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Elio Fusco, l’esploratore che ha cambiato per sempre il rugby e la Partenope. La sua vita in “Chiamatemi Elio”

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Anni ’60, l’epoca del boom economico e dell’ottimismo, dove ogni sogno sembrava a portata di mano. Un decennio ruggente in cui la città di Napoli toccò l’apice nel grande rugby. Merito di Elio Fusco, gentiluomo che ha dato tantissimo alla palla ovale tricolore per oltre 50 mezzo secolo.

Erano gli anni del rugby romantico, lontano anni luce dall’attuale professionismo esasperato. Un’era in cui un abbraccio fraterno a fine partita con un avversario contava molto di più del risultato. Un mondo lontano che Giggetto Fusco ha raccontato nel libro “Chiamatemi Elio”, dedicato al suo indimenticato padre, scomparso nel 2009.

Elio Fusco era giocatore ed allenatore della mitica Partenope che vinse due scudetti consecutivi nel 1965 e 1966, peraltro gli unici della propria storia. Denotando una sagacia ed un senso tattico fuori dal comune, Elio fu il primo ad interpretare in maniera moderna il nuovo regolamento che fu introdotto all’epoca. Di fatto, stravolse le regole del gioco. Portò l’estro e la velocità tipici dei napoletani ed in questo modo sopperì alle evidenti lacune fisiche nei confronti della compagini del Triveneto, sino ad allora quasi sempre dominanti. Un mediano di mischia eccezionale, che vestì anche la maglia azzurra dal 1960 al 1966 e che rimase in campo ad altissimi livello fino all’alba dei 43 anni.

Abbiamo chiesto al figlio Giggetto quali valori emergono dal libro edito da De Frede: “Il napoletano dovrebbe leggerlo perché non è solo un libro sportivo, ma si parla dell’uomo. Napoli è nota purtroppo per la cronaca nera, lui è stato invece un esempio positivo. Sportivamente è noto in tutta Italia.
Come uomo era attivo a livello sociale. E’ un libro di testimonianze. Alcuni ragazzi di quartieri difficili hanno conosciuto Elio e hanno dato una svolta alla propria vita, così come tanti orfani lo vedevano come un padre. Anche quando iniziò a lavorare all’Enel, divenne un sindacalista e fece venire a galla tante magagne da parte dei dirigenti“.

Nell’opera sono presenti diverse testimonianze che descrivono in maniera impeccabile la grandezza del personaggio, tra cui quella di Marco Bollesan, suo compagno di squadra proprio in quella indimenticabile Partenope che dominava l’Italia: “Io ero già famoso, ma con Elio ho capito che un muro non si poteva solo sfondare come ero abituato, ma si poteva anche aggirare“.

Giggetto definisce il padre come un esploratore del rugby: “Ha stravolto uno sport che era pionieristico. Ha esplorato nuove situazioni di gioco che solo 10 anni dopo ha attuato anche la Nazionale“.

Il libro si chiude poi con un ricordo di Mario Ricciardi, prima compagno di squadra di Elio e poi fiero avversario con la maglia della Lazio: “Per il rugby italiano è stato un mito, ma il rugby italiano non gli ha dato altrettanto. Ma io gli dicevo sempre: ‘Chi se ne frega Elio, noi siamo uomini di campo’ “.

federico.militello@oasport.it

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