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Atletica, Mondiali 2017 – Grandi emozioni e spettacolo, prestazioni tecniche al ribasso. Il record di Henriques, pochi temponi e grandi misure

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I Mondiali 2017 di atletica leggera ci hanno regalato tantissime emozioni, non hanno smesso di stupire, ci hanno fatto palpitare per la loro imprevedibilità, sono stati davvero ricchissimi di sorprese ma purtroppo non sono arrivate delle prestazioni esorbitanti sotto il profilo tecnico. Tutti si attendevano dei botti ma evidentemente il clima di Londra e lo Stadio Olimpico non erano adatti per riscrivere gli albi d’oro.

E’ arrivato sì un record del mondo ma nella neonata 50km di marcia femminile, alla sua prima apparizione in una rassegna iridata e in una disciplina ancora poco frequentata e disputata: lo ha firmato la portoghese Ines Henriques (4h05:56) ma il rilievo che ha avuto è stato davvero marginale e non è di grande impatto tecnico, mentre storicamente ha un buon peso. In strada Yohan Diniz ha firmato il secondo tempo di tutti i tempi: una 50km di marcia da 3h33:12,.

Mariya Kuchina ha provato a incendiare cercando il 2.08 del record russo e della seconda prestazione mondiale all-time ma è incappata in tre nulli, proprio come Mutaz Essa Barshim che ha provato a volare a 2.40.




 

I tempi con cui si è vinto sui 100m (Gatlin in 9.92) e 200m (Guliyev in 20.09) sono tra i più alti della storia mentre Wayde Van Niekerk è stato impossibilitato ad attaccare il muro dei 43” sui 400m a causa della pioggia. Anche Luvo Manyonga, dopo i voli oltre gli 8.60m, si è fermato a 8.48m. Stesso discorso per Chris Taylor che non è riuscito ad andare oltre i 18 metri con il suo salto triplo. Anche il giavellotto si è risolto attorno ai 90 metri senza le sparate viste durante la stagione tra Johannes Vetter e Thomas Roehler.

Finisce così che per andare a pescare il miglior risultato tecnico bisogna risalire a Caster Semenya che, in fondo a questi Mondiali, ha corso un sontuoso 1:55.16 sugli 800m, record africano e ottava prestazione mondiale di tutti i tempi. La sudafricana però è nell’occhio del ciclone per la nota questione sul suo testosterone.

 

