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Francesca Schiavone, la Leonessa che ha scaldato l’Italia. L’addio di una leggenda vincente
C’è stato un momento della storia del tennis italiano in cui tre milioni e mezzo di persone si sono strette, nello stesso momento, davanti agli schermi di Rai2 (senza contare coloro che erano rimasti fedeli a Eurosport), per la prima finale in un torneo del Grande Slam da parte di una giocatrice azzurra. Quel frangente era il tie-break del secondo set, quel tempo era l’orario compreso tra le 16:40 e le 16:50 di sabato 5 giugno 2010, quella giocatrice italiana era Francesca Schiavone, opposta a Samantha Stosur.
Il pomeriggio che regalò il primo Slam alla milanese fu il momento più alto della sua carriera, ma certamente non l’unico degno di nota. La Schiavone, nata a Milano il 23 giugno 1980, di grandi cose ne ha fatte in 22 anni di frequentazione del circuito professionistico, dal primo match giocato a Bari all’ultimo disputato a Gstaad.
Francesca è cresciuta in un circolo nel quale oggi del tennis non c’è più traccia: l’accademia Inter, a Milano. Lì, da bambina, ha incontrato Daniela Porzio, che era una maestra di una certa importanza, una numero uno d’Italia negli Anni ’50, non una delle tante. A 11 anni, si è trasferita al Tennis Club Milano, che è più conosciuto semplicemente come “il Bonacossa”, quello dello storico Trofeo Bonfiglio, dove ha trovato Barbara Rossi, che ha dato una bella mano anche a Flavia Pennetta nel suo percorso di crescita.
A 16 anni, il suo nome ha fatto la sua prima comparsa in un torneo ITF, a Bari. Poi, wild card al torneo di Orbetello, prima vittoria contro la francese Anne-Laure Le Guennec. In sequenza piuttosto rapida sono poi giunte la crescita, il primo invito per le qualificazioni a Roma, la prima vittoria su una top 100 (Florencia Labat, argentina) a Buenos Aires nel novembre 1998. Il primo match in un tabellone WTA l’ha disputato a Roma, dopo aver passato le qualificazioni nel 1999; l’anno dopo ha definitivamente spiccato il volo verso il circuito maggiore, chiudendo pure l’anno nella top 100, da cui non uscirà più per 15 anni abbondanti.
Nel 2001 è arrivato il primo quarto di finale a Roma con lo scalpo della bulgara Magdalena Maleeva, allora numero 15 del mondo, e a stretto giro anche il primo quarto Slam, al Roland Garros, con tanto di scalpo di Amanda Coetzer, allora numero uno del Sudafrica e 13 del mondo. Martina Hingis, dopo la vittoria su di lei, dirà: “Sarà un’avversaria pericolosa, soprattutto sulla terra”. La sapeva lunga, Martina. Più avanti nell’anno, ha vinto per la prima volta contro una top ten, la francese Natalie Tauziat, a Mosca.
Dopo un 2002 di costruzione della classifica, in cui si è scontrata spesso con Henin, Mauresmo e le Williams, nel 2003 è arrivata ai quarti di finale degli US Open, in un’edizione sconvolta dalla pioggia: dopo aver vinto in quattro giorni contro Ai Sugiyama, è stata ributtata in campo un’ora e mezza dopo contro Jennifer Capriati. Gianni Clerici la definì “vittima di una porcata infame”. Nel 2004 ha iniziato a contendere il numero uno d’Italia a Silvia Farina, che da anni lo deteneva, e ha raggiunto i quarti di finale alle Olimpiadi di Atene, battuta dalla russa Anastasia Myskina pochi mesi prima vincitrice del Roland Garros.
2005 e 2006 sono i migliori anni della prima carriera della Schiavone: nel 2005 ha battuto Serena Williams in una splendida notte di secondo turno al Foro Italico, raggiungendo poi i quarti di finale, ma il meglio l’ha riservato per un incredibile torneo di Mosca, in cui la lista delle battute recita Benesova-Mauresmo-Kuznetsova-Dementieva prima della sconfitta con Mary Pierce in finale. Nel 2006 ha trascinato l’Italia alla conquista della prima Fed Cup della sua storia, battendo il Belgio in finale e contribuendo, con Roberta Vinci, alla soluzione positiva del doppio decisivo (con ritiro della Henin quando le azzurre avevano già indirizzato la partita).
Gli anni tra l’assestamento e la difficoltà sono il 2007 e il 2008. Nel primo, Francesca ha trovato a Bad Gastein la prima vittoria in un torneo WTA dopo otto finali perse. portando l’Italia a una nuova finale di Fed Cup (stavolta persa) dopo un weekend di luglio da brividi contro la Francia. Il 2008 non ha portato grandi risultati nei tornei, ma ha avuto un enorme picco: la vittoria su Justine Henin nei quarti di Dubai. La belga era allora incontrastata numero 1 del mondo.
Nel 2009, è arrivato il primo momento in cui per l’azzurra pareva tutto finito. Sconfitte su sconfitte, la discesa in classifica, e poi la resurrezione sull’erba, con semifinale a ‘s-Hertogenbosch e soprattutto quarti di finale a Wimbledon, fino ad allora un rebus irrisolto per lei. Di lì, un’estate in crescendo, gli ottavi agli US Open battendo una rampante Victoria Azarenka e la vittoria a Mosca nel finale di stagione per chiudere di nuovo l’anno nelle prime venti. In realtà, qualcos’altro da annotare c’è: un’altra Fed Cup in cascina. Il quartetto di quell’Italia recitava Schiavone-Pennetta-Errani-Vinci (a proposito: la vera impresa del weekend fu di Sara e Roberta, col successo sulle numero 1 di doppio Huber/Raymond).
Anno 2010. Maggio. Francesca Schiavone, dopo un ottavo a Melbourne e un torneo vinto a Barcellona, è su un campo senza telecamere, contro Regina Kulikova, a sette punti dall’eliminazione immediata al Roland Garros.. Nemmeno lei sapeva, in quel momento, cosa sarebbe successo di lì a due settimane. Cosa sia accaduto, ormai, è Storia. Il terzo turno con Na Li, i magistrali quarti con la Wozniacki, la semifinale-battaglia interrotta per ritiro della Dementieva, la vittoria per 6-4 7-6(2) su Samantha Stosur in finale, la top ten mantenuta per un anno e mezzo.
Di lì, sono iniziati mesi un po’ difficili, finiti con gli US Open, dei quali, più che i quarti di finale, è ricordato il tweener nel secondo set contro Alona Bondarenko, in grado di innescare paragoni con Federer (però la milanese quel colpo, seguito da un vincente di dritto, l’aveva già eseguito e l’avrebbe compiuto innumerevoli altre volte). Inoltre, è arrivata la prima e unica partecipazione ai WTA Championships di fine anno, in cui è però uscita nel round robin; è stata l’ultima avversaria di Elena Dementieva. Ha chiuso l’anno portando l’Italia al terzo successo in Fed Cup, in collaborazione con Flavia Pennetta.
Si parla del 2011, si parla del leggendario match contro Svetlana Kuznetsova negli ottavi degli Australian Open: 4-6 6-1 16-14, quattro ore e 44 minuti, numero 4 del mondo conquistato. L’avventura aussie si è fermata nei quarti con Caroline Wozniacki, allora numero 1 WTA, spaventata per un’ora abbondante. Sono arrivati poi gli ultimi quarti a Roma e la seconda finale a Parigi, finita però male, con la sconfitta per mano di Na Li e un punto erroneamente invertito dalla giudice di sedia Louise Engzell nel 12° gioco che avrebbe potuto cambiare tutta la storia di quell’incontro. Di lì, è iniziata una lenta discesa in termini di forma che l’ha portata a uscire dalla top 10 nel finale di stagione.
Nel 2012, i problemi si sono fatti più evidenti: c’è stata la vittoria a Strasburgo, ma anche l’eliminazione al terzo turno a Parigi. Di buono ci sono stati gli ottavi di finale a Wimbledon, persi con un pizzico di sfortuna contro la vincitrice dell’anno precedente Petra Kvitova. Un traguardo simile la Schiavone l’ha raggiunto per l’ultima volta nel 2013, ancora nel suo Roland Garros, uscendo stavolta per mano dell’Azarenka dei tempi migliori. Nel frattempo, c’è stato un altro successo a livello WTA, stavolta a Marrakech.
A un certo punto, Francesca non ha più raggiunto i risultati del passato, ma ha continuato a regalare partite memorabili: ne sanno qualcosa Eugenie Bouchard (Roma 2014), Angelique Kerber (Anversa 2015) e ancora Svetlana Kuznetsova, con cui ha dato vita a un secondo scontro epico, e tennisticamente bellissimo, vincendolo ancora per 10-8 al terzo set sul Court 1 del Roland Garros, e poco importava che fosse un secondo turno. L’importante era vedere lo spettacolo, quello con cui lei si stava divertendo, perché il tennis l’ha sempre vissuto su un sottile filo che lega un rovescio a una mano a una soluzione imprevedibile, una discesa a rete a una chiamata a raccolta del pubblico.
Gli ultimi due tornei vinti dall’azzurra sono stati quelli di Rio de Janeiro nel febbraio 2016 (contro l’americana Shelby Rogers) e quello di Bogotà nell’aprile 2017 (contro Lara Arruabarrena). L’ultima volta a Roma si è materializzata quest’anno, con la sconfitta lottata contro Dominika Cibulkova; la settantesima, e definitiva, presenza a livello Slam si è avuta al Roland Garros contro Viktoria Kuzmova; la partita che ha virtualmente chiuso il cerchio è stata, a sua volta, un’altra chiusura del cerchio. Perché forse era giusto che la fine giungesse sulla terra (di Gstaad, ma sempre terra) contro colei che nello Slam rosso aveva battuto: Samantha Stosur da Brisbane.
Quando volle fare sul serio, a Milano, Francesca Schiavone si sentì chiedere perché fosse lì. Lei rispose di voler diventare una persona migliore e vincere il Roland Garros. Oggi, in conferenza stampa, ha detto: “Avevo due sogni nella mia carriera: vincere il Roland Garros e diventare una top ten. Ce l’ho fatta, e sono incredibilmente felice“. Felice come lo era in quel giorno di giugno del 2010, in cui fece risuonare l’inno di Mameli sul Court Philippe Chatrier e nel quale diede vita a momenti di spettacolo puro nel corso della premiazione, per un semplice motivo: non s’era preparata niente, “perché quando preparo le cose poi non accadono mai“. Quella che non era preparata a un’emozione del genere, però, era l’Italia tennistica.
Forse, però, un riassunto tra i più giusti sull’azzurra l’ha fatto un uomo, che l’aveva vista giocare nel tabellone cadetto a Parigi di quest’anno, come fosse una qualsiasi. La parola, allora, al doppista brasiliano Bruno Soares: “Un’ex campionessa del Roland Garros sta giocando le qualificazioni e lotta come una pazza. Ogni bambino che vuole diventare un atleta professionista dovrebbe andare a veder giocare la Schiavone“.
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federico.rossini@oasport.it
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Foto: Ike Li / Shutterstock