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Federica Brignone: “Il fisico mi fa vivere alla giornata. Alle Olimpiadi me la gioco. Sarò soddisfatta se…”

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ESCLUSIVA – Mancano sempre meno giorni all’inizio delle Olimpiadi Invernali di PyeongChang 2018. Una delle atlete di punta della squadra di sci alpino sarà Federica Brignone. La nativa di Milano ci ha concesso una lunga intervista, in cui ha espresso le sue aspettative ed il suo stato d’animo nella marcia d’avvicinamento ai Giochi. Non è stata una stagione semplice, iniziata con la pubalgia che ha interrotto sul più bello la sua preparazione, ma la 27enne ha stretto i denti, è rientrata ed ora viaggia verso la Corea con la consapevolezza di potersi giocare qualcosa di importante.

Ciao Federica. Partiamo dal weekend di Bad Kleinkirchheim: che sensazioni ti dà aver trovato di nuovo la vittoria in velocità e soprattutto il primo podio in discesa?

È stata un’emozione bellissima. Non mi aspettavo di vincere il primo giorno e ancora meno di fare un podio in discesa. Non pensavo mai di farlo nella mia vita e invece è capitato“.

È un risultato che può cambiare volto alla tua stagione, considerando anche come è cominciata?

Sì e no. Avevo lavorato per fare una stagione del genere, però con quello che mi è successo, non sapendo neanche se avrei potuto fare l’intera stagione, direi che sicuramente è stata una sorpresa, emozionante e piacevole. La mia stagione però non cambia, nel senso che il programma che avevo per queste settimane rimane quello“.

Come hai vissuto la prima parte di stagione? I guai fisici sono arrivati proprio alla fine della preparazione, prima del via.

L’ho vissuta male. È stato estenuante. Se ti dicono ‘starai fuori uno, due mesi’ sei più tranquilla perché lo sai. Io non lo sapevo. Non avevamo capito bene da che cosa era causato il problema, cosa fare. Sono quei problemi che purtroppo non sai bene come curare. Si va un po’ per tentativi. Per me è stato estenuante perché abbiamo provato tante cose. Ero come una trottola: tutti i giorni in viaggio per cercare una soluzione, poi la fisioterapia… Chi mi è stato intorno è stato molto bravo perché abbiamo cercato di fare tutto. Io pensavo di stare fuori due settimane, fino a Sölden, e invece poi sono diventate tre, quattro, sette settimane. Dopo un po’ mi sono detta ‘o succede qualcosa o non riesco a fare la stagione“.

I risultati però sono stati incoraggianti nelle prime gare. Il podio era lì, mancava solo qualcosa…

Sì, quando manchi due, tre mesi, in genere non arrivi neanche nelle cinque. Io stessa e tutto il team eravamo molto sorpresi di come ho sciato nella prima gara, con soli tre giorni di sci nelle gambe“.

Solo un mese fa dicevi di “vivere alla giornata”, di non sapere come sarebbe andata la stagione. Da allora è cambiato qualcosa?

Non è cambiato niente, sto andando ancora così. Noi abbiamo un programma di massima, ma se io domani dovessi sentir fastidio o male allora potrei saltare anche tutto il weekend. Purtroppo è così. Anche prima di Kranjska Gora ho avuto male di nuovo. Ho fatto la gara ma il giorno prima non avevo sciato e il giorno dopo ho dovuto riposare. Vivo sempre alla giornata ma posso dire che sono molto più serena: ora so che nove giorni su dieci sto bene. Solo da dieci giorni ho ripreso a corricchiare. Ho sciato ma fisicamente non posso far tutto, non posso ancora caricare“.

Come la gestisci a livello mentale?

Mentalmente è tosto. Sono tre anni che lavoro perfettamente e che non ho più avuto problemi fisici grossi. Sto molto bene e il tanto lavoro degli ultimi anni si vede, sto vivendo di rendita. Nessuno nota che Brignone è due mesi che non scia. Ma è difficile star lì con la metà dei giorni di preparazione. Io sto prendendo più confidenza. Forse nelle prime gare mi è mancata un po’ di abitudine, non ci ho creduto davvero. Ora mi sto fidando di più. Ho visto che nonostante la pausa sugli sci mi sono sempre sentita a mio agio, ci è voluto poco per ritrovare le sensazioni giuste. Sto cercando di sopprimere i pensieri negativi e autoconvincermi. È dura ma ci sto provando. Voglio pensare solo a sciare“.

In generale è un periodo positivo per tutta la squadra azzurra. Anche gli uomini hanno trovato risultati importanti tra dicembre e gennaio. Che atmosfera si respira all’interno dell’ambiente?

Devo dire che i risultati non cambiano molto. In generale siamo una squadra serena, c’è sempre un buon umore. Gli allenatori sono tranquilli e riescono a trasmetterlo a tutte noi. Poi è chiaro che alcune fanno risultati e altre no, magari da certe atlete si aspettavano qualche risultato in più che non è venuto. Ma l’ambiente c’è. Quando vedi che le compagne con cui ti alleni arrivano sul podio allora ci credi anche tu. Penso che siamo tutte molto motivate, abbiamo un livello pazzesco nella nostra squadra e in allenamento spingiamo sempre di più. È questo il nostro “segreto” in questo momento“.

Viste queste premesse: arrivi con più fiducia a PyeongChang rispetto a un mese fa o all’inizio della stagione?

Secondo me cambia poco perché alle Olimpiadi si azzera tutto, quello che è successo prima non conta più. Ma anche adesso: in tutte le gare, che vada bene o male, bisogna essere bravi a voltare pagina. Ogni gara è una storia a sé, ogni manche è diversa. Alle Olimpiadi può succedere di tutto. Io mi auguro che sia una buona spedizione, che noi italiani possiamo arrivare lì mentalmente e fisicamente bene in modo da provarci dalla prima all’ultima porta. È l’unico modo per ottenere dei buoni risultati. Nel nostro sport non si può mai sapere, nemmeno il migliore può essere sicuro di vincere una medaglia. Noi non abbiamo mai le stesse distanze, gli stessi tracciati. Non c’è mai una curva uguale all’altra“.

Il calendario di PyeongChang ti consentirebbe di provarci anche in discesa. Come consideri la pista? È adatta a te?

In discesa e superG non ero andata male lo scorso anno (quarta in superG, ndr). Era una tracciato ritmico, che girava molto. Dipende anche da quello. Per il superG ci sarò, per la discesa aspetto le convocazioni. Non posso decidere io di farla, dipende se mi portano o meno. Quando sarò là farò sicuramente le prove per la combinata, poi verrà presa la decisione. In discesa non ci sono grosse pendenze, la pista non ha enormi difficoltà e per me non è ideale. Io vado bene in piste con curve pazzesche e con ghiaccio, tipo Bad Kleinkirchheim. Dipenderà anche dalla neve. La decisione finale spetta in ogni caso agli allenatori: io posso dire che ad un’atleta come me, che non ama i piani, farei prima fare le prove e poi deciderei“.

In gigante, invece?

La pista del gigante non me la ricordo sinceramente, perché quando l’ho vista non era in buone condizioni, era impossibile sciarci sopra. Ma anche in quel caso dipenderà dalla neve che troviamo. Non è così difficile ma non è nemmeno semplice“.

Recentemente hai dichiarato che in occasioni come le Olimpiadi c’è una pressione mediatica molto forte. Anche Sofia Goggia si era espressi in termini simili a inizio stagione dicendo che gli italiani faticano negli eventi “one-shot”. Come si gestisce una pressione del genere? 

Da noi c’è tantissima gente che magari non conosce bene il nostro sport o magari lo conosce in parte. Noi non siamo calciatori, non siamo sotto i riflettori tutti i giorni. Noi facciamo le nostre gare e quando andiamo bene allora abbiamo un po’ più di visibilità e qualche intervista in più, ma non è una gran cosa. Alle Olimpiadi tutto questo si centuplica, c’è molta più attenzione e tanta gente inizia a pretendere dei risultati. In questo sport purtroppo non si può prevedere nulla. È difficilissimo dire ‘io sicuramente vincerò una medaglia’. Io posso dire che ce la metterò tutta. Il nostro è uno sport difficile perché non c’è margine di errore. In più in Italia per questi eventi invece di essere tutelati siamo ancora di più sotto i riflettori: la pressione aumenta ed in uno sport come il nostro è molto sentita e fa male“.

Che Federica arriva a PyeongChang rispetto a Sochi?

Io a Sochi rientravo da una stagione in cui ero stata completamente out. Non avevo la continuità che ho adesso come atleta. Anche mentalmente dall’anno scorso ho fatto un passo avanti, in quasi ogni gara riesco a fare quello che ho in mente. Prima magari mi lasciavo più trasportare dalle cose. Il mio augurio è di stare bene, continuare a star così e di provarci. A Sochi avevo le mie possibilità ma ero un’outsider; quest’anno tanti conteranno su di me, posso giocarmela in più discipline. Non ci arrivo da favorita ma sono una delle migliori. Spero di riuscire ad uscire da queste cose, come sto facendo in Coppa, e di fare la mia miglior prestazione. Solo così posso giocarmi un grande risultato. Cercherò di isolarmi“.

Quindi non porterai nessuno della tua famiglia?

In generale non mi è mai piaciuto avere la famiglia addosso. Io adesso giro con mio fratello, che è sempre accanto a me e mi è di grande aiuto, specie mentalmente. Mi dà una grossa mano in tutto. Mia mamma fa il suo lavoro. Lei è una giornalista. Mi fa piacere quando c’è ma non è mai stata una che mi ha imposto di fare sci e di diventare una professionista. Nessuno ha deciso per me, sono stata io a farlo qualche anno fa. Fino ad allora la vivevo come un divertimento, non come un lavoro. In famiglia abbiamo sempre vissuto lo sport così“.

Federica lascerà PyeongChang soddisfatta se…

Devo ammettere che se dovessi tornare senza medaglia non sarei soddisfatta. So che sarà difficilissimo e ce la metterò tutta. Ma se non dovessi riuscirci potrò dire comunque di essere una che ci ha provato. Potrò pensare che nella mia vita mi sarò giocata una medaglia olimpica. Io spero solo di fare le mie migliori performance. Tornerò soddisfatta solo in questo caso, indipendente da pista, stress, ecc. Se avrò fatto il mio sarò soddisfatta“.

Riuscirete mai tu e le altre azzurre a giocarvi la Coppa del Mondo con Mikaela Shiffrin?

È complicato dirlo. Lei è pazzesca ma è umana anche lei. Mentalmente e tecnicamente è perfetta, non ha un difetto, ha cose che altre non hanno. Ma nella vita e nella carriera non si sa mai. Sinceramente se penso a fare una lotta con Shiffrin penso che non vincerò mai, perché non è un uno contro uno. È una gara individuale, contro il cronometro. Bisogna pensare ad essere migliori e superarsi da soli. È una lotta contro se stessi e solo così potremmo pensare di poter lottare per qualcosa di grande“.





 

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alessandro.tarallo@oasport.it

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Foto: Pentaphoto/FISI

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