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Bolt diventa leggenda, Rudisha fa la storia

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Usain Bolt è definitivamente nella leggenda. Mito. Icona. Chiamatelo come volete. Le polemiche di Rogge lasciano il tempo che trovano. Lo è per sempre. Indelebilmente. Scalfito nella roccia. Ad eternum avrà il suo nome stampato sulle piste di tutto il pianeta. Primo uomo a riuscire nella storica doppietta olimpica 100-200 per due volte consecutive! È anche il primo a confermare il titolo sulla doppia distanza! Eguaglia il record olimpico di Michael Johnson. Quel 19.32 di Atlanta 1996 che rimase record del Mondo fino all’avvento del Fulmine. Quarto tempo all time. L’unico atleta con quattro titoli individuali nello sprint. Cinque medaglie d’oro nell’atletica messe al collo prima di aver compiuto 26 anni (le candeline le spegnerà il 21 agosto). E c’è ancora la 4×100 di sabato. Stop.

Lo dirà lui stesso nelle interviste dopo gara: “Ero venuto qui per l’oro, adesso sono una leggenda, sono il più grande atleta vivente. Sono sullo stesso piano di Michael Johnson, un mito per me, sono cresciuto vedendolo battere record su record. E’ stata una corsa dura, sentivo la pressione degli altri, ho pensato di eseguire la mia corsa come mi aveva detto il mio allenatore, ho pensato molto alla tecnica”. Così è. Una bella corsa, sempre alto con le ginocchia, schiena bella dritta, braccia sempre puntualmente a 90°, non ha mai perso la frequenza. È partito come una furia, poi una curva non spettacolare come quella di Berlino, gli ha impedito di migliorarsi. Su una pista così veloce era tutto possibile. Il 9.63 dei 100 lo proiettava a un 19.06 sul mezzo giro di pista. Fantascienza. È alieno, ma fino a un certo punto. A quel punto, capendo che il cronometro gli stava fuggendo di mano si è lasciato andare nel finale. E ha avuto il tempo per uno show prima della linea del traguardo. Dito sulle labbra per zittire tutti. Ma rivolto a chi? A Blake ancora secondo (19.44) dietro di lui? Ai giornalisti che non credevano nelle sue riconferme? Di certo non al pubblico che lo ama sempre di più ed è sempre pronto a godersi i suoi spettacolini. Dopo l’arrivo, senza nemmeno riprendere fiato, qualche flessione di scherzoso decalage ed è andato verso i suoi supporter. Arrivato davanti ai fotografi, ha scippato la macchina fotografica a uno di loro e ha scattato qualche foto, prima di restituire il “maltolto”. Non finisce qui perché il podio è tutto giamaicano. Terzo a sorpresa giunge Warren Weir (19.84), ventunenne con la faccia da adolescente. Un tripletta merito del grande tecnico Mills che allena talenti e li fa diventare fenomeni. Delude il francese Christophe Lemaitre, bronzo mondiale, che si era risparmiato apposta i 100m per arrivare più fresco all’appuntamento; chiuderà solo sesto (20.19). Cercava il record europeo di Mennea. Beh è parecchio lontano dal 19.72… Settimo l’ecuadoregno Queinonez. Sì, proprio colui che battè solo al fotofinish Andrew Howe a Pergine un mesetto fa.

 

In testa dal primo all’ultimo metro. Non ha bisogno di lepri. La lepre è lui. Parte, passa in testa, corre, tiene alto il ritmo, scatta, scappa, vola, sprinta. Fa tutto da solo. David Rudisha entra nella storia dell’atletica dominando gli 800m con una prestazione magistrale. Da registrare, tenere gelosamente custodita e mostrare a ripetizione nelle accademie. Dagli altopiani del Kenya un ventitreenne riscrive gli almanacchi, sveglia l’Olimpico e sbanca. Che in tre parole vuol “semplicemente” dire Record del Mondo! 1:40.91. 190cm di potenza ed eleganza. Corre più veloce del vento. Con cuore. Con coraggio. Con grinta. Senza guardare in faccia a nessuno. Senza la paura di affondare. Senza fare calcoli. Da iridato. Da vero campione. Da vero uomo. Il primo a scendere sotto la fatidica barriera dei 101 secondi. Abbassa di dieci centesimi il suo tempo di due anni fa fatti registrare sulla velocissima pista di Rieti.

Il doppio giro della morte più stellare di sempre. Era da Montreal 1976 che non si stabiliva un record sulla distanza in una rassegna olimpica: fu l’icona della disciplina Juan Alberto Juantorena (zio del pallavolista Juantorena che ha trovato fama a Trento) a riuscirci. In otto a migliorare il proprio personale, tre record nazionali (Nijel Amos, Botswana, argento in 1:40.91 e Aman Mohammed, Etiopia, sesto in 1:43.20 oltre ovviamente a quello di David). È il primo primato a cadere in questa rassegna a cinque cerchi. Poteva quasi essere una gara juniores visto che, esclusi i due statunitensi, erano presenti un diciassettenne, due diciottenni, un diciannovenne. Bronzo a Timothy Kitum (Kenya, 1:42.53).

 

stefano.villa@olimpiazzurra.com

(foto IAAF)

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