutto in un unico tentativo, con la pressione che può giocare brutti scherzi.
E arriviamo appunto all’aspetto motivazionale. L’Italia in questa stagione ha ben figurato in Coppa del Mondo, ma ha steccato completamente l’evento più importante. Solo un caso? Certamente no. E’ chiaro che qualcosa non funziona. Gli stessi tecnici hanno parlato di una mancanza di “coraggio di osare tutto al cancelletto di partenza“. D’altronde il Mondiale, come l’Olimpiade, è una gara secca, che non dà spazio ad esitazioni di sorta: bisogna rischiare tutto per puntare ad un podio. Sono gare senza domani. L’approccio, in questo senso, è stato sbagliato e l’appellarsi ad un alibi ormai stra-vecchio come quello della neve non appare certo la soluzione migliore per risolvere il problema in futuro. Un campione vero, vince su ogni tipo di neve o tracciato. Così è stato anche a Vail e questo i nostri tecnici ed atleti lo sanno benissimo. Serve rimboccarsi le maniche per dimostrare che lo sci italiano attualmente non vale zero, pur con i suoi tanti difetti.
Non è andata bene nemmeno ai Mondiali di slittino. Il bronzo nel doppio dei veterani Christian Oberstolz e Patrick Gruber non basta a salvare il bilancio. L’uomo annunciato era Dominik Fischnaller, ma l’altoatesino si è ribaltato nel corso della seconda discesa mentre era in lotta per una medaglia. Una delusione cocente, a conclusione di una stagione partita benissimo, ma poi caratterizzata da una lenta e costante flessione. L’azzurro più di ogni altro ha pagato l’addio alle competizioni dell’icona Armin Zoeggeler. Il Cannibale, nella passata stagione, ha rappresentato una spalla cruciale per la crescita del talentuoso altoatesino, trasmettendogli quei segreti che lo hanno reso il più grande di tutti. A nemmeno 22 anni, Fischnaller si è ritrovato addosso tutto o quasi il peso di un intero movimento. E, alle prime difficoltà, ha pagato dazio alle responsabilità. Se ci pensiamo, non è così fuori dal mondo per un ragazzo di quell’età. Aggiungiamoci che, in uno sport dove la cura e la ricerca sui materiali assume un’importanza sempre più determinante, l’Italia deve fare i conti con l’ormai cronica impossibilità di effettuare test su una pista di casa, trovandosi sempre costretta ad inseguire o a sperare in determinate condizioni climatiche. Dominik Fischnaller resta un prospetto su cui costruire il futuro dello slittino italiano per i prossimi 15 anni: un Mondiale negativo ed una stagione non esaltante (nella quale occupa comunque il secondo posto nella classifica di Coppa del Mondo) non cambiano il nostro giudizio. La mazzata andrà ora metabolizzata: se saprà farne tesoro, il giovane di Maranza si riscoprirà più forte e maturo. Tenendo però sempre ben a mente un concetto: di Zoeggeler ne nasce uno ogni 50 anni, se va bene…
Come detto, nel doppio è arrivato il bronzo di Oberstolz-Gruber, sempre sul podio a Sigulda nell’ultima decade, mentre è positivo il quinto posto di Ludwig Rieder e Patrick Rastner, finalmente incisivi proprio al momento giusto. Non convincono invece le giovani azzurre nel singolo femminile: per Sandra Robatscher ed Andrea Voetter la strada da percorrere sembra ancora decisamente lunga.
Chiudiamo poi con un’altra rassegna iridata, quella dei Mondiali di speed skating a Heerenveen. E’ arrivata una medaglia preziosissima grazie a Fabio Francolini, argento nella mass start. Si tratta di un atleta pluri-titolato tra le rotelle, così come Francesca Lollobrigida, che in questa stagione ha faticato a ripetersi sui livelli della precedente. Di certo, se come pare probabile la mass start entrerà nel programma olimpico sin da Pyeongchang 2018, l’Italia avrà carte importanti da giocarsi, a patto che si continui ad investire su questo format e che, soprattutto, l’interscambio con il pattinaggio a rotelle sia sempre più intenso, di modo da creare una vera e propria squadra per le prove in linea su ghiaccio.
Per il resto, si confermano i progressi del team-pursuit, capace di agguantare una positiva quinta posizione. Si mantiene sui livelli stagionali nei 5000 metri Andrea Giovannini, quattordicesimo, mentre Mirko Nenzi non riesce a ritrovare la competitività dello scorso anno nella velocità. Nel complesso, l’Italia fa ancora molta fatica nelle distanze tradizionali, ma Giovannini, il team-pursuit maschile e le mass start rappresentano gli ingredienti giusti per costruire qualcosa di interessante e gustoso nel prossimo triennio.
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federico.militello@olimpiazzurra.com
Federico Militello
17 Febbraio 2015 at 10:21
Luca, ti ringrazio come sempre, ma penso che ai vertici dirigenziali interessi poco o nulla dei destini dello slittino, ma anche del bob e dello skeleton. Come se i risultati potessero arrivare dal cielo….
Nello sci le punte sono 2-3, con il solo Paris ancora giovane (per la velocità è giovanissimo). Troppo poco, secondo me. A livello femminile si muove qualcosina tra le giovani, mentre tra gli uomini si deve lavorare molto e in fretta.
Luca46
17 Febbraio 2015 at 18:03
Quello che hai detto dello slittino è quello che sospettavo però come la scherma è una di quelle specialità alla quale ci aggrappiamo ogni 4 anni. È un grave errore secondo me. Sullo sci hai ragione, volevo solo dire che li per quanto riguarda materiali e prove non dovrebbero esserci problemi. Secondo te nello sci si lavora nel modo giusto? Ti faccio un esempio. Pinturault se non erro è partito dallo slalom e adesso va forte pure in SuperG. Poi Neureuter e Dopfer che secondo me non sono affatto dei fenomeni sono partiti dallo slalom per andare forte anche in gigante. Guardo Gross e Razzoli e dico boh … secondo me non hanno niente in meno dei tedeschi anzi …
Luca46
16 Febbraio 2015 at 18:52
Queste tue parole sono da scolpire sui muri: “in uno sport dove la cura e la ricerca sui materiali assume un’importanza sempre più determinante, l’Italia deve fare i conti con l’ormai cronica impossibilità di effettuare test su una pista di casa, trovandosi sempre costretta ad inseguire o a sperare in determinate condizioni climatiche.”
Vorrei avere una risposta da Malagò riguardo a questa affermazione.
E soprattutto vorrei capire come siamo riusciti a deprezzare tutti gli impianti costruiti per le Olimpiadi di Torino, non solo la pista di Cesana. In un paese normale avrebbero rappresentato l’opportunità ed i mezzi per ampliare il bacino d’utenza degli sport invernali.
Riguardo allo sci sono meno pessimista perchè credo in questo caso dipenda dalla direzione tecnica e non tanto dai mezzi. Già da diversi anni non ci adattiamo a certe condizioni di neve anche perchè i nostri atleti fanno una massimo due specialità. E’ giusto avere una disciplina di riferimento ma curare anche le altre ti da quella diversificazione utile ad addattarsi a situazioni diverse. Per esempio a me piace tantissimo la Brignone che si ostina a fare slalom.