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‘Cogito, ergo sport’: Jack Sintini e Mario Scappaticcio, campioni di sport e di vita
“Ogni favola è un gioco
se ti fermi a giocare…”
(Edoardo Bennato)
Ci sono favole che sono molto più di un gioco, favole che fanno riflettere, e commuovere, e ridere, e sognare. Storie che si incrociano, destini che giocano strani tiri…a chi i tiri li alza. Due palleggiatori, storie simili le loro, intense ed emozionanti perché non “vere soltanto a metà”. Giacomo Sintini, per tutti “Jack”, e Mario Scappaticcio, entrambi pallavolisti italiani, entrambi alzatori di serie A, entrambi MVP in due importanti finali nella stagione sportiva appena conclusa. Ciò che però accomuna, in modo particolare, i due campioni è la difficile pagina del loro passato, pagina che, se anche non può essere strappata via dal libro della loro vita, non si trova alla fine ma soltanto a metà racconto, ha aperto nuovi capitoli, molti ancora da scrivere.
“Gli infortuni sono messi in preventivo dagli atleti, fanno parte del gioco. Per una malattia è diverso. È arrivata senza alcun preavviso e mi ha colto del tutto impreparato”, afferma Scappaticcio durante l’incontro per l’iniziativa “TELECOM Alleniamoci alla Vita”, a un anno e mezzo dalla malattia che l’ha colpito nel 2005.
Coglierebbe impreparato chiunque il sapere di dover affrontare un percorso dove nessuno è in grado di assicurarne la riuscita. Così come nessuno poteva garantire al palleggiatore dell’Itas Diatec Trentino, Sintini, (premiato lo scorso marzo col “Premio Andrea Fortunato – Lo sport è vita”) che in circa un anno da quel giugno 2011 avrebbe sconfitto il tumore al sistema linfatico.
“Non si realizzerebbe ciò che è possibile se nel mondo non si aspirasse sempre all’impossibile”.
Le parole del filosofo Max Weber risuonano nell’orgoglio di un pallavolista come Scappaticcio che si definisce un “atleta partito da lontano, con un’altezza non significativa”, che nei mesi in cui ha lottato fuori dal campo contro la malattia non ha mai perso di vista il pallone. “Niente è impossibile”, afferma con in mano la Coppa Italia di serie A2 vinta con la sua Atripalda assieme al premio personale come miglior giocatore della partita. Niente è impossibile neppure per chi arriva a dover disputare, dopo un’intera stagione giocata senza mai essere entrato titolare, la gara più importante, la finale scudetto, come unico alzatore, a causa dell’infortunio del compagno di squadra Raphael Vieira de Oliveira. Non è impossibile perché l’uomo in questione è Giacomo Sintini che trascina i suoi verso la vittoria del Campionato. Eppure Jack, visibilmente commosso a fine gara, si dichiara solo una “persona normale”. Una persona normale che ha sconfitto il cancro, è tornato ad allenarsi nella squadra più forte d’Italia, ha giocato e vinto una finale in cui è stato premiato miglior giocatore. Una persona normale che sceglie di dedicare la vittoria a chi lotta ogni giorno per la vita.
“Un anno fa non sapevo nemmeno se sarei sopravvissuto. E ora lo scudetto. Lo dico a tutte le persone che mai si troveranno a essere malate di cancro o a quelli che sono ammalati di cancro adesso: non perdete mai la speranza perché il sole può tornare a splendere, cazzo, perché io l’ho visto, io c’è l’ho fatta. E non sono nessuno, sono una persona normale”.
(Giacomo Sintini nell’intervista post partita)
Sono solo uomini Mario Scappaticcio e Jack Sintini, solo uomini ma, come canta Niccolò Fabi, “è solo un uomo quello che mi commuove…
è solo un uomo ma lo voglio raccontare,
perché la gioia come il dolore si deve conservare,
si deve trasformare”.