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Ciclismo

15 anni senza Marco Pantani: il Pirata rimasto nel cuore e nel cervello degli appassionati

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Vado così forte in salita per abbreviare la mia agonia”. Una delle frasi che hanno reso mito un ciclista, un campione del pedale, semplicemente Marco Pantani, scomparso nel 2004 a Rimini, in quel maledetto residence Le Rose.  A 15 anni dalla scomparsa, le testimonianze di affetto, via social e tra gli amanti dello sport in bicicletta, sono ancora tantissime di un caso che, stando alle ultime notizie, ancora non ha un chiaro sviluppo.

Ma di questo non si vuol parlare perché ciò che è stato l’atleta è il tema principale. Il “Pirata“, come lo chiamavano tutti, è ancora nei nostri cuori perché ha saputo accarezzarli con gesta uniche nel proprio genere, rendendo imprevedibile una corsa ed abituale il numero da circo. Era questo Pantani che, fin da quel 1994, seppe regalare emozioni uniche nel suo genere: lo scatto in faccia a “Sua Maestà” Miguel Indurain nella “Merano-Aprica” è l’inizio della sua leggenda.

Pagine intrise di coraggio, forza e orgoglio perché Marco era questo, prendere o lasciare. Per lui la bicicletta era come una sorella, con la quale parlare ed addormentarsi, e la salita l’inevitabile compagna di viaggio per dimostrare la propria grandezza. Alpi e Pirenei percorsi più velocemente degli altri con quel modo di pedalare così diverso e creativo, senza il cardiofrequenzimetro perché bastavano le sensazioni. Un campione fuori dagli schemi come quando, sotto il diluvio del Col du Galibier nel 1998, a 50 km dal traguardo, fece il vuoto, strappando la Maglia Gialla al Panzer teutonico Jan Ullrich e conquistando il simbolo del primato. “Una tappa che ci rimarrà nel cuore e nel cervello“, così descrisse l’impresa Adriano De Zan.

L’arrivo ai Campi Elisi, la consacrazione e l’apice di una carriera. Un anno che portò al Pirata anche la Corsa Rosa con il duello da “Mezzogiorno di fuoco” sull’erta di Montecampione contro il russo Pavel Tonkov. Che confronto! Una lotta di nervi risoltasi sul finale, valsa un altro tassello del puzzle metafisico di quella stagione magica.

Viene in mente poi Courchevel nel 2000 quando Lance Armstrong, il sovrano, fu detronizzato dallo scatto perpetuo del corridore italiano. E’ quella l’ultima immagine del nostro eroe che si vuole ricordare perché in essa c’è tutto quel che ha dato al suo sport: un artista del ciclismo, unico ed immortale.

Ciao Marco!

 

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giandomenico.tiseo@oasport.it

Twitter: @Giandomatrix

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Foto: LaPresse

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