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Sanremo 2019. La storia: i duetti. Che spettacolo negli anni ’90 sul palco dell’Ariston! Festival in delirio per Ray Charles

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Al festival di Sanremo è alle porte la serata dedicata ai duetti, con qualche presenza di spicco anche di artisti di fama internazionale come ad esempio Tony Hadley, leader degli Spandau Ballet. Forse non tutti ricordano che in due edizioni del Festival il regolamento prevedeva che i big in gara fossero affiancati da un grande artista della musica mondiale e il palco dell’Ariston si popolò di grandissimi personaggi della storia delle sette note.

Un biennio, e una serie di binomi, irripetibili. La storia del Festival di Sanremo racconta che, sotto la direzione di Adriano Aragozzini, gli anni 1990 e 1991 resteranno senza dubbio tra le cinque edizioni più belle di sempre. In quel biennio sul palco dell’Ariston salirono quasi tutti i più importanti cantanti e cantautori italiani, anche quelli che mai si pensava avrebbero potuto partecipare al Festival, Riccardo Cocciante e i Pooh solo per citarne un paio. Ma quel biennio verrà ricordato anche per i duetti con artisti stranieri di fama mondiale, alcuni riuscitissimi, alcuni magari un po’ meno, che renderanno quei Festival i più internazionali di sempre.

Stilare una classifica vera e propria è un esercizio tra i più complicati, finanche ingeneroso, ma se costretti è davvero difficile non resistere alla tentazione di mettere in cima, più in alto di tutti, il meraviglioso Ray Charles che riuscì a interpretare e a far suo il più bel brano della sterminata produzione di Toto Cutugno, “Gli amori”. Il suo “Good love gone bad” piano e voce incantò l’Ariston per quella che resta una pietra miliare della storia di 69 anni di Festival. Ma in quella edizione, quella del 1990, ci sono almeno altri tre duetti con artisti stranieri difficilmente dimenticabili.

La jazzista statunitense Dee Dee Bridgewater, più volte prodotta da Quincy Jones, deliziò Sanremo con la sua versione di “Uomini soli”, la canzone vincitrice di quell’edizione, e si divertì talmente tanto che tornò anche l’anno dopo in duetto con Marco Masini (“Perché lo fai”). Una chicca anche la versione straniera di “Tu…sì”, poesia, una delle tante, di Mango, che cantata con Leo Sayer diventò “The moth and the flame”. Indimenticata e indimenticabile anche la presenza all’Ariston di un genio della musica mondiale, Miriam Makeba. Fu lei a impreziosire, con il suo inimitabile timbro, “Bisognerebbe non pensare che a te”, che sancì il ritorno, e anche l’ultima apparizione, di Caterina Caselli a Sanremo. Fu anche grazie a Miriam Makeba che il pezzo, non certamente straordinario, risalì fino al nono posto della classifica.

Nel 1991, sempre volendo stilare un’improbabile classifica, il primo posto non può che essere assegnato a un duo ‘impossibile’, quello che vide assieme sul palco Renato Zero e Grace Jones interpretare uno dei più bei brani della storia del Festival, quella “Spalle al muro” scritta da Mariella Nava finita seconda solo perché al primo posto arrivò il vincitore annunciato Riccardo Cocciante con la poesia in musica “Se stiamo insieme”, scritta a quattro mani con Mogol. Sempre quell’anno si poté assistere ad un altro duetto che finisce di diritto nei dieci più belli di sempre visti al Festival dei fiori. Randy Crawford si cucì letteralmente addosso “If i were in your shoes”, versione straniera del brano di Grazia Di Michele “Se io fossi un uomo”, a livello di sintonia tra le due artiste (vedere per credere il filmato ancora presente su youtube) forse il duetto più riuscito di tutti.

Claudio Bolognesi

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