Formula 1
F1, GP Ungheria 2019: Ferrari, crisi totale ed involuzione senza fine. Aerodinamica, gomme e meccanici: non ha funzionato nulla
Con il GP di Ungheria si è chiusa ufficialmente la prima parte di stagione della F1 e piloti e team sono finalmente pronti per staccare la spina per un paio di settimane e cercare di ricaricare il più possibile le batterie in vista della ripresa dei lavori a fine mese. Il risultato finale di questa corsa è stato un vero pugno allo stomaco per tutto l’ambiente Ferrari, che ancor più di quanto mostrato fino a qui nel terrificante avvio di 2019 ha accusato problemi di ogni tipo che hanno causato un ritardo di entrambe le vetture dal vincitore Lewis Hamilton che ha superato il minuto.
La situazione interna a Maranello pare degenerarsi ogni Gran Premio sempre più, sotto tutti i punti di vista; mentre la maggior parte del pubblico è interessata a confrontare le prestazioni di Sebastian Vettel e Charles Leclerc, dietro le quinte si sta assistendo a una delle peggiori realtà possibili dove non funziona ormai più nulla. Dopo avere illuso nelle prove libere, come spesso è accaduto fin qui, sin dalla qualifica sono scattati evidenti segnali di allarme visto che le vetture hanno accusato quasi sette decimi di ritardo nella parte guidata del corto circuito magiaro e la corsa odierna è cominciata così con moltissimi punti interrogativi. La mancanza di carico aerodinamico verticale della SF90 è dovuta in particolar modo a una elevata rigidità strutturale che impedisce la corretta messa in temperatura degli pneumatici specialmente nella zona anteriore, riducendo la finestra dell’utilizzo ottimale e comportando il classico on/off prestazionale dove anche una variazione di pochi gradi nel meteo può mandare in tilt il sistema di gestione delle coperture.
In Ungheria, un circuito che assomiglia parecchio a un tracciato veloce per i kart, questo carico verticale è fortemente necessario se si vuole generare velocità in curva e il problema è stato così portato all’estremo, a dei limiti che non si erano ancora mai visti, nemmeno a Monte Carlo dove la corsa si era svolta in maniera particolare con un lento Hamilton davanti a frenare tutti. Il vero dilemma è, però, che in Ferrari la mancanza di passo pare al momento l’ultimo dei problemi: è verosimile ritenere che anche con un progetto competitivo in questa stagione gli avversari avrebbero potuto trovarsi ampiamente davanti per via dei continui errori strategici e meccanici che ormai stanno diventando una vera abitudine per il team di Maranello. Per l’ennesima volta abbiamo assistito a un pit stop lentissimo sulla vettura #5, con l’anteriore destra che ha provocato dei rallentamenti per la terza volta nelle ultime due gare. In un ambiente lavorativo che dovrebbe rappresentare l’apice del perfezionismo e dove anche un secondo perso anormalmente può significare una mancata vittoria in molti casi, non è decisamente tollerabile continuare a commettere gli stessi errori a ripetizione ed è fondamentale che qualcuno ora trovi un responsabile (umano o meccanico che sia) per queste continue figuracce.
Il team strategico inoltre continua a non convincere affatto. Nel caso di oggi la strategia differente di Sebastian è stata resa necessaria dall’eccessiva usura degli pneumatici posteriori sulla vettura di Leclerc ed ha funzionato solamente per la grande abilità del tedesco di gestire la gomma morbida per tantissimi giri. L’impressione è che Ferrari stia al momento facendo di tutto per peggiorare ulteriormente la propria situazione già critica, la confusione interna è ormai eclatante e anche dalle parole sconsolate di Mattia Binotto al termine del GP odierno si evince che la priorità per il team ora sia quella di riuscire a riposare un po’ e liberare la mente; la squadra è stanca ma si avvicinano due appuntamenti decisivi come Spa e Monza, con caratteristiche che tornano a girare a favore delle Rosse, ed è importantissimo arrivarci in condizioni mentali perfette per cercare di ripartire col piede giusto e ridare un minimo di luce a una delle stagioni a tutto tondo più buie degli ultimi venticinque anni per il team italiano.
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