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Sci di fondo

Tour de Ski 2018, sette tappe e tante energie richieste. Quanto influirà sulla preparazione olimpica?

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Non c’è una regola precisa che indica la via da seguire per i fondisti nell’anno olimpico in merito alla partecipazione o meno al Tour de Ski. I due precedenti (il Tour si disputa dal 2007 e dunque gli incroci tra la gara a tappe di inizio anno e i Giochi riguardano le edizioni di Vancouver e Sochi) non hanno tracciato una linea definita sulla utilità o meno della manifestazione a tappe in funzione dell’evento a Cinque Cerchi che si tiene mediamente poco più di un mese dopo la fine del Tour.

Di sicuro per smaltire le fatiche del Tour de Ski, disputato per puntare in alto, occorre tempo e riposo e il rischio di arrivare imballati alle Olimpiadi c’è. Quest’anno sono sette le tappe in programma, due sprint (una a tecnica classica e una a tecnica libera), una 15 km a tecnica classica maschile e 10 km a tecnica classica femminile con partenze a intervalli e sulla stessa distanza una pursuit a tecnica libera, una 15 km tecnica libera e classica mass start maschile e una 10 km tecnica libera e classica mass start femminile e la classica pursuit a tecnica libera con la terribile scalata del Cermis. Il percorso, sulla carta, è meno duro degli scorsi anni (non c’è la Cortina-Dobbiaco ad esempio) ma si tratta comunque di sforzi ripetuti, senza possibilità di smaltire le fatiche dei giorni precedenti e si può anche andare fuori giri.

Per questo elementi di prim’ordine come Bjoergen, Kalla, Klaebo, Niskanen, Haga, Sundby, Bessmertnykh, Nilsson, tanto per fare qualche nome, hanno deciso di evitare la gara a tappe, rinunciando di fatto a lottare per la Coppa del Mondo (Klaebo, che ha vinto tantissimo finora, potrebbe riuscire a vincerla lo stesso) e concentrandosi sulla preparazione delle gare di Pyeongchang.

Guardando indietro si nota come i due vincitori del Tour de Ski 2010 e 2014 maschile, rispettivamente Bauer e Sundby, non abbiano portato a casa ori dalla competizione a Cinque Cerchi, mentre al femminile nel 2010 la trionfatrice del Tour de Ski, la polacca Justyna Kowalczyk, conquistò a livello individuale un oro, un argento e un bronzo a Vancouver, mentre Therese Johaug, dopo aver vinto il Tour del 2014, si dovette accontentare di un argento e un bronzo a Sochi. Se al vincitore non sempre è andata bene, molte soddisfazioni olimpiche se le sono tolte i piazzati del Tour de Ski. Northug, ad esempio, nel 2010, dopo il secondo posto al Tour, dal Canada portò a casa due ori, un argento e un bronzo, mentre lo svizzero Cologna, terzo al Tour, fu oro nella 15 km a tecnica libera.

E’ anche vero che nella edizione 2014 dei Giochi Olimpici a fare incetta di ori furono Dario Cologna in campo maschile (due primi posti) e Marit Bjoergen in campo femminile (tre vittorie) ed entrambi non presero il via nel Tour de Ski che si disputò poco più di un mese prima.

La regola, dunque, al momento non esiste, anche se per le super star del fondo la regola appare sempre più chiara: niente Tour de Ski prima di un’Olimpiade. Preservare energie, evidentemente, è la priorità rispetto a gareggiare, magari vincere, acquisire fiducia e morale e anche tanti punti per la Coppa del Mondo che, dovessero andare male le Olimpiadi, è comunque un obiettivo da non sottovalutare.

 

 





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