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Scherma

Fioretto femminile, come loro nessuno mai

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Money in the bank. Così gli americani definiscono un investimento sicuro, una scommessa già vinta in partenza, e così ci sentivamo noi prima delle Olimpiadi di Londra, pensando alle nostre magnifiche fiorettiste. Money in the bank, soldi in banca, questo erano e sono Elisa Di Francisca, Arianna Errigo e Valentina Vezzali (in rigoroso ordine di medaglia), capaci di monopolizzare il podio della gara individuale, e poi di dominare, insieme e con l’aiuto prezioso di Ilaria Salvatori, quella a squadre.

Lo sapevamo da prima che iniziassero i Giochi: con loro si andava sul sicuro. Così tanto più forti delle avversarie che un podio tutto tricolore non era solo auspicabile, ma addirittura pronosticabile. Banale e scontato no, perché nello sport e nella scherma non c’è mai nulla di scontato. Ogni investimento comporta la sua dose di rischio. Perché metti che arrivino Bonnie e Clyde o John Dillinger, o, peggio ancora, gli speculatori dell’alta finanza. Metti che la banca che hai scelto è la Lehman Brothers.

Anche nella scherma bisogna salire in pedana con la testa concentrata sul proprio obiettivo, altrimenti tutte le qualità tecniche vanno a farsi benedire. Lo sanno bene Elisa, Arianna e Valentina, che per conquistarsi il loro posto sul podio hanno dovuto faticare parecchio.

Elisa Di Francisca ha sfornato una rimonta capolavoro nella semifinale con la coreana Nam, scappata sul + 4 a 60 secondi dal termine, ripresa e sorpassata nel minuto supplementare.
Arianna si è invece trovata ad affrontare nientemeno che Valentina Vezzali, battuta 15-12.
Due rimonte hanno segnato anche le finali. Di Francisca prima in fuga, poi ripresa, superata e staccada dalla Errigo: 11-8 per la monzese ma assalto ancora da decidere. Tre stoccate di fila per Elisa, ancora monetina e minuto supplementare, ancora una botta decisiva della Di Francisca, campionessa olimpica, con la Errigo incredula per la grande occasione sciupata.
Elisa e Arianna erano alla prima Olimpiade, e, amiche per le pelle, si sono trovate rivali nel momento decisivo, e quando le maschere sono calate sui loro volti, hanno dimenticato chi c’era nascosto dietro.

Ancora più incredibile l’andamento della finale per il terzo posto. Era la prima volta per Valentina Vezzali, la prima volta che si giocava un bronzo olimpico dopo aver conquistato un argento e tre ori nelle precedenti quattro partecipazioni. Non era facile riprendersi dalla botta subita in semifinale da una connazionale che digerisce poco, non era semplice rialzarsi per raggiungere un traguardo ben diverso da quello che si era fissata prima dei Giochi, e che rincorreva da quattro anni, vissuti, come di consueto, da dominatrice, con un titolo mondiale, due europei e una Coppa del Mondo. Ancora più semplice pensare di mollare tutto con la Nam avanti di quattro stoccate a 13 secondi dal termine. Naturale per tutti, ma non per Valentina, che invece si è regalata la rimonta e il bronzo più pazzeschi nella storia della scherma olimpica, chiudendo l’assalto al minuto supplementare, tra lacrime di gioia mista a rabbia.

Insomma, era ovvio e scontato che l’oro a squadre fosse prenotato, e non è irriverente verso le avversarie definire la cavalcata delle tre più Ilaria Salvatori come una pura formalità: 42-14 ai quarti contro la Gran Bretagna, 45-22 in semifinale contro la Francia, 45-31 in finale contro la Russia. Inarrestabili, irresistibili, irraggiungibili, e pure simpatiche. Quel balletto alla fine, idea di Arianna ed Elisa, capaci di trascinare Ilaria e una Valentina solitamente non troppo incline a guasconate di questo genere, rimarrà per sempre nella storia dei Giochi.

Così come le quattro medaglie, due d’oro, una d’argento e una di bronzo, conquistate da quattro ragazze speciali. Semplicemente il rendimento massimo che l’investimento iniziale potesse offrire. Money in the bank.

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