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Ciclismo, la scomparsa degli scalatori. Ora a vincere i Grandi Giri sono cronomen che si difendono bene anche in salita

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Il ciclismo è cambiato. Com’era scontato che fosse. Gli anni passano e davanti, soprattutto nei grandi giri (Tour de France in primis) non troviamo più gli scalatori puri, che nei primi anni del nuovo millennio e soprattutto negli anni ’80 e ’90 la facevano da padrone. Un nuovo tipo di corridore è salito ai vertici: si tratta dei cronomen che si difendono bene in salita.

Passisti, ma con doti di resistenza quando la strada sale. I primi ad attuare questa rivoluzione, ovviamente, sono stati gli uomini del Team Sky. Nessuno si sarebbe aspettato una crescita così clamorosa da parte di Bradley Wiggins, plurimedagliato alle Olimpiadi di ciclismo su pista, che nel 2012 è riuscito addirittura a volare in Maglia Gialla a Parigi, nonostante una stazza tutt’altro che ideale per le montagne. Poi è arrivata la volta del semi sconosciuto Chris Froome, che si è andato a prendere addirittura per quattro volte lo scettro in terra transalpina. Quest’anno, sempre per quanto riguarda lo squadrone britannico, è toccato a Geraint Thomas, altro pistard che ha cambiato lo stile di pedalata, diventando addirittura dominante sulle montagne. Corridori della Sky ma non solo: tutti ricordano l’impresa di Tom Dumoulin al Giro d’Italia contro Nairo Quintana e Vincenzo Nibali, di recente anche Primoz Roglic ha fatto vedere di valere il podio in una grande corsa a tappe.

Lo scalatore puro ormai nei grandi giri fa davvero fatica. Dando per scontato almeno 2′ persi a cronometro, diventa quasi impossibile, visto il livellamento che troviamo in questi ultimi tempi, recuperarli in salita. Serve sempre più fantasia, attaccare da lontano e provare a mandare in crisi i rivali: ci ha provato, con risultati discreti, Simon Yates al recente Giro d’Italia, prima di saltare malamente negli ultimi tre giorni. Ora, alla Vuelta, sarà la volta di Fabio Aru e del colombiano Miguel Angel Lopez: tra i rivali più accreditati c’è quel Richie Porte che già al Tour avrebbe potuto fare la voce grossa, ma a causa di una caduta ha dovuto dire addio alle speranze di gloria. Altro passista spostatosi verso le salite: la sfida sulle montagne spagnole sarà più aperta che mai.

 

gianluca.bruno@oasport.it

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Foto: Valerio Origo

4 Commenti

1 Commento

  1. bdzfvg

    20 Agosto 2018 at 01:07

    concordo perfettamente con quanto sopra; d’altronde è anche giusto che uno per vincere un grande giro debba sapersi arrangiare su tutti i percorsi. Inoltre oggigiorno le squadre contano moltissimo e ci sono corridori (anche non scalatori ma buoni passisti) che , a turno, si sfiancano alla morte per portare il capitano fino all’ultimo kilometro. Questa strapotenza delle squadre fa sì che uno non si fidi ad involarsi alla base o a metà salita , ma aspetti gli ultimi 1000 m. Mi sarebbe piaciuto che all’ Alpe d’huez al primo scatto di Nibali si fosse accodato qualche scalatore: la distanza era ancora di 5 km e se quelli rimasti dietro , nel tentativo di reagire, entravano in crisiavremmo potuto vedere distacchi d’altri tempi. Detto questo ho comunque l’impressione che ora non ci siano scalatori alla Pantani, Gaul ( chi si ricorda il miglior Massignan?)che procedono piu’ con un scatto prolungato piuttosto che con un ritmo senza scosse. Colgo l’occasione per chiedere a tutti voi : se il padellone ovale di Froome dà dei vantaggi (lo dicono i tecnici) perchè non lo usa Nibali o altri corridori con la struttura fisica di Froome. Quando Fromme fa le “frullate” si ha l’impressione che le faccia sempre senza appensantire la pedalata, ma abbastanza sciolto. Se usa un rapporto leggero, perchè altri non fanno lo stesso ? Grazie della risposta.

    • ale sandro

      20 Agosto 2018 at 09:58

      In merito all’ovale di Froome e al rapporto agilissimo, immagino che in tanti in gruppo l’abbiano testato in allenamento , senza sbandierarlo ai quattro venti.
      In genere nello sport quando ci sono novità tecnologiche o di stile , si studia immediatamente il fenomeno e si cerca di riprovarlo per vederne i vantaggi.
      Probabilmente si saranno resi conto che non c’era quell’efficacia nella loro pedalata, come invece si ritrova ad avere Froome, il quale rappresenta un’anomalia nel mondo del ciclismo.
      Per molti quella pedalata risulta essere innaturale e non li fa guadagnare, però se a lui va bene , buon per lui.
      Mi sembra però che come tendenza in gruppo , ci si stia avvicinando a rapporti più leggeri anche da parte degli stessi scalatori o presunti tali , anche se non così leggeri come quelli del britannico.

      Piuttosto parlavi di Massignan, ci potrei aggiungere Baronchelli per rimanere in Italia, uno dei primi corridori che ho apprezzato, ma anche tanti altri italiani e stranieri.
      Manca un certo tipo di scalatore classico, capace di staccare e rilanciare con rapporto da scalatore (quindi non agile) e anche di interpretazione della corsa, al di là del valore delle squadre e del lavoro che fanno , e l’esempio che hai citato calza a pennello.
      Anche se qualcuno avesse raggiunto Nibali , difficilmente avrebbe voluto rilanciare l’azione. Se ne sarebbe rimasto a ruota.
      Ripeto però , in linea generale in questi anni mi sembra che i passisti-scalatori vadano in montagna più forte degli scalatori stessi, e quando questi escono dal gruppo , mi pare non ne abbiano per fare la differenza più di tanto.

  2. ale sandro

    18 Agosto 2018 at 16:03

    I grandi giri sono stati vinti spesso e volentieri da passisti-scalatori, e questo da sempre.
    Anche i cronomen puri non vanno da nessuna parte se non vanno forte in salita.
    Senza andare molto indietro nel tempo lo stesso Contador è stato il prototipo del passista-scalatore assolutamente forte in entrambe le situazioni di corsa: a crono e in montagna.
    Ma la stessa cosa era per tanti altri compreso Indurain , che era non soltanto un cronomen ma decisamente un corridore fortissimo in salita , tanto da andare come e più forte degli stessi scalatori, seguendo di volta in volta l’attaccante di giornata. Non parliamo poi del suo valore anche in corse da un giorno , come lo stesso mondiale in linea, dove più volte si è giocato il titolo perdendo allo sprint da corridori più veloci di lui (Bugno), o per gioco di squadra (Olano a Duitama, dove fu secondo davanti a Pantani in volata). Ma questo è un altro discorso.

    Mi sembra che sia la peculiarità per un ciclista per poter vincere un grande giro, l’essere forti sul passo e in montagna ed avere grande fondo.
    Gli scalatori puri hanno sempre fatto molta fatica a prevalere nei grandi giri.
    Anche i fuoriclasse alla Bartali, Gaul e Pantani hanno sempre dovuto difendersi a crono (andando però forte anche qui, in caso di crono scalate o crono con salita impegnativa, senza “piattoni” dunque), per poi fare la differenza in montagna, con rapporti più duri rispetto ai passisti-scalatori, specialmente con attacchi alla distanza o a metà dell’ultima salita, non in prossimità del traguardo come invece accade spesso oggi.

    Ecco secondo me dove sta la differenza, cioè di come si affrontano le salite.
    Oggi vanno per la maggiore le alte frequenze di pedalata con rapporti più agili di un tempo, vuoi per la possibilità di utilizzarli, vuoi perchè un certo tipo di ricerca e metodologia è andata in quella direzione.
    Gli Sky spingono molto in questo , ma è un po’ tutto il gruppo ad interpretare così , ecco perchè a mio parere c’è questo tipo di livellamento , dove le differenze emergono solo nel finale, con tanti che gestiscono per poi provare negli ultimi due tre chilometri.
    Ovvio che l’essere forte in salita non permetterà comunque di fare la differenza quanto a cronometro.

    A mio parere c’è anche da considerare che i cosiddetti scalatori odierni, tolta qualche rara eccezione, non sono superiori in montagna ai passisti-scalatori coi quali devono competere,che piaccia o no si sono dimostrati migliori in svariate circostanze anche in salita oltre a esserlo già a cronometro.

  3. Luca46

    18 Agosto 2018 at 11:52

    In realtà lo è sempre stato. Indurain non era di certo uno scalatore. Così molti altri prima di lui. Il punto è che non si possono vincere i giri senza andare forte a cronometro ed in Italia soprattutto dovremmo investire di più in questa specialità. Ora pensare che Froome non sia uno scalatore mi fa sorridere. Forse è più correttoparlare di scattisti. Questo però è anche frutto del fatto che oramai a ruota si possono risparmiare quelle energie che nelle ultime fasi della gara possono risultare determinanti. La differenza viene fatta in poche centinaia di metri. Lo stesso Pantani nel tempo si è migliorato molto a cronometro. Per vincere bisogna essere completi e andare forte in ogni circostanza, le lacune non sono ammesse. Pur rispettando la tua opinione trovo che sia abbastanza banale. Insomma per vincere o sei un cronoman che si difende in salita o sei uno scalatore che si difende a cronometro, di qui non si scappa. Se non ci sono scalatori che si difendono a cronometro è avvio che a prevalere saranno gli altri. E’ sempre stato così però.

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