3 Commenti

1 Commento

  1. lionello.tamai

    15 Agosto 2017 at 16:15

    Mi piacerebbe fare un po’ il punto (niente di particolarmente originale) sulle tante considerazioni a proposito dei mondiali londinesi:
    1) Anzitutto l’unico fatto positivo (con la Palmisano e Meucci, ovviamente): il raggiungimento della quota 0 permetterà a Giomi di poter dire, la prossima volta, “abbiamo migliorato” o almeno “abbiamo eguagliato” i risultati precedenti:
    2) ironia a parte, ovvio che Giomi § Co. (a parte Baldini che in un simile caravanserraglio qualcosa riesce a combinare) devono andare a casa, ma attenzione a non farne gli unici responsabili, sarebbe una prospettiva sbagliata;
    3) le cause del disastro sono tante ma, secondo me, si possono riassumere in una principale: gli atleti italiani di livello sono troppo pochi. Così, se la prima fascia (quella che a un mondiale o una olimpiade può aspirare a una finale e giocarsela) si conta sulle dita di una mano, tre di loro sono perennemente in officina, uno si scheggia un’unghia e l’altro sbaglia gara (può succedere, sia ben chiaro), ovviamente non resta niente;
    4) più complesso è il discorso sulla seconda fascia (quelli che a un mondiale o un’olimpiade riescono almeno a partecipare): di solito – questa volta in particolare – raccattano solo figuracce. I motivi sono innumerevoli: il talento è quello che è, sono logorati dalla ricerca del minimo fino all’ultimo giorno valido, non sono abituati a frequentare l’atletica che conta, non sono in grado di reggere più turni a questi livelli etc. etc. Sottolineerei in particolare due fattori: la scarsità di motivazioni (quando sai che se sputi sangue, arrivi venticinquesimo, non è che ti venga tutta questa voglia), e la sorprendente mancanza di autoconsapevolezza. Le interviste televisive (a proposito: non si potrebbe mandare in pensione l’intera squadra RAI ? Bragagna ormai è insopportabile con i suoi aneddoti e gli infiniti rinvii ad altro. D’altronde non è che, dall’altra parte, Cova e amico siano tanto meglio, anzi. Ponchio non lo vorrebbe neanche la Fornero. La Caporale credo sia lì – come nel nuoto – perché sa le lingue, e non mi pare un motivo sufficiente) rivelano, malgrado l’inconsistenza delle domande (come ti senti ?) vuoti sterminati: non so cosa sia successo, stavo benissimo e ho dato l’anima. Ne devo parlare con il mio allenatore. Degna del miglior Jonesco, la Magnani che dice: “Questa gara ha dimostrato che i 1500 non sono la mia gara”. Bambina mia, e sei arrivata a trent’anni per capirlo ? Stendiamo un velo pietoso sull’intera vicenda Grenot (per dire, con il tempo di Rio, la staffetta andava a medaglia): vuoi farti un anno di ferie (per curiosità, pagate?) ? Va bene, fatti un anno di ferie. Come può un tecnico competente pensare che arrivi a Londra e fai la differenza ? Poco serio anche nei confronti delle compagne, che dopo essersi allenate un anno si vedono preferire una che viene direttamente dal mare.
    5) La valutazione delle prestazioni dei singoli atleti non è semplice. Alcuni si sono esibiti in condizioni davvero difficili e in momenti o specialità in cui anche gli atleti degli altri paesi hanno fatto malino. Altri, si diceva sono arrivati spompati o demotivati, ma risulta complicato capire ad esempio una Pedroso, che ha fatto il minimo per tempo, ha potuto preparare l’evento, ha fatto test eccellenti e buca, facendo 56’’, una finale alla quale si era ammessi con 55”33, tempo normalmente alla sua portata (e aggiungo anche della Folorunso, con una preparazione più fortunata e non centrata sugli Europei under 23). Giomi dice che a proposito dei militari, bisogna meditare sul caso Lingua, che è diventato più bravo dopo. Consiglio di meditare anche, per esempio, sul caso Caravelli (non perché sia la Caravelli, ovvio): un’atleta decorosissima sugli ostacoli alti, ma che non sarebbe mai diventata una top, non più giovane, costretta ad allenarsi e lavorare. Finalmente entra in un gruppo militare, cambia specialità e dopo un mondiale più che modesto va in TV a dire che evidentemente in tre anni non ha ancora imparato il mestiere. Non ho niente contro di lei, ma mi chiedo se vale la pena di investire su casi simili.
    6) La soluzione obbligata è quella di allargare la base degli atleti in grado di fare risultati decenti e di preparare sul serio le grandi manifestazioni (anche a questi mondiali, in molte specialità non è che ci volessero risultati incredibili per guadagnarsi una finalina, per cui qualche atleta di seconda fascia, al suo meglio avrebbe potuto farcela), non di andarci in gita premio. Per questo ci vogliono motivazioni e in questa società disorientata, le uniche motivazioni universalmente comprensibili sono i soldi. Soldi in cambio di risultati. Non fai risultati? Niente soldi.
    7) Non voglio con questo dire, sic et simpliciter, che gli atleti militari non devono più esserci. Eliminarli da un momento all’altro, sarebbe una tragedia. Voglio dire, intanto di modificare i criteri di arruolamento e prendere gente brava sul serio. Secondo, fargli un discorso chiaro: se fai risultati, fai l’atleta. Se non li fai, vai a fare il militare in caserma o vai a casa.
    8) I soldi credo che con un po’ di buon senso, si possano trovare. Per dirne una, se i dati sono veri, le serate televisive dei mondiali hanno fatto mediamente un milione e mezzo di spettatori, che d’ estate sono tanti. Con qualche italiano di primo livello, non sarebbero aumentati ? Non è il caso per la TV di Stato di investire qualcosa che alla fine non sarà molto più di quello che costa un festival da seconda serata ? A proposito dei soldi, un uso migliore dei fondi che spendono i militari per atleti che non danno risultati (circa 200 persone tra atleti – un buon numero dei quali si vedono ai campionati regionali, e basta – e tecnici), e sono soldi pubblici, se concentrati renderebbero senz’altro molto di più. Insomma una logica del tipo: soldi garantiti solo ai super bravi. Agli altri, premi in denaro a fronte di risultati effettivi.
    9) L’anno prossimo ci sono gli Europei, una dimensione più adatta al momento attuale dell’atletica italiana. Non ho fatto controlli minuziosi, ma direi che già con i risultati di un’annata così misera come quella attuale, un’ottantina di atleti potrà fare il minimo. E’ una grossa occasione: i minimi, più facili, si possono fare per tempo e dunque si può programmare la stagione per arrivare al massimo della forma al momento che conta. Lo sa perfino Giomi che gli Europei sono una enorme cartina di tornasole per tutto il movimento, che dispone di un discreto numero di giovani potenziali talenti. Fra un anno si potranno vedere come stanno le cose. I risultati minimi da ottenere sono 30/35 (meglio 40) finalisti e almeno 20 atleti che spostino le loro dimensione su un piano davvero internazionale e che diventino la base minima per il biennio successivo.
    10) Nessun bilancio di previsione è serio se non definisce obiettivi realistici. Quali sono onestamente le possibilità ottimali dell’atletica italiana ? Facciamo quattro conti estremamente approssimativi, L’atletica ha una cinquantina di specialità. Gli atleti effettivamente top (quelli che vanno a medaglia salvo complicazioni) sono un centinaio. Per essere un atleta di questo livello, non ci vuole solo organizzazione ma anche talento, tanto. Alcuni lo mostrano in modo lampante (un nome per tutti, Howe) già da giovanissimi, altri un po’ dopo, ma in genere i supertalenti si vedono facilmente. Eccezioni ammesse. Quanti ne possono nascere in Italia: tre, quattro ? Su questi bisogna investire tutto quello che si può. Se poi succedono fattori negativi, amen. Esiste poi una fascia (diciamo 400 al mondo ?) di atleti che vanno normalmente in una finale mondiale e, in presenza di certe coincidenze favorevoli, possono fare medaglia. Quanti ne può sfornare il gene italiano. Diciamo dodici ? Quindici ? Quello che possiamo aspettarci, come dicevo anche prima, sono una ventina di atleti di livello mondiale. E, secondo me, ci sono. Vanno garantiti e, in base ai meriti, motivati e premiati.

