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Editoriali

La caduta degli Dei. Flavia e Roberta, simboli di un’Italia che sa ancora sognare

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In una tiepida giornata di fine estate, sconfissi la numero uno al mondo, la tennista più grande di tutti i tempi. Era lanciata verso il Grande Slam, ma io infransi il suo sogno. E si realizzò il mio…“. Ci immaginiamo queste parole quando, tra qualche decennio, Roberta Vinci racconterà la sua leggendaria impresa odierna agli US Open.

Una giornata epica, memorabile, forse la più miracolosa di sempre della storia dello sport italiano. Le nostra fantastiche portacolori erano arrivate in semifinale nell’ultimo Slam stagionale da sfavorite. Flavia Pennetta contro la numero 2 del mondo, la rumena Simona Halep; Roberta Vinci addirittura contro il totem Serena Williams, n.1 odierna e di ogni epoca. Mai era accaduto che due italiane approdassero contemporaneamente tra le migliori quattro di uno stesso Slam. Diciamo la verità: molti di noi, se non tutti, erano già (molto) contenti così. Oggettivamente, si riteneva impossibile poter andare oltre.

E invece la giornata odierna ci ha dimostrato che i miracoli, nello sport, esistono ancora. Davide può ancora battere Golia e non esiste nessun verdetto scritto. Cuore ed orgoglio possono sconfiggere un destino già scritto e ribaltarlo. L’apoteosi odierna è il trionfo di due inguaribili sognatrici, due ragazze che hanno saputo rialzarsi tante volte, rinnovandosi ed anzi fortificandosi nelle difficoltà. Al crepuscolo della carriera, hanno compreso di poter fronteggiare a testa alta i giganti. E li hanno sconfitti. Non è mai troppo tardi…

In modi diversi, Flavia e Roberta. orgoglio di Puglia e dell’Italia intera, hanno eroso progressivamente le certezze delle avversarie. La brindisina ha disputato un match di una solidità impressionante con la Halep, comandando da fondo campo, accelerando appena possibile e concedendo un numero risicatissimo di errori gratuiti. La rumena si è gradualmente sciolta, quasi incredula dinanzi ad un’avversaria con il fuoco negli occhi e dalla carica agonistica feroce.

Che dire poi del delitto perfetto avvenuto ai danni di Serena Williams. Tutto era ormai apparecchiato per celebrare il Grande Slam della fuoriclasse statunitense. Prima Roberta Vinci e poi Flavia Pennetta avrebbero dovuto rappresentare i più classici degli agnelli sacrificali da immolare alla causa della Regina. In effetti l’americana aveva sempre vinto piuttosto facilmente nei precedenti confronti con le azzurre. Eppure anche la più forte, la più intoccabile, la più coriacea mentalmente può accusare tutto il peso della pressione. Serena sapeva di essere obbligata a vincere. Dinanzi a sé si profilava forse l’ultima, irripetibile occasione per celebrare quel grande Slam che non si materializzava da 27 anni. Dinanzi al proprio pubblico, che non attendeva altro che poter celebrare la propria beniamina. Tutto scontato, ma solo in apparenza. Perché anche Serena Williams è umana. Man mano che Vinci ritornava in corsa nel match, iniziavano a comparire dinanzi a lei degli inattesi fantasmi. Dubbi sempre più pressanti, che hanno finito per lacerarla, frenandone persino i movimenti. Serena doveva vincere ad ogni costo. Ma ha perso. Nel giorno della caduta degli Dei, in cui due meravigliose azzurre hanno dimostrato al mondo tutta la bellezza di un popolo che non vuole smettere di sognare.

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Foto: Pagina FB Us Open

federico.militello@oasport.it

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