Ciclismo
Giro d’Italia, ancora spettacolo tra gioia e rabbia
Questo Giro d’Italia appassiona ogni giorno di più. Dopo le fiammate di ieri, ad opera principalmente di Ryder Hesjedal e del vincitore Luca Paolini, anche la frazione odierna ha senz’altro lasciato entusiasti tifosi e appassionati.
I percorsi non sono mai banali, i tranelli sono sempre dietro l’angolo. Se poi ci si mette anche la pioggia, tanto odiata dai corridori, lo spettacolo aumenta esponenzialmente. E in prima fila nello show odierno, sulle strade della Calabria che ricordavano però, climaticamente, una Pianura Padana novembrina, c’è Danilo Di Luca. Il killer di Spoltore è arrivato al Giro con tanti punti interrogativi: troppi pochi giorni di corsa nelle gambe, in apparenza, per essere competitivo. E invece il vincitore del Giro 2007 ha sfiorato la vittoria con un numero veramente entusiasmante: se solo avesse avuto più collaborazione da parte di Robinson Chalapud, forse la sua avventura sarebbe durata quei trecento metri in più che lo hanno diviso dal ritorno al successo. Un attacco sfrontato, senza paura, da solo contro un gruppo che tirava con molta più intensità rispetto a ieri, perché composto da molti più atleti interessati alla vittoria di tappa.
Vittoria che poi è andata ad Enrico Battaglin, il talento ritrovato, un’altra bella storia dopo quella di Paolini-bravissimo a conservare la maglia-di ieri. Perché i punti interrogativi avvolgevano anche questo giovane veneto di cui si parla un gran bene; il vicentino si era eclissato, nel 2012, dopo uno sfolgorante debutto da stagista. Eppure, in casa Bardiani sanno come far crescere questi talenti; troppa l’esperienza dei Reverberi per bruciare un simile patrimonio del nostro ciclismo. Oggi, per Enrico, un punto d’arrivo e, allo stesso tempo, di partenza fondamentale, perché il futuro è suo, di Moser, di Ulissi, di Viviani, di quella nidiata che ha tutte le potenzialità per rappresentare una nuova “generazione d’oro” per il pedale tricolore.
E poi c’è la rabbia. La rabbia ben ripresa, in diretta tv, di Valerio Agnoli, il gregario dei gregari: Nibali ha un problema meccanico, lui fa il suo dovere, fermandosi e soccorrendo il compagno. Lo Squalo riparte, Agnoli perde l’attimo per aspettare l’assistenza; da solo, tenta un coraggioso inseguimento che non avrà buon fine, perché la strada inizia a salire e la corsa ad infiammarsi. Arriverà sul traguardo ad oltre 16′ dal vincitore, vanificando così la bella classifica messa assieme tra cronosquadre e Marina di Ascea, sempre al fianco di Nibali.
Quella, un po’ più nascosta alle telecamere, di Bradley Wiggins: “colpa” di Simone Stortoni, che ai 1500 metri scivola e si rialza, ma crea un leggero buco rispetto alla testa della corsa. Il buco si conferma sulla linea d’arrivo, tra Ben Gastauer che taglia il traguardo 46° a 10” dal vincitore e Wiggo, a ruota di Durasek; dunque, anche nel caso del britannico si prende come riferimento il distacco effettivo accumulato da Battaglin, che equivale a 17”. La giuria non ha optato per la consueta neutralizzazione del tempo perché la caduta ha interessato un solo corridore.
foto di Susi Goetze
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