    11) E’ comunque necessario che la regola fondamentale sia chiara da subito: se vuoi vivere di atletica devi fare risultati. In questa ottica, gli atleti devono accettare, quando necessario, nuove prospettive. Un velocista che non andrà mai sotto i 10″20 può diventare un ottimo staffettista. Investa in questa direzione. Ci sono le condizioni per mettere in piedi una 4×400 come non si è mai vista in Italia? Non si può farle fare una gara all’anno, praticamente per caso, con chi c’è, c’è. La Magnani a quanto pare ha capito che le conviene fare i 5000 ? Forse qualcun altro deve ripensare le proprie scelte, tenendo conto del panorama internazionale. Ci sono specialità dove c’è spazio, altre in cui lo spazio non c’è. Gli investimenti della Federazione devono essere ben indirizzati.
    12) Se non si raggiungono questi obiettivi minimi, meglio fare come gli inglesi. Volley e basket non hanno possibilità sul piano internazionale ? Niente soldi. Chi gioca, gioca per passione oppure, se è convinto di avere talento ma non ancora risultati, investa su di sé, come succede – più o meno – in tutti i campi della vita.

    • Fabio90

      15 Agosto 2017 at 18:38

      STANDING OVATION!! Guarda, non sono ironico, ti vorrei al capo dell’atletica italiana..e sono sicuro cheun 10% di risultati li raccoglieresti, sono d’accordo sul 99,9 % delle cose che hai detto!

  2. Gabriele Dente

    15 Agosto 2017 at 01:08

    Anche se non sono arrivati i record per me restano dei mondiali molto belli: ho visto almeno 12-13 finali fantastiche. Forse proprio il fatto che ci sia stato equilibrio e non il dominio dei favoriti li ha resi più emozionanti del solito. Tra le cose che mi hanno emozionato di più ci sono anche immagini che evidenziano lo spessore umano di alcuni atleti: Beitia che consola Trost dopo l’eliminazione, Kendricks che si confronta e poi incoraggia Lavillenie, e poi Bolt che saluta il pubblico. In quello sguardo mi è parso di vedere la gratitudine di chi sa che, senza il pubblico, il campione non ha senso, non esiste… Molto lontano dai divi che siamo abituati a vedere sui campi di calcio, tanto per fare un classico esempio. Gli atleti che parlano coi tifosi da cuore a cuore faranno sempre la fortuna delle loro discipline. E l’atletica, fortunatamente, con le sue prestazioni “umane” e coi suoi… buoni sentimenti ha dato una buona immagine di sé, più di quanto non abbia fatto negli ultimi anni.

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