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Rugby, Sei Nazioni: l’Inghilterra sogna il Grande Slam

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Il Sei Nazioni è entrato oramai nel vivo. In queste prime due giornate abbiamo visto veramente di tutto. Un’Italia bella da morire che ha fatto il botto all’esordio con la Francia e poi ha fatto tornare tutti coi piedi per terra buscandole severamente dalla Scozia. La Scozia stessa ha mostrato un’invidiabile freschezza e voglia di fare bene, non solo nel match contro gli Azzurri ma anche nella sonfitta con l’Inghilterra. Il Galles dopo aver cominciato il torneo con un primo tempo sconcertante al Millenium con l’Irlanda, si è poi svegliato e ha ingranato la marcia giusta ricordando a tutti che in fondo sono i campioni in carica. Anche i verdi d’Iranda dopo un esordio da sogno, con un O’Driscoll da dieci e lode, si sono trovati di fronte allo scoglio inglese e ad un Owen Farrell dal piede infallibile.

L’Inghilterra resta quindi l’unica squadra a poter ancora coltivare il sogno del Grande Slam. Il quindici della rosa ne ha già vinti 12, ma sono passati ben dieci anni dall’ultimo torneo senza sconfitte. La strada certo non è semplice. Il primo ostacolo sarà la Francia a Twickenham, in quella che prima del torneo si pensava dovesse essere la sfida per il titolo. Sia Lancaster che Saint Andrè hanno due squadre indubbiamente fortissime e le sconfitte dei francesi non devono trarre troppo in inganno, quello che avevano mostrato nei test match di novembre non può essere una casualità. A fare la differenza potrebbe essere proprio l’approccio mentale. Prevarrà la voglia di rivalsa di una Francia col morale sotto i piedi o l’inerzia delle due vittorie metterà un’ulteriore marcia in più a’un Inghilterra molto ordinata e concreta e con un tasso tecnico invidiabile? Difficile in questo torneo leggere le due partite successive con Galles e Italia, eventuali ostacoli tutt’altro che agevoli. Tutto potrebbe cambiare da una settimana all’altra.

Quello che però gli inglesi sanno, e lo ha ribadito in settimana Ben Youngs, è che devono guardare a una partita alla volta dimenticando quanto già fatto. La lezione di Dublino quando nel 2011 l’Irlanda negò l’en plein potrebbe essere un bagaglio d’esperienza importante.

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