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Boxe, Raffaele Bergamasco: “Uno dei pochi ad aver vinto Mondiali con due Nazioni diverse. Vi racconto la mia India”
ESCLUSIVA OA SPORT – Raffaele Bergamasco è uno dei tanti casi di allenatori che esportano all’estero con successo le metodologie italiane. Il 47enne di Torre Annunziata aveva guidato la Nazionale azzurra maschile nello scorso quadriennio olimpico, svezzando alcuni pugili di valore come Valentino Manfredonia e, soprattutto, Guido Vianello, peso massimo che ha appena intrapreso la carriera da professionista con grandi ambizioni. Il bottino senza medaglie di Rio 2016 aveva tuttavia convinto la Federazione a non rinnovare il contratto con il maestro campano: Bergamasco, come rivelò ad OA Sport, chiedeva più tempo per amalgamare al meglio la squadra. Di lì a poco iniziò la grande avventura indiana. Prima la Nazionale Youth femminile, poi quella Elite. Bergamasco, che già in passato aveva guidato con successo la compagine Elite femminile dell’Italia, ha raccolto risultati strabilianti, a tal punto che è possibile definire l’India come una delle potenze presenti e future della Nobile Arte. Proprio nell’anno in cui la nostra Nazionale non ha raccolto alcun podio nella rassegna iridata…
Raffaele, raccontaci come ha avuto inizio questa tua avventura nel secondo Paese più popoloso della Terra.
“In India lanciarono un bando di concorso per gli allenatori verso la fine del 2016. Cercavano un tecnico per la Nazionale Youth femminile.
Andai là non senza difficoltà, perché lavoravo ed ero in Polizia. Mi presi un anno di aspettativa per andare a studiare in India. In seguito abbiamo vinto 5 ori e 2 bronzi ai Mondiali Youth, un bottino mai visto nella storia dell’India.
Nel gennaio 2018 il presidente federale, a mia totale insaputa, durante una conferenza stampa mi fece i complimenti davanti al Ministro dello Sport e annunciò che sarei diventato l’allenatore della squadra Elite. Fui quindi presentato come nuovo allenatore. Ero contento della scelta e sbalordito. Dall’oggi al domani mi ritrovavo in un mondo nuovo. Ringraziai il presidente ed accettai questa nuova avventura. Quel giorno 3-4 giornalisti indiani affermati mi dissero che sarebbe stata molto dura per me, perché c’erano tante frizioni interne nella squadra Elite e non sarebbe stato semplice come con le Youth. Io risposi che mi piacciono le sfide. Al Campionato Nazionale scelsi le ragazze per andare avanti verso il Mondiale“.
Come sei riuscito ad applicare le tue tecniche di allenamento in un mondo culturalmente molto distante da quello italiano?
“E’ stata molto dura sotto il profilo tecnico-organizzativo. La squadra era enorme ed era composta da 57 ragazze, che poi tagliai a 45, 15 allenatori, 3 fisioterapisti, 1 medico e 2 massaggiatori. Ero a capo di tutto. Tre allenatori di età avanzata, tuttavia, non erano d’accordo con le mie metodologie e mi remavano contro. Ho stabilito la preparazione e cambiato la metodologia. Due volte alla settimana facevo degli stage interni con gli allenatori per spiegargli cosa stavamo facendo. Con il tempo ed i risultati ottenuti si sono ricreduti anche gli allenatori anziani“.
Il bilancio dei Mondiali, in effetti, si è rivelato lusinghiero.
“Abbiamo vinto 4 medaglie: 1 oro, 1 argento e 2 bronzi. 8 ragazze sono approdate ai quarti di finale. In India hanno capito che il risultato più importante non è stato l’oro: Mary Kom è una fuoriclasse e la sua vittoria era quasi scontata. Tutti si sono entusiasmati perché abbiamo portato tre ragazze 20enni in semifinale e finale. Abbiamo svecchiato la squadra, lottando anche contro la politica sportiva. La mia soddisfazione è stata chiudere il Mondiale e avere il plauso da parte di tutti gli addetti ai lavori, ma soprattutto i complimenti da parte di tutti i membri Aiba. Tutti sono concordi nel dire che l’India non era mai stata così forte. Sono uno dei pochi allenatori ad aver vinto i Mondiali in due Nazioni diverse, questo mi inorgoglisce. Voglio stare con i piedi per terra perché il Continente asiatico è molto forte e sta crescendo tantissimo. L’Europa ha vinto solo 2 medaglie ai Mondiali“.
Cosa cambia nell’allenare un uomo ed una donna?
“Nella metodologia tra uomini e donne cambia poco, si differenzia solo l’aspetto della forza muscolare. Il livello si è molto amalgamato. Il panorama femminile è cresciuto moltissimo a livello tecnico“.
Sei preoccupato per la possibile esclusione della boxe dalle Olimpiadi di Tokyo 2020?
“Il CIO non vuole escludere la boxe da Tokyo. Il CIO vuole escludere l’AIBA. Noi atleti e tecnici non siamo preoccupati. Lo sport in sé non è in discussione e questo ci è stato assicurato. Spero che si possa trovare una soluzione“.
Ti piacerebbe tornare a lavorare in Italia?
“Non chiudo la porta ad un ritorno in Italia. A me è sempre piaciuto vivere momento per momento. Mi hanno fatto un’offerta per prolungarmi il contratto fino al 2024, ma l’ho messa in stand-by. In India sto bene, ma per ora penso solo a Tokyo 2020“.
Quanto è stato importante il ruolo della tua famiglia nell’accettare una sfida così incerta ed affascinante dall’altra parte del mondo?
“La famiglia mi ha sempre sostenuto, ho parlato con i miei cari e hanno accettato la mia passione. Dal termine delle Olimpiadi di Rio 2016 fino a dicembre mi hanno visto demotivato per tre mesi, ero un po’ spento. Quindi quando mi arrivò questa offerta furono contenti per me e accettarono la mia partenza. Mia moglie desiderava accompagnarmi in India, ma ho preferito che rimanesse a casa ad accudire le nostre figlie“.
federico.militello@oasport.it
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