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Rugby, Sei Nazioni 2017: il fallimento dell’Italia rispecchia le lacune di un intero movimento, ma la notte è più buia subito prima dell’alba

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Sabato pomeriggio si è concluso nel peggiore dei modi il Sei Nazioni 2017 dell’Italrugby, con gli azzurri che hanno collezionato la quinta disfatta in altrettante partite disputate concedendo anche il bonus ad una coriacea Scozia, vittoriosa nettamente per 29-0 al BT Murrayfield Stadium di Edimburgo. Un epilogo davvero tristissimo quello della Nazionale allenata da Conor O’Shea, le cui novità apportate al rugby italiano si sono intraviste soltanto a fasi alterne in questa edizione del Torneo. Gli zero punti in classifica sono soltanto l’apice di una manifestazione nella quale i nostri portacolori hanno incassato la bellezza di 201 punti segnandone appena 50, oltre al bilancio non esaltante di quattro mete complessive a referto e del bonus sempre concesso alle avversarie di turno.

Sono numeri che non possono non indurre ad effettuare l’ennesimo ragionamento sull’inadeguatezza di questa formazione rispetto all’èlite del Vecchio Continente, una questione forse insolubile e proprio per questo motivo sintomatica di debolezza e incertezza da parte del movimento intero. A fallire infatti non è stato O’Shea, il quale si spera davvero riesca nell’impresa di non perdere la reputazione proseguendo in questo difficile incarico, ma una struttura organizzativa che non permette di effettuare alcun salto di qualità né concede margini di miglioramento, pur premettendo che la rosa azzurra è sicuramente priva di quei campioni capaci di risolvere le partite nei momenti cruciali. La Coppa del Mondo in programma nel 2019 rappresenterà probabilmente il termine ideale per dare una valutazione al lavoro compiuto dal tecnico irlandese e dal suo staff, nella consapevolezza però di aver assistito all’ennesimo fallimento di questa disciplina in un Paese dove obiettivamente non sussiste una cultura adeguata riferita alla disciplina in esame.

“La distanza con gli altri non è così grande come i risultati dicono, ma i giocatori devono abituarsi a giocare ad alto livello tutto l’anno – ha dichiarato O’Shea, senza risparmiare una frecciatina al movimento italiano -. Mettiamoci tutti l’ego in tasca e capiamo che la prima cosa che conta e su cui si deve lavorare è la nazionale. Lo dico già, noi vogliamo cambiare molte cose e ci sarà gente che ci resterà male, ma i cambiamenti non possono essere indolore. Ripeto, non si pensi al proprio ego. Abbiamo molto potenziale, giocatori giovani che spero che da questa esperienza abbiano imparato, come ho imparato anche io. Ci sono state cose positive, ma dobbiamo farlo anche in campo. Ho visto la voglia di questi ragazzi e oggi ho più voglia di avere successo con questo progetto di prima” ha concluso O’Shea.

simone.brugnoli@oasport.it

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Foto: Profilo Twitter FIR

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