Rubriche
“Italia, come stai?”: Sei Nazioni e Coppa Davis, una domenica bestiale
30 anni fa Fabio Concato cantava “Che domenica bestiale“, tormentone tanto in voga nell’estate Mundial del 1982. Un titolo perfetto per descrivere la meravigliosa domenica goduta dallo sport azzurro.
Diciamo la verità: sino a qualche tempo fa il Sei Nazioni e la Coppa Davis rappresentavano una sorta di “Cenerentole”. Da una parte l’Italia collezionava cucchiai di legno in serie, dall’altra si dibatteva in seconda e terza divisione mentre le colleghe donne vincevano una Fed Cup dopo l’altra. Ora le cose sono profondamente cambiate.
Partiamo dal rugby. Che il salto di qualità fosse stato ormai compiuto lo si era già capito dai test match dello scorso mese di novembre: non si gioca sullo stesso piano della Nuova Zelanda per 60 minuti e non si rischia di pareggiare con l’Australia per caso. Quando nella palla ovale raggiungi un livello non dico similare, ma di poco inferiore a quello delle grandi corazzate australi, allora puoi davvero fronteggiare ad armi pari qualsiasi avversario.
Brunel ha prodotto una vera e propria rivoluzione per il rugby italiano. Ha finalmente fatto capire ai nostri giocatori di avere le qualità per aggredire gli avversari ed imporre il proprio gioco, basato ora su una equa distribuzione della palla tra avanti e trequarti e non più esclusivamente su mischie e maul come nella precedente gestione Mallet. Il luogo comune che i trequarti azzurri non sapessero effettuare più di due passaggi di seguito è stato così sfatato.
Tangibili i benefici portati dai tre anni disputati nel Pro-12 (ex Celtic League) dalle due franchigie italiane (Benetton Treviso e Zebre), campionato che ha concesso ai nostri giocatori di misurarsi ogni settimana con avversari di caratura internazionale. Non dimentichiamo poi l’egregio lavoro portato avanti dalla Fir con le accademie federali: il ricambio generazionale è sotto gli occhi di tutti, anche se immarcescibili veterani come il “barone” Andrea Lo Cicero fanno ancora la differenza. Brunel, per ora, ha anche risolto il problema dei mediani, con Luciano Orquera consacratosi definitivamente a 31 anni ed un Edoardo Gori pronto a raccogliere definitivamente l’eredità di Troncon. Certo, nei ruoli di apertura e mediano di mischia manca ancora quell’abbondanza che invece si registra anche negli altri reparti e che ha consentito alla selezione tricolore di poter contare su una panchina all’altezza o quasi dei titolari (fattore che fa la differenza nel rugby odierno).
Sebbene ne abbia tutte le possibilità, difficilmente l’Italia vincerà il Sei Nazioni già quest’anno, semplicemente perché non è ancora abituata a giocarsi trofei di questo tipo. Bisogna ragionare per gradi: il primo, storico obiettivo potrebbe essere quello di finire per la prima volta tra le prime tre. Obiettivo ampiamente alla portata degli azzurri, soprattutto se nel prossimo turno riusciranno ad espugnare Murrayfield. Il passo successivo, poi, sarà quello di puntare realmente alla vittoria del trofeo e, perché no, al Grande Slam. Il cucchiaio di legno è solo un ricordo ormai.
Dopo 15 anni, l’Italia è tornata ai quarti di finale di Coppa Davis ed ora vede profilarsi un’occasione ghiottissima per agguantare addirittura le semifinali. Il Canada, seppure in trasferta, rappresenta un avversario ampiamente alla nostra portata. Milos Raonic si sta facendo largo come uno dei talenti emergenti del circuito ATP, potenzialmente in grado di impensierire i vari Djokovic e Murray in futuro. Eppure i nostri Andreas Seppi e Fabio Fognini possono tranquillamente giocarsela con il 22enne della Foglia d’Acero. Il secondo singolarista canadese, Frank Dancevic, appare invece una spanna sotto i nostri, mentre il nostro doppio formato da Bolelli e Fognini ha già dimostrato di potersela giocare ad armi pari con chiunque. Se si giocasse sulla terra, difficilmente l’Italia si farebbe sfuggire la vittoria; sul cemento sarà molto più difficile, ma le chance della selezione tricolore restano intatte. Una volta in semifinale, poi, potrebbe succedere di tutto. I ragazzi di Barazzutti si ritroverebbero la vincente di Usa-Serbia. Con gli americani giocheremmo in casa (quindi con il 50% di possibilità di passare!), con Djokovic e compagni si effettuerebbe il sorteggio, ma in ogni caso servirebbe un’impresa.
Ad ogni modo, il dato positivo è che il tennis italiano non è più solo “ragazze-dipendente”, in quanto anche i maschietti (Seppi su tutti, n.18 del mondo) hanno compiuto un sensibile salto di qualità. Difficile pensare che si possa addirittura ambire alla grande insalatiera, ma perché non sognare? Per compattezza e solidità, la nostra squadra ha le armi per impensierire e mettere in difficoltà chiunque. In attesa che dell’arrivo degli enfant prodige Quinzi, Baldi e Napolitano, il tennis tricolore è tornato finalmente a sorridere.
federico.militello@olimpiazzurra